Una donna come amministratrice delegata del mondo del lavoro: perchè quando l’ingegno umano fallisce, solo un genio femminile può salvare la storia dal baratro della disperazione. Tra le tute da lavoro ieri campeggiava il tricolore del sindaco, la faccia dell’onorevole e la tonaca del monsignore: a rappresentanza di canti gregoriani, catene di montaggio e mozioni di legge sulle riforme da attuare. E poi c’erano loro, il popolo dei lavoratori mai come in questo momento piegato dalla malinconia di un impiego da recuperare: ma nessuno di loro poteva vantare la lampada di Aladino in mano. Cosicchè, giunti a casa, rimanevano altre tappe della via crucis da percorrere prima di festeggiare la risurrezione di un mestiere e di una dignità ritrovata. Fino a qui la prospettiva dell’uomo. Che un giorno, forse, scoprirà di non essere Dio.
Per uno strano scherzo dell’Altissimo, il primo maggio è anche il primo giorno di un mese tutto dedicato ad un’indomita lavoratrice, donna Maria di Nazareth: operaia del cielo, mestierante sulla terra, una vita di “straordinarie” spese per organizzare la speranza nel cuore dell’umanità. I lavoratori e la donna di Nazareth: perchè se il popolo con la tuta da lavoro si lamenta di non essere al centro delle attenzioni dei potenti, Maria si mostra bella e avvincente perchè la sua storia è la storia di una donna “di periferia”. Era donna di Palestina: piccola provincia periferica dell’impero romano. Donna di Galilea: la regione ai margini d’Israele. Quasi Siria, quasi Libano, quasi eretica. Donna di Nazareth: paese mai nominato nella Bibbia. Senza storia, senza ricordi, senza futuro. Donna in una città di uomini. Donna giovane: ma il popolo era comandato dagli anziani. Ragazza analfabeta: in una religione fondata sulla Parola. Donna incinta: prima di vivere assieme con uomo. Donna di periferia: la bellezza del deriso.
Nel Vangelo parla quattro volte. Di Maria si racconta pochissimo: Matteo, che con Luca ne parla più a lungo, le dedica 17/1068 versetti. E’ una sorpresa: di suo dice solo una manciata di frasi eppure il mondo s’è aggrappato al suo coraggio! Conosco molti che non pregano suo Figlio e sono innamorati di Lei, a Lei fanno di nascosto propositi grotteschi e disperati. Ho intravisto sul collo di prostitute e di furfanti la medaglia con la sua immagine, sulla pelle di bestemmiatori da trivio tatuata la sua figura a mani giunte. Ho udito milioni di volte il suo nome sulla bocca di tutti gli uomini e di tutte le donne che conosco: per ira, per stizza, per sorpresa, per una buona o cattiva notizia, per uno che cadeva e poteva essersi fatto male, per una morte o per un nonnulla. Sempre e solo il suo nome, Maria.
Non sarà certo la devozione – seppur ad una donna di così simile statura e potenza – a cancellare la disoccupazione e riallacciare gli stipendi perduti: la fede non toglie la fatica del vivere umano. Ma potrà forse insegnare all’uomo errante che la paura che alberga nel suo cuore necessita di sperare in un mondo che sappia organizzare la sua storia con eleganza e giustizia. Per scoprire – magari in calce ad una sera in cui le mani odorano di dash o dell’olio d’officina – che la nostra esistenza non è così banale come noi pensiamo. Ma profuma di un senso che, dispiegandosi, mostra all’uomo lavoratore il volto di una Donna misteriosamente temuta, pregata e venerata nei quattro angoli del pianeta: per quell’orgoglio tutto celeste d’essere stata donna di periferia.