In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare. Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini».
E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono. (Vangelo di Luca cap. 5 vv. 1 – 11)
Pescare in alto mare di giorno è un po’ come accelerare quando vedi in fondo al rettilineo un telelaser della polizia. Non farti dare lo scontrino se vedi la finanza all’esterno del supermarket. Tentare di conquistare una ragazza quando la vedi baciarsi con il suo ragazzo. Tuffarti dallo scoglio quando vedi tantissima sabbia e nessuna goccia d’acqua. E’ un po’ come metterti gli sci quando c’è il sole e il grano è maturo. Aspettare l’apertura del bar nel suo giorno di chiusura. Chiedere ad un senza lavoro quanto guadagna al mese. Andare a registrare un esame il quindici di agosto. Correre per prendere l’autobus in un giorno di sciopero generale. E’ un po’ come pescare sulla riva del mare mentre tutti fanno il bagno e il sole brucia. A Chioggia i pescatori chiamerebbero Striscia la notizia!
Ma aspetta: non sempre è pazzia!
Genesaret, primo mattino: che tristezza.
Due barche ormeggiate sulla sponda. Pescatori che lavano le reti. Tempo di lavoro: una notte intera. Fatturato: nullo. Sono ormeggiate. Un disastro quel verbo. Parcheggiate e spente perché storie di pescatori rassegnate che portano sulle spalle una notte di lavoro inutile. Storia quotidiana. Anche il pescatore più esperto conosce momenti in cui si sente incapace di reagire, in cui i flutti delle onde non reggono l’entusiasmo di un mestiere raccontato di generazione in generazione. Ma Lui sale. Sale, perché per Lui salire significa piantare la sua tenda dentro quelle storie desolate, nelle tessiture di vite che la notte ha gettato nello sbaraglio più totale. Perché quei pescatori escano da quella malinconica rassegnazione è necessario che qualcuno dia loro fiducia. “Salì… e lo pregò di scostarsi un poco da terra”. Incredibile, siamo ai limiti dell’educazione: vede due barche, non chiede permesso, sale in una barca, chiede di spostarsi. Cioè chiede di lavorare a gente che ha i nervi a fior di pelle. Ma lo sa che carattere è nascosto sotto i muscoli di quel pescatore di Galilea. Le parole di Simon Pietro sono chiare, forse stupisce anche la sua calma, tutto sommato: “Abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla” (Lc 5,5). E’ dunque stanco, deluso, forse infuriato, quando Gesù sale sulla barca per ammaestrare la folla che si accalca sulla riva del lago. Finito il discorso e tornata la calma, è proprio a lui, pescatore di un mare finora conosciuto, che Gesù si rivolge con un invito assurdo: “Prendi il largo e calate le reti per la pesca”. Gesù non gli era sconosciuto: era già stato a casa sua, l’aveva già visto chinarsi per guarire la madre della sua sposa, era già per lui il “Maestro”, ma tornare su quelle acque avare e vuote quando si è ormai sfiniti e soltanto bisognosi di riposo, era davvero troppo. E’ come ricevere uno sfottò e ringraziare. Imparare a pescare da un falegname? Di giorno? E’ come dire: sono un pescatore incapace, fallito, incompetente. Sono pescatore ma non so pescare!
Parla Simone, dichiaratosi capo-ciurma di quel manipolo di marinai: “Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla”. E’ lui, è Simone. Piano con le prese in giro! Uomo libero, vero, dà voce a quello che prova, fugge il rischio della mistificazione, possiede la capacità rarissima di dare alle cose il nome che hanno. Non ha paura a puntualizzare la situazione. Ma su questa barca chi se ne intende di pesca tra noi due sono io, non te. Caro Cristo, con calma e per favore! Non è forse di notte che si pesca? E’ vero, Simone: è stupido pescare di giorno, come sarà stupido evangelizzare dove non c’è nessuno. Uomo libero, Simone. Così libero da non azzardarsi a fingere che tutto funzioni alla grande: farla franca, per chi ha le reti vuote, è la pazzia più grande che il pescatore possa azzardarsi di compiere. Se la notte è stata inutile, se le reti son vuote, se il morale è a terra anche il rischio va bene per salvare la faccia! “Ma sulla tua parola getterò le reti”. Saggio, quel pescatore: lascia aperta la possibilità d’incontrare Qualcuno più sapiente di Lui nell’arte della pesca! Un artista dagli occhi profondi Pietro di Galilea. Buttare la rete dalla parte giusta è questione di fiducia. Si può anche ritornare sui propri passi, si può rimettere in discussione una notte di fatica, l’arte di un mestiere imparato in una vita intera, si può essere insultati nel ritornare a pescare in ore inopportune, ma se quella pesca ti disegna il miracolo di una vita nuova: “sulla tua parola getterò le reti”.
“Abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla”. Anche noi, Pietro, come te: “preso nulla!”. Eppure il frigorifero non si chiude più, i supermercati s’ingrandiscono, le borse si spezzano, le pance son la contentezza dei dietisti. Aumentiamo, c’ingrassiamo, mangiamo, beviamo, ruttiamo. “Preso nulla!” Eppure dalla mattina alla sera corriamo, otto-dieci-quindici ore di fatica, turni di lavoro che in Egitto la schiavitù non conosceva. Le strade non ce la fanno più a contenere le macchine, si fa scuola negli scantinati, le carceri scoppiano, gli stadi vomitano gli idioti, le case di cura chiudono per affollamento, le farmacie vivono di psicofarmaci e lassativi. Ci suicidiamo, ci ammazziamo, ci consoliamo, le imprese funebri fanno orario continuato. “Preso nulla!” Eppure, allo specchio, siamo laureati e dottori, ingegneri e preti, notai e avvocati, facchini, camionisti e calciatori. Veline, infermiere e presentatrici. Il portafoglio scoppia, la casa è piccola, il sistema nervoso è un miracolo di equilibrio. “Preso nulla!”
Gente: tanta fatica per nulla! Forse che stiamo pescando dalla parte sbagliata? Anche a Babele pescavano in maniera così ridicola. Ma la festa è finita: è rimasta solo polvere. L’11 settembre 2001 è finita a New York, in America. L’11 marzo 2004 è finita a Madrid. Il 7 luglio 2005 è finita a Londra. La festa è finita: è rimasta solo polvere. “Signore, allontanati da me che sono un peccatore”. No, Gesù non si allontana da Pietro. Anzi lo chiama a Sé come mai prima, invitandolo a prendere il largo, ad andare nel profondo mare per pescare. Ma stavolta sarà diverso: si pescheranno uomini!
Hai ragione! Si può lavorare tanto e non raccogliere nulla. Si può studiare un sacco e tornarsene con un fiasco. Si può educare un figlio e trovarsi non contraccambiati. Si può correre e non vedere mai la mèta. Si può amare e sentirsi abbandonati. Si può fare scoprire d’aver corso una vita intera e sentirsi tristi.
E se stessimo pescando dalla parte sbagliata?
GOD BLESS YOU!
Buona settimana