Praticamente ha detto d’insistere ad oltranza, cioè di «pregare sempre senza stancarsi mai». Quasi l’approvazione evangelica di ciò che è stato scritto in un muro di città: “Insistere, persistere, resistere, mai desistere”. Una congiunzione di avverbi, tremendamente simili seppure estremi: “sempre” è avverbio di resistenza, materia per gente tosta, allenamento di fuoriclasse genetici. “Mai” è avverbio da pollice-in-giù, però solo in apparenza di negazione: dice piuttosto scorza dura, indole forte, carattere robusto. Sempre e mai, pregare (sempre) senza stancarsi (mai): Cristo impasta il pane con gli avverbi, getta per iscritto l’allenamento migliore per tentare la scalata al Cielo. Il risultato di sempre moltiplicato per mai è l’insistenza: «La grandezza dell’uomo – scrive Martin Heidegger – si misura in base a quel che cerca e all’insistenza con la quale cerca». Insistere senza diventare pesanti, poi, è un’arte per pochi: chi ti vuole bene sa quando è il momento di cercarti, quando non farlo, sopratutto sa quando insistere anche se gli hai urlato di lasciarti in pace. E’ di tutte le storie d’amore, quelle tessute per bene: essere presenti senza asfissiare, ascoltare senza parlare, osservare senza scrutare, insistere senza essere molesti. Volere bene senza per forza incatenare.
E’ tipico della fede, che è la storia d’amore con Dio: «A forza di insistere – scrive Erri De Luca – Dio è costretto a esistere, a forza di preghiere si forma il suo orecchio, a forza di allegria spunta il suo sorriso». Pregare sempre, dunque: per aiutare Dio a farsi l’orecchio, l’occhio, il sorriso. “A che serve pregare? Non vedete che non cambia niente?” sussurra quel buzzurro di Satana, l’allergia-pura a Dio. Gesù non ha detto di pregare perchè cambino le cose: Lui, a differenza del Lurido, non promette cose che sa bene non essere veritiere. Nessuna preghiera può cambiare le cose rispetto a noi: però può cambiare noi rispetto alle cose. “Io prego sempre – mi ha detto una volta un amico – ma mi sembrano sempre chiamate senza risposta”. Io, invece, prego molto meno di quello che vorrei pregare. E mi accorgo, le poche volte che prego, con quante risposte-senza-chiamata Dio sta assediando la mia storia: Lui risponde, io manco gli ho chiesto qualcosa. Cosa pensare, dunque: che il mio amico è sfigato e io sono il solito raccomandato? Figurarsi! E’ che pregare è un’arte davvero strana: è accorgersi di quante cose Dio faccia per noi. Il brutto è che a noi, per poter dire d’aver pregato senza mentire, ci hanno detto che servono delle frasi, meglio se s’imparano a memoria certe preghiere. Di entrare in chiesa per farlo. E’ bello ma non è tutto, per fortuna: è il sei-meno-meno della preghiera. La preghiera, sotto sotto questo dice Gesù, è fare tutto quello che dobbiamo fare senza mai zittire quella voce che, da dentro noi, continua a ripetere il Suo mantra: “Ho scritto il nome tuo sul palmo della mia mano. Mi sei prezioso. Teniamoci la mano mentre attraversiamo la strada”. Pregare, questo lo sanno tutti, è parlare a Dio. E’ anche ascoltare Dio quando parla: perchè, allora, quando parliamo con Dio si dice che stiamo pregando e quando confidiamo a qualcuno che Dio ci ha parlato veniamo considerati schizofrenici? Mi è sempre piaciuto il suggerimento che Ignazio di Loyola dava per insegnare l’arte di pregare: «Prega come se tutto dipendesse da Dio, lavora come se tutto dipendesse da te». Mi piace assai: io prego lavorando, Dio lavora parlandomi.
Se, poi, dalla preghiera si alza un Marco migliore, è stata esaudita.
Quant’è bella quella vedova: quante chiamate-senza-risposta sono partite dal suo cuore in affanno. “E’ così, punto e basta: si è sempre fatto così” le avranno rinfacciato tanti. Lei, insistente, ha continuato. Fino a far cedere il giudice: «Le farò giustizia perchè non venga continuamente ad importunarmi». Non è convinto, lo fa per comodità: chissenefrega, lei ha vinto la sua guerra, è stata ascoltata. Dio, da parte sua, la elogia a modo suo: “Che donna, signori! Che razza di fede!” E’ guardando a lei che sente fiorire un dubbio: «Il Figlio dell’Uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?» ll dubbio del Dio-amante: “Ci sarà ancora qualcuno disposto ad aspettarmi sveglio? Oppure, a casa, rimarrò solo come un cane?”
In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai:
«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”.
Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”».
E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?» (Luca 18,1-8).