di Alessandra Turrisi, da “Avvenire”, 6 aprile 2010, pagina 15

Rinuncia al marito ma non alla figlia Down

down1tv6Doveva decidere tra il mari­to e la bambina, tra la mi­naccia di far crescere la sua prima figlia senza padre e la pos­sibilità di far nascere la sua secon­da figlia con un cromosoma in più. Antonella, tre anni fa, ha scelto la vita.
Quella di Antonella e della sua fa­miglia (i nomi sono tutti di fanta­sia perché c’è una causa giudizia­ria in corso che coinvolge minori, ndr ) è una di quelle storie che ge­nerano un nodo in gola e fanno stringere i pugni per la rabbia, ma poi sciolgono la tensione in un pianto commosso davanti a tanto amore e a tanta solidarietà. Tutto comincia poco più di tre anni fa, in un paesino della provincia di Sira­cusa, in una famiglia di professio­nisti innamorati del loro lavoro e della loro vita. Antonella, 41 anni, medico e con una figlia di quasi due anni, scopre di aspettare un altro bambino. Il marito gioisce, ma l’avverte: « Ora bisogna fare l’amniocentesi » . Una sottolinea­tura che ha il sapore del comando, ma Antonella lo asseconda, per la­sciarlo tranquillo, come era già successo con Letizia, la prima bambina. È lui che va a ritirare il ri­sultato dell’esame, è lui che arriva a casa tremante e nel corridoio di­ce alla moglie che il figlio che stan­no aspettando ha la sindrome di Down. Lei gli chiede: «È maschio o femmina? » .

« Femmina » , risponde lui, paralizzato dalla paura. E lei piange, si ac­carezza il ventre e co­mincia a baciare il foglio del referto. «Solo in quel momento mi sono resa conto che la cosa più importante era la vita di quella bambina», si commuove ancora Antonella.
Ma il marito non ci vede più, ac­cecato dalla paura per la sindrome di Down, per i problemi che si pre­senteranno, per il dramma di ave­re una figlia imperfetta. «Abbiamo parlato per 72 ore filate, senza dor­mire – racconta Antonella –. L’ab­biamo detto alla mia famiglia e al­la sua. Le reazioni sono state mol­to diverse. Ma io avevo già deciso. Lui mi ha accusato di averlo tradi­to. Era incredibile constatare co­me il suo amore infinito negli 88 giorni che erano intercorsi tra il te­st di gravidanza e l’esito dell’am­niocentesi si fosse trasformato in paura infinita. La bimba si muo­veva nelle nostre notti insonni e lui gridava: “Non la voglio sentire”». Finché, il giorno del secondo com­pleanno della prima figlia, lui esce di casa e non torna più. Niente e nessuno è in grado di fargli cam­biare idea. Chiede il divorzio.
Le sorelle di Antonella, un’amica suora delle carmelitane scalze, gli amici dell’Azione cattolica ab­bracciano quella mamma afflitta, ma mai disperata, e condividono con lei ogni momento di quella gravidanza difficile. «In quei mesi ho sperimentato uno stato di gra­zia particolare, che il Signore mi ha voluto donare. Non avrei saputo dove prendere quella forza per an­dare avanti » , confida. Nel caldo maggio di tre anni fa, Maria Tere­sa viene alla luce, bruna, bella, for­te, malgrado tutto, malgrado quel cromosoma in più. Viene battez­zata, caso eccezionale, nel mona­stero delle carmelitane dall’arci­vescovo di Siracusa del tempo, Giuseppe Costanzo. « Io lo cono­scevo dai tempi in cui ero impe­gnata nell’Azione cattolica dioce­sana – spiega Antonella –. Mi è sta­to molto vicino durante la gravi­danza. Mi disse: “Buttati”. E io lo feci. Una volta, era in visita nel mio paese e mi venne a trovare a casa. Lo accolsi sulle scale e mi baciò il pancione».
Adesso Maria Teresa ha quasi tre anni, porta il cognome del papà, che però non ha mai voluto guar­darla in faccia. Frequenta l’asilo e quando la gente la vede così bella, vivace, dai tratti orientali, dice: «Ma è questa la bambina che non do­veva nascere? » . La sua sola pre­senza e la sua carica di allegria val­gono più di mille discorsi sulla di­fesa della vita. Nelle notti insonni della gravidanza, passate davanti al computer a navigare su Pianeta­down, Antonella ha fatto amicizia con Marilena Acquistapace, la mamma di Cristina, la giovane donna con la trisomia 21 che quat­tro anni fa è stata consacrata al­l’Ordo Virginum. «Ho sentito par­lare Cristina e sono rimasta allibi­ta. È una specie di miracolo – dice Antonella, che l’ha invitata a tene­re un incontro nel Siracusano qual­che settimana fa –. La cosa che mi ha colpito di più è la sua ironia. Cri­stina mi ha detto che il suo sogno è andare in Mongolia, dove deve assolutamente farsi una foto con gli abitanti del posto. Così – sono le sue parole – si vedranno i mon­goli veri e quelli falsi».
E, guardando Cristina, per Anto­nella è naturale pensare a come sarà la sua Maria Teresa da grande, quando saprà parlare, quando sarà consapevole del suo handicap, quando vorrà sapere chi è suo pa­dre. Tanti punti interrogativi che nascondono però una certezza: la capacità della figlia più grande di fare breccia nel cuore del papà. Le­tizia ha cinque anni e incontra il padre due volte alla settimana. «Io confido sul fatto che Letizia lo met­terà con le spalle al muro – sorride la mamma –. Non fa che ripetergli che Maria Teresa è bella, non è brutta. Spero che prima o poi an­che lui vorrà conoscerla».

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