«Compro e spaccio: 1000 euro al mese» – Storia di Marco, studente e pusher
di Veronica Cursi, da “Il Messaggero”, 30 settembre 2009, pagina 33
ROMA (30 settembre) – «Un anno fa ero un pischello come tanti, oggi se mi va bene guadagno anche mille euro al mese, ch’o la macchinetta con lo stereo che pompa e mi posso permettere tutti i vestiti firmati che voglio. Non sono felice di quello faccio ma essere uno spacciatore mi ha permesso di diventare uno che conta». Marco ha sedici anni, gli occhi arrossati, l’aria di uno che per la sua età ne ha viste troppe.
Un anno fa il suo «lavoretto» è iniziato «per sfida», una sorta di rito d’iniziazione: vediamo se c’hai le palle, gli hanno detto quei ragazzi più grandi nei giardinetti di Tor De Cenci, è da allora che Marco, il ragazzo normale, una sorella più grande, due genitori che lavorano, mamma impiegata, papà libero professionista, media della sufficienza a scuola, è diventato un baby spacciatore, uno che la droga oggi oltre a consumarla, «perché le canne me lo sono sempre fatte, anche due tre al giorno», la compra e la rivende, la taglia e la spaccia. Fuori dalle scuole del suo quartiere, all’entrata e all’uscita, ai liceali come lui, «ma anche nei giardinetti il pomeriggio o nelle discoteche il venerdì e il sabato sera».
Otto, anche dieci dosi al giorno. Il suo listino è a prezzo fisso: «10 euro per un grammo, 65 per 10, 125 per 25». In tasca bustine di erba e fumo «e la paura, perché quella non ti molla mai, ogni volta che vedi una volante della polizia o i carabinieri, ogni volta che qualcuno ti si avvicina per comprare e non sai quanto puoi fidarti». Tutto è cominciato l’inverno scorso: da allora Marco è diventato l’ultimo anello di una catena che finisce con lui, baby pusher da 10 euro al grammo, ma inizia con i pusher quelli veri, quelli che la droga la smerciano a chili e si riforniscono nei campi nomadi di Roma. «Avevo cominciato a fare sega a scuola con qualche amico – racconta – i miei non si erano mai accorti di nulla perché lavoravano, così la mattina ce ne andavamo ai giardinetti di Tor de’ Cenci, fumavamo qualche canna, stavamo lì a perdere tempo. Eravamo diventati un bel gruppo e avevamo conosciuto anche altra gente, ragazzi più grandi sui 20 anni, da loro avevamo cominciato a comprare qualche grammo di erba o fumo, niente di più».
«Finché una mattina uno dei capi di quel gruppo mi propone di cominciare a vendere qualcosa – racconta ancora Marco – ma non era un’offerta, era piuttosto una sfida. Magari non hai le palle, mi dice, potevo farmi mettere in piedi in testa? D’altronde che ci voleva, oggi quasi tutti i ragazzi della mia età, anche i più piccoli, fumano». Così inizia la carriera di Marco, così comincia a gonfiarsi il suo portafogli: «Prima i soldi che guadagnavo li usavo per farmi le canne gratis, poi, man mano che sono diventato uno che conta, uno di quelli che la gente ti riconosce e sai che vendi roba buona, ho cominciato a spendere i miei guadagni per levarmi gli sfizi, il cellulare di ultima generazione, qualche ritocco alla macchinetta».
Ma Marco, a sedici anni, non poteva immaginare che da quel lavoretto iniziato per gioco, non sarebbe più potuto uscirne, perché quando fai il baby pusher e vai a bottega dai pusher veri, hai a che fare con gente che sta coi criminali veri e organizzati. Così un mese fa, quando ha cominciato a dire «ora smetto, ora basta», sono arrivate le minacce e oggi Marco vive ogni giorno con la paura di essere beccato «e la vergogna di quei soldi che non spendo neanche più, soldi che solo oggi ho capito quanto sono sporchi».