Nel dolcissimo far niente d’agosto, germoglia spesso, magari in sordina, la consapevolezza di qualche scelta da fare: lavorativa, famigliare, personale. Non di rado si attende il mese d’agosto per guardare tutti i nodi che sono arrivati sino al pettine e decidere il da farsi. Scegliere è (sempre) necessario, tutto nella vita è questione di scelte: s’inizia con “Ciuccio o capezzolo?” si finisce: “Di quercia o d’abete?” Si può anche vivere una vita senza mai scegliere, lasciando che sia il mondo a dirci chi siamo: sani di mente o pazzi, vittime o eroi. A lasciare che sia il nostro passato a decidere il nostro futuro. Oppure possiamo scegliere da noi. Qualche giorno fa, giocando con le mie due nipotine, pensavo che soltanto uno scemo potrebbe avere paura di loro: non hanno la forza necessaria per farti male, con le loro manine non possono rubarti nulla, i loro calci non fanno male, nemmeno i pugni. Però, signori, i loro sguardi sono terribili: hanno la forza d’una buriana di cavalloni marini, sono specchi maledetti che, fissandoti, ti rimandano indietro la tua faccia. Hanno occhi che sono un perpetuo esame di coscienza, è come se avessero sempre i tergicristalli accesi da quanto luminosi sono: occhi che spogliano, s’impadroniscono, graffiano, colpiscono. Occhi che ti guardano.
A noi, però, non piace affatto essere guardati, sebbene diciamo ci piaccia alla follia. A noi, invece, piace essere visti, notati: non guardati, però. Perchè chi ci guarda, potrebbe farlo in una maniera tale da risvegliare in noi l’immagine più sincera di chi siamo (non chi vorremmo mostrare di essere). Certi sguardi, poi, sono come delle inaugurazioni di cantieri, lavori in corso: tutto da rifare, bisogna ricominciare, necessario ripartire. Certi sguardi sono delle vere e proprie incisioni: mai avresti immaginato che qualcuno ti guardasse in quella maniera! Hai passato la vita a sentirti dire che non vali niente, che sei uno sfigato, un disadattato, uno da TSO, da manicomio. E tu, alla fine, hai finito per credere di essere davvero così. Poi, un giorno, capita che uno ti guardi in maniera diversa, in una maniera umana: e t’accorgi di valere molto di più. Quel giorno scegli di essere chi tu sei, di smetterla di essere quello che gli altri ti dicono che sei: quel giorno lì, mentre ti senti guardato così, scegli di essere uno che fa accadere le cose, compi una scelta di campo: ci impieghi pochi secondi, ma ti cambia il futuro. Com’è facile dire: “Trova te stesso!” Quanto ci spaventa, però, quando accade per davvero.
(M. Pozza, “Specchio” de La Stampa, 21 agosto 2022)