Un fantasma di paura. Eppure chissà che Bellezza si stava specchiando in quel Mare a forma d’Arpa. Una barca di paura – manovrata da esistenze piene di paura e catturate di spavento – e un mare abitato da una presenza così pulita da sembrare fantasma. Lui è Pietro, capociurma di un manipolo di strafottenti pescatori finché il mare è tranquillo e di impauriti naviganti quando la scialuppa arranca e s’arrabatta sulle onde. Loro sono uomini di mare: conoscono i venti, giocano con l’insidia della corrente, sono stregati da quelle reti annodate da dita ferite, forate da uncini, bruciate dal sole. Buttare è sempre stato il loro mestiere, riempire la rete è da sempre un affare della corrente. Nel mare ci sono pirati e lucci, navi nemiche e correnti avverse, pesche copiose e nottate insonni e tristi. Stavolta è tutto più complicato, però: l’insidia non viene dal fondo del mare, nemmeno dalle altezze del vento. Stanotte l’insidia tiene le tracce di un fantasma. Un fantasma strano, un fantasma che parla. Parla a loro, di loro, per loro: “Coraggio, sono io, non abbiate paura”. Pietro ha paura delle fregature: certe sinora sono state colossali. Eppure Pietro non può tacere, non sia mai che si possa mostrare fragile agli occhi del mondo. Pietro è pietra, da lì deriva e a quell’approdo deve giungere. Altre volte erano state notti dense di paura. Altrove avevano trovato il loro Skipper mezzo addormentato (ma era solo una delle sue innumerevoli finte pedagogiche). E subito a strattonarlo come i bambini in frotta sulla piazzetta del paese: “Maestro, non t’importa che moriamo?”. Come dire: “Svegliati, fa qualcosa, affondiamo tutti. Te compreso”. Che strana coincidenza: anche quella notte i discepoli – pescatori che pur dovevano essere esperti di tempeste – chiesero a quel Rabbì falegname, che di lì a poco sarebbe stato appeso alla Croce, di aggrapparsi a Lui per non morire. La tempesta è sedata, il mare cancella il brontolìo, la barca torna a veleggiare. Il Maestro si stiracchia a poppa, forse emette pure uno sbadiglio confusionario e non la risparmia: “perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?”. Questione di fede e anche i fantasmi diventano presenze.
[Dopo che la folla ebbe mangiato], subito Gesù costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo.
La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!».
Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?».
Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!».
(Dal Vangelo di Matteo 14, 22-33)
La storia del fantasma che ha spaventato Pietro giace e si moltiplica dentro sangue e ferite. Più tardi ci faranno credere i ministri di Lui che maturi e fecondi nel silenzio delle clausure: nasceranno i fantasmi luciferini. E i santi finiranno conficcati dentro capitelli, nicchie e collanine. Ma Lui non fuggirà mai dalle responsabilità, né sul legno di una barca né sul letto di una corsia: “Pietro, vieni!”. Siediti, pescatore: è un fantasma strano, amorevole e improvvisato. Lo conoscevi, t’eri innamorato della Bellezza di Lui, quelle mani avevano palpato i tuoi desideri, avvinghiato le tue paure e moltiplicato le tue pesche notturne. E’ un fantasma strano, di quelli che addirittura si fanno comandare: “Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque”. Chissà come Te l’immaginavi. E anche stavolta parte l’operazione di salvataggio, uomo di poca fede. Come me.
Dalla cetra di Davide saltellavano note gravi e solenni: “Affondo nel fango e non ho sostegno. Sono sfinito dal gridare, i miei occhi si consumano nell’attesa del mio Dio” (Sal 69,3-4). L’udito di Elia non capiva il fragore del tuono, il gagliardo impeto nemico delle rocce, il tremare furioso della terra. Però comprese il solletico di una brezza leggera: prese il mantello, s’avvolse e uscì dalla sua caverna (1Re 19,1.11-13). Nudo in faccia al suo Dio.
La Bibbia è una storia di fantasmi: a contarli ci s’accorge d’essere sempre in difetto. Sulla soglia Uno di loro ha lasciato un biglietto come bagaglio di viaggio: “sarò con te. Non tremare!”. Sono biglietti di fortuna.