gelosia

Sanno di buono i Vangeli di queste ultime domeniche. Sono popolati da uomini così buoni, in quanto ad umano, che ti verrebbe quasi da dire: “Ma come siete belli, continuate a raccontarmi storie di voi, delle vostre balle, dei vostri limiti”. Funziona così da una vita: quando tu sai di buono, l’altro ha voglia di assaggiarti, ad uno gli viene voglia di curiosare dentro i tuoi occhi per rubarti il segreto. Eppure, a leggerli bene, è un disastro quello che i Vangeli ci stanno raccontando degli apostoli. Due domeniche fa Pietro, nel breve giro di due righe, dalle stelle della leadership Gesù lo manda alle stalle della diavoleria: mica voleva capire che per vincere era necessario perdere. Domenica scorsa, voltandosi quasi di scatto per svestire la loro stupidità di spirito, gli apostoli tacciono: avevano paura di dirgli che, lungo la via, avevano già cominciato a bisticciare per capire chi, tra loro, fosse il più grande. Il Maestro era ancora vivo e loro già si erano dimenticati il perchè erano venuti al mondo, amati e poi mandati. Oggi, il Vangelo quasi esplode per il picco di scemenza che stana dentro di loro: i duri di testa di Cesarea di Filippo diventano i gelosi di questa domenica (liturgia della XXVI^ domenica del tempo ordinario). Gli invidiosi: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva». A casa loro!
Invidiosi che ci fosse qualcuno che sapeva fare del bene meglio di loro, che non era dei loro. Trovano tracce di bontà tra le strade della Palestina e ne vogliono cacciare gli autori solo perchè non appartengono al CPP (Consiglio Pastorale Parrocchiale), non fanno parte dell’Azione Cattolica, è gente che non si vede mai alle castagnate organizzate in oratorio. Poi, figurarsi: non li hanno mai visti a messa, mai una volta che mandino i figli al Grest in parrocchia, saranno anni che non arrivano le loro buste per le offerte. In virtù di tutto questo, Signore, noi abbiamo pensato che la cosa più opportuna da fare, per il bene della comunità cristiana, sia cacciarli: Cacciali! Non sia mai che il bene non porti la nostra firma: potrebbe dirci che non siamo gli unici a farlo.
Questo è quello che chiedono loro, desiderosi come non mai di chiudere il Cristo dentro un sacchettino di plastica, legarlo con un doppio nodo e tenerselo in tasca, tutto per loro. Alla loro richiesta, la concessione di Cristo: «Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi». Cioè Cristo, per la terza domenica consecutiva, mette un bavero al loro cuore: li mette al muro, ne smaschera quell’arroganza da “primi della classe”, spiega loro che i migliori, dentro il paese del Vangelo, non sono gli uomini perfetti ma le persone vere. Che a Lui, vecchio aizzatore di cuori, non gliene può importare di meno della tessera di quell’associazione o di quante volte tu sia andato a bere il caffè in oratorio invece che al bar di fronte: Gli interessa il bene che ciascuno ha il coraggio di lasciare dietro di sé. Tutto qua: che ciascuno lasci il meglio di sé ovunque passi, a qualunque partito appartenga. Perchè «non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me».
E’ tutto così chiaro e cristallino che l’ottusità degli apostoli spaventa: sono gente invidiosa, hanno delle menti grette e ottuse, sono fastidiosi quando fanno i saputelli. Verrebbe da prenderli in parte e dire loro, uno ad uno: “Ma chi ti credi? Lo sai che si può essere capaci di fare il bene anche senza essere del tuo gruppo?”. Poi li guardi e pensi: meno male che ci sono loro. Di più: meno male che se li è scelti Lui questi uomini. E’ una fortuna ogni volta che li incontri: sono lì per ricordarti che il Vangelo è proprio la storia, quella più vera. Avessero voluto inventarsene una di sana pianta per far fare bella figura agli apostoli, gli evangelisti avrebbero tagliato questi pezzi vergognosi: non fanno loro onore. Invece li hanno lasciati lì, come memoria per gli antenati e traccia per i nascituri. A rassicurare il mondo che tutto quello che oggi succede nella Chiesa, è già successo con Lui, all’inizio. Eppoi che gli apostoli non sono mai riusciti una volta a fare cambiare idea al Maestro. Quest’idea è di una bellezza travolgente.
E’ rischioso giocare al gatto e al topo quando sai di essere il topo.

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