All’inizio di ogni Avvento – il tempo liturgico che prepara alla solennità del Natale – mi ritrovo a far a pugni con l’attesa. Un’attesa che tengo sempre legata ad una fila da fare: “C’è tanto d’aspettare? Quanto ci impiega tutta questa coda a smaltirsi? Non ho tanto tempo a disposizione”. Quando, invece che le Poste o un supermercato, c’è di mezzo l’incontro con qualcuno e scopro un mio ritardo, compio qualche inversione di prospettiva, come fosse un’inversione di marcia: “Chissà se mi aspetterà o se filerà via prima!” Sono anni che, a forza di sbagli e di ritardi, ho imparato a misurare l’amore di qualcuno nei miei confronti dalla sua capacità di aspettarmi: “Se è in grado di aspettarmi, allora mi ama” mi dico con filo di pudore addosso. Non sempre riesco a discolparmi dei miei ritardi! Chi, invece, non riesce ad aspettare il mio ritardo, magari prende l’elicottero e arriva prima di me. Salvo, poi, dover aspettare che anch’io mi aggreghi alla compagnia.
L’Avvento cristiano ha a che far con l’aspettare, con l’attesa. Ogni anno – e non sappiamo mai se l’ultimo sarà davvero l’ultimo o rimarrà sempre il penultimo di qualcun altro – Iddio, invece che prendere l’elicottero e bestemmiare il nostro ritardo, si siede in attesa. Ad attender che l’uomo ritrovi la sete di Lui. Non è mai stanco d’aspettare il Dio cristiano: «L’amore sa aspettare, aspettare a lungo – scrisse Dietrich Bonhoeffer, gasato nei campi di sterminio nazisti -, aspettare fin allo stremo. Non diventa mai impaziente, non mette mai fretta a nessuno e non impone nulla. Conta sui tempi lunghi». Ogni anno, all’apparire di dicembre, ecco le quattro settimane a disposizione per non farsi beccare impreparati il giorno di Natale. Sono giorni che assomigliano a delle avvisaglie: “Non stancarti mai di aspettare – sembrano dirci – perchè il giorno più bello della tua vita potrebbe arrivare già domani”. Perchè l’attesa non è soltanto un allenamento che affatica ma è già anticipo di piacere: è imparare a preferire la vigilia alla festa, al pasto un aperitivo, il corteggiamento ad una storia d’amore. È nell’attesa che s’annida l’entusiasmo, la magia, l’eccitazione. Non è mai tempo perso l’aspettare.
M’incuriosisce – nel Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry – ciò che la volpe suggerisce al principe: «E’ il tempo che hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante» gli spiega. Non: “Il tempo che hai speso, impiegato, investito”. Parla del tempo perduto. Lei sa bene che, a volte, quando si decide di fare qualcosa senza sapere prima come andrà a finire, si può correr il rischio di perdere tempo. Anche Cristo lo sa: come sa ch’è proprio quel tempo lì, a fondo perduto, a fare di una storia, la mia, una storia che non assomiglierà mai ad altre. Non per la mia risposta – che fatico a dargli – ma per il tempo che Lui ha saputo perdere aspettandomi. Un Dio che si scomoda per me, con tutto quello che ha da fare: penso che il cristianesimo sia tutto qui.
(da Specchio de La Stampa, 4 dicembre 2022)
3 risposte
Con tutto quello che ha da fare… Aspetta me. 🙏❤️🙏Grazie
Grazie, tanti spunti di riflessione. “Il piccolo principe” eh! 😅
Dio ci ama e vuole a tutti i costi aspettare anche i più ritardatari,non lascia nessuno . Lascia il gregge e va a cercare la pecora smarrita. Grazie .