corsa1Parte prima: l’innamoramento

Carissimo don Marco,
sono appena tornata dalla gara di Fidenza: allibita. Mi credi che in questi mesi, leggendo il tuo/vostro blog, pensavo fosse tutta una favola inventata? Non ho mai concepito neppure lontanamente che potesse esistere un prete così. Stamattina un’amica, mentre tu stavi nello stand Gazzetta con i giornalisti, mi ha detto: “quello è il prete di cui tutti parlano, quello di New York”. Ti chiedo scusa, ma sono sincera. L’ho guardata e le ho detto: “madonnasanta, che spreco!”. Io in chiesa non bazzico, non credo e non concepisco come un ragazzo così bello e sportivo possa buttare alle ortiche una vita del genere. Tra l’altro mi hanno detto che hai una fantasia incredibile e che sei una forza della natura. Aiuto: ma davvero esiste una chiesa che la domenica mattina corre come noi, suda e si diverte? Tornata a casa sono entrata su google e ho trovato un fiume di articoli: dopo un’ora mi sembrava di conoscerti da una vita. Ho saputo di Pif (fortissimo), che ti chiamavano don Spritz, della tua capacità di scrivere. Ho visto che ti amano e ti odiano, mi ha stregato la determinazione che salta fuori dalle tue parole. Mi fermo: altrimenti stavolta capita proprio che m’innamoro di un prete.

Però, cavoli, cosa ci sarebbe poi di così male? Non sono nemmeno fidanzata (beh, se ci ripensi mi metto già in fila).

 

Un’ultima cosa.
Complimenti per quello che stai facendo con Manlio: penso davvero che lo sport sia una bellissima forma di educazione. Immagino i ragazzi (le ragazze, accipicchia) che ascolteranno a Milano le lezioni di voi due. Cristosanto, voglio tornare anch’io tra i banchi di scuola. Perché se siete così al naturale, voglio pensare che davvero le ore assieme con voi i ragazzi non le dimentichino.
Un’ultima parola per la tua chiesa. Non è che c’avresti un pezzettino di vivacità, di giovinezza (e anche di bell’aspetto) da mettermi in un sacchettino perché lo porti a chi so io? Ma tu lo sai che se al mio paese ci fosse un prete così la chiesa sarebbe uno stadio? Ho visto un tuo video e mi sembrava di essere dentro un concerto: cosa sarebbe della mia fede se solo avessi trovato un prete così quand’ero giovane. E invece mortificazione, soldi, inferno, sobrietà, astinenza. Uffa, che stra-palle! Il post che hai scritto l’altro giorno – quello che parla di Arianna (che invidia di lei, tra l’altro) – me lo sono stampato e l’ho portato in ufficio per farlo leggere alle mie colleghe. Cavolo se non è vero quello che scrivi: alcune persone muoiono nuove di zecca. Che tristezza!
Mi piacerebbe conoscere la tua storia, sentirti parlare di Dio come quando scrivi. Io ti ho scoperto un po’ tardi, ma sta sicuro che adesso ogni mattina m’infilerò nel tuo sito (che ho già messo tra i miei preferiti) in modo da sentirti sempre vicino.
Tu non te ne sarai nemmeno reso conto, ma sotto il traguardo (tu eri giunto qualche minuto prima perché sei anche un atleta formidabile – “ma porco cane ce le hai proprio tutte!”) ti ho stretto la mano e tu mi hai carezzato il volto con una tenerezza mai sentita prima, una energia che ho ancora addosso.
Beh, insomma: farò fatica a dimenticarmi questa domenica. Benedetta la corsa che mi fa scoprire ogni volta un aspetto nuovo della vita: sono anch’io una ragazza fortunata. Spero di re-incontrarti presto. Anzi, facciamo così: appena esce il libro che state scrivendo sulla vostra avventura (mi pare di aver capito bene: c’è anche un film?) organizzo che lo veniate a presentare nella nostra città. Accetta una battuta: ci sarà la gara per ospitarvi! Io avrò il diritto di prelazione.
Ti abbraccio forte forte: stasera forse anch’io farò una preghiera. Perché dovrò dire una cosa al tuo Dio: che gusti, cavolo! Tra l’altro ho visto che sei nato il 21 dicembre 1979. Vuoi sapere quando sono nata: il 21 dicembre 1979. Robe da matti!
E pensare che stamattina quasi quasi volevo starmene a letto.

(Rita F., 30 anni)

 

fidenza

 

Parte seconda: la sfida

Una notte agitata e davvero poco tempo per dormire: mi sembrava di rivivere la notte dell’Innominato, quella che precedette la sua conversione nel celebre capolavoro di Alessandro Manzoni. Poi, mentre le mie montagne se ne stavano ancora coccolate dall’oscurità, in macchina verso Fidenza (PR), terra di pellegrini e di outlet. Perché se Peppone minaccia, don Camillo deve cercare di difendersi.
La sfida era bella, intrigante, con una interessante posta in palio: riuscire nel breve percorso di 10km (9810 m. per la precisione) ad infliggere 8 minuti (gaspar- otto) a PepponeManlio. Non certo una scommessa olimpica, ma pur sempre qualcosa di impegnativo, sopratutto dopo i 30 km a ritmo maratona (3’58″/km) fatti sabato mattina ai piedi dell’Altopiano di Asiago (meno male che c’era mio fratello Sandro a portarmi le borracce). Ma le sfide si accettano e se non si accettano – come dice il mio amico Alex Zanardi – è come perderle in partenza. Percorso piatto, un po’ di curve e un drappello di gazzelle scatenate africane. Allo sparo dello starter – dopo l’emozionante sigla che ricorda il celebre discorso nello spogliatoio di Al Pacino (che un giorno userò come predica) – l’adrenalina è salita direttamente dalle gambe al cervello. Certi attimi che precedono la partenza bisogna viverli per poterne capire la potenza scatenante.
Tre giri da completare, tra campagna e outlet. Ogni tanto, quando la strada ci faceva incrociare, tentavo di inquadrare la posizione di Peppone. Non mi rassicurava, perché Peppone è pur sempre Peppone e quindici anni di sport mi hanno insegnato tutta la letteratura sportiva delle scuse da esibire per mascherarsi in partenza o giustificare una sconfitta. Così, sulla scia di Pietro Il Veloce dell’Atletica Manara (una società che mi è diventata amica da tempo), ho impostato un ritmo altissimo che viaggiava attorno ai 3’20″/km: velocità provate solo nelle ripetute scatenate in primavera inoltrata. Quando i muscoli mi hanno tirato le orecchie, mi son detto: “Ormai o la và o la spacca”. O vittoria o sconfitta: con l’aggravante della strafottenza mostrata nei primi chilometri.
Sotto il traguardo pensavo d’aver letto male, complice lo sforzo: 33’58” (classifica). Non avevo termini di paragone, ma la mattina mi sembrava già un sogno fare 45’30”. Esausto, ho aspettato sotto il traguardo: mai otto minuti sono stati così lunghi. Dopo oltre nove minuti è giunto lui, il Peppone della Rosa: onore alle armi perché arrivare col sorriso dopo una sfida tirata al limite è segno di eleganza sportiva. Don Camillo vince ma anche Peppone vince: perché per noi la vittoria è solo la carota, il pretesto per raccontare la nostra voglia di vivere, educare, raccontare. A noi interessa quello che succede durante il cammino. E di cose belle ne stanno succedendo sempre più a grappoli nel nostro viaggio: e siamo solo all’inizio!
Una domenica meravigliosa pur senza il sole. Perché nel villaggio c’era l’amicizia dello sport, la passione della corsa, tanti amici (perché tali lo stanno diventando incrociando i nostri blog e le nostre gare) che sono venuti anche solo per un semplice saluto, per darci un appuntamento, per una stretta di mano. Come Elena e Paolo. Come Erika e Cinzia, ovvero la Peppone’s Family. Come l’Atletica Manara di Parma che a Peppone ha chiesto la presenza il 19 giugno 2011 e a don Camillo la celebrazione della Messa: ovvero, lo sport e la fede che s’incontrano. Come Silvia La Veloce, della mia mitica squadra Villa Aurelia – Forum di Roma. Come Francesco ed Emanuela, il mio fidato editore che ha il merito di vedere sotto un prete-non-vestito-da-prete un ragazzo innamorato del mondo della scuola e dei giovani. Come Roberto e la sua fantasia cinematografica: alla fine il suo talento partorirà qualcosa di meraviglioso. E’ sempre bello correre, ma correre con un sogno in tasca e un progetto nel cuore fa compiere miracoli fenomenali.
Ora manca davvero pochissimo perché da Linate ci si alzi in volo verso la Grande Mela. Ma manca ancora meno perché due amici come Camillo e Peppone possano realizzare il loro grande sogno di costruire qualcosa di bello attorno al meraviglioso mondo della corsa. Dell’uomo che corre verso la Felicità.

 

Parte Terza: l’anniversario della mia Ordinazione Diaconale

Voi ci capite qualcosa dei percorsi di Dio, per caso?

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