Correva il
giorno 23 ottobre 1917, vigilia (anche se nessuno osava immaginarlo) di una
delle pagine più tristi della storia d’Italia. Gli scampati al massacro
raccontano che quel giorno, attesa di un brindisi mai partito, i capi dell’esercito
erano distratti e in tutt’altre cose affaccendati. Dal 24 ottobre la città di
Caporetto divenne sinonimo della disfatta per antonomasia tramandando alle
generazioni future uno scontrino "salato": 11.000
morti, 19.000 feriti, 300.000 prigionieri, 400.000 fra disertori e sbandati,
3.200 cannoni, 1700 bombarde, 3000 mitragliatrici e 300.000 fucili.
Poca
concentrazione causò troppa carneficina. Nel 1917. M’è riapparsa in sogno in
questa ultime notti d’attesa la formazione che passò alla storia dopo quella
sconfitta: Cadorna – Capello – Badoglio – Cavaciocchi – Bongiovanni. Forse
basterebbe cambiare i nomi: della storia conosciamo già il finale. Perché il
clima non è cambiato: dai "fucili imbracciati" di Bossi al "Rialzati Italia"
dell’eterno Silvio passando per la fiction del novello aspirante premier. Per
concludere con il messianismo eretico di Boselli e il fondoschiena di Milly
d’Abbraccio che ha l’onore d’aver affisso nei cartelloni il pensiero di molti
italiani. Sull’onda del successo decretatogli dal Times, non tradisce nemmeno Beppe
Grillo, il solito Beppe nazionale: sul suo blog ha già pubblicato la lista di
ministri del governo che da lunedì salirà al potere. Risultato dichiarato ancor
prima del fischio d’inizio.
A noi cosa
rimane da fare?
Forse
abbiamo tra le mani noi la cosa più bella: formulare i migliori auguri di buon
lavoro a tutti/e coloro che non sono riusciti ad entrare nelle liste bloccate,
a candidarsi, a trovar spazio sulla schiena o sulla coda della "mucca da
mungere". Nonostante i bei proclami elettorali, le bibliche aspirazioni, i
propositi esagerati. Proprio per questo meritano tutto il nostro tifo: perché
ora hanno la bella possibilità di dimostrare che tutto ciò che avevano ideato
non era finalizzato al riscaldamento di una poltrona, allo scricchiolio di uno
scranno, alla comodità di un fanta-lavoro. Ma erano intenzioni nate nel cuore,
decantate nel silenzio, finalizzate al bene comune. Hanno il massimo: ovvero
l’occasione di mostrarsi coerenti con il loro cervello pre-elettorale.
Pure il
Vangelo, disarmante nella sua puntualità, fa recapitare il suo augurio questa
domenica. Sotto forma di negazione: "Un
estraneo non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la
voce degli estranei" (Gv 10,1-10).
O forse la conoscono così bene che si turano le
orecchie quand’inizia a gracchiare.