Nonostante tutto, l’imperfezione non manca
La santità di Maria, la santità di Giuseppe, la grazia dell’Altissimo, che ha ricoperto Maria, a partire dall’annuncio del suo coinvolgimento nella salvezza dell’umanità paiono non bastare, al Dio nascosto di Nazaret. Le imperfezioni, anche nella Sacra Famiglia, non mancano. Tant’è vero che, nonostante non fosse per loro il primo pellegrinaggio, ma una consolidata abitudine (o, forse, proprio per questo: il “Divino Preadolescente” si sentiva ormai di casa, al tempio…), la Sacra coppia se lo perde. Ormai il “piccolo” è adulto nella fede, ma ancora sottoposto all’autorità genitoriale. Il Figlio di Dio, affidato a una famiglia umana.
Apprensione “tutta umana”
A ben vedere, se ci pensiamo, c’è ben poco di divino, nella scena. Perdere un figlio nella calca è probabilmente l’incubo numero uno nella mente di ogni madre. Non solo: in verità accompagna ogni educatore, di qualunque grado, durante gli spostamenti collettivi. Tanto che per i ragazzi di ogni età, il momento più odiato-temuto-ricordato-atteso è quello dell’appello, che diventa anche motivo di imitazione per le peculiarità che ciascuno assume nel farlo. Al contempo, questo momento diventa – anche – memoria dell’unicità di ogni persona, che costituisce il motivo più profondo (al netto delle implicazioni penali e legali) per cui, in ogni gita il motto sottinteso è sempre: “Non uno di meno”. Anche a costo di reiterati (e: noiosi!) conteggi.
Vedere anche Maria e Giuseppe affannati in una ricerca “tutta umana” credo sia di consolazione per tutti noi, perché ridimensiona anche la nostra imperfezione nel sollievo di una constatazione “Persino la Madonna si è persa Gesù al tempio…”
Viaggiare, senza Cristo
Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme.
Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava (Lc 2, 44-45)
Forse è un dettaglio a cui non pensiamo immediatamente. Se, dopo tre giorni di ricerca ed uno di cammino, poiché lo credevano nella carovana, abbiamo un totale di quattro giorni senza Gesù, per la famiglia di Nazaret. Quattro giorni di viaggio senza Cristo. Quattro giorni di direzioni separate e di tentativo di ricongiungersi. Forse, questa situazione è molto più simile al nostro vissuto, di quanto possa sembrare, a una prima lettura. Quante volte sostituiamo le nostre rotte con quelle di Dio, cambiamo i suoi progetti con le nostre idee? Salvo, poi, ritrovarci, il più delle volte, a girare “a vuoto”, senza meta e senza capacità di proseguire.
Non proprio un lieto fine
Il ricongiungimento non è – forse – come ce lo aspetteremmo. Con pianto liberatorio, rassicurazioni reciproche e la promessa solenne di “non farlo più”. Innanzitutto, è bene ricordare che quello che ai nostri occhi è un preadolescente, un ragazzo delle scuole medie, agli occhi di qualunque persona della sua epoca era, invece, un giovane quasi pronto al matrimonio (se è vero che le donne si sposavano quasi bambine, era in realtà abbastanza raro che gli uomini attendessero molto di più, pur essendo generalmente più maturi delle prime). Tenere presente questo ci aiuta a comprendere la risposta di Cristo:
«Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?» (Lc 2, 49)
“Discese con loro a Nazaret e stava loro sottomesso”1
Possiamo quindi comprendere che, se lo smarrimento di Cristo non è quello di un bimbo piccolo, la risposta ai suoi genitori rappresenta la necessaria transizione a un differente rapporto di figliolanza, in cui l’obbedienza non è più frutto di “timore e tremore”, bensì di rispetto e di carità. I verbi dell’andata sono al plurale: Gesù è all’interno della famiglia di Nazaret. Questo episodio segna un mutamento non più modificabile. All’interno, il verbo è alla terza singolare: Gesù sceglie liberamente di ritornare coi suoi a Nazaret. È la prima delle sue scelte legate ai modi e ai tempi della sua predicazione.
“Cresceva in sapienza, in statura e grazia, davanti a Dio e agli uomini”2
Forse in questa riga risiede il più grande mistero evangelico. Dio, facendosi uomo, ha scelto anche di aver bisogno di imparare ad essere uomo. Che non significa solo acquisire la corporatura di un uomo, ma vivere l’esperienza di un uomo del I secolo, in Galilea. Far esperienza della comunità di Nazaret, del parentado che gli è toccato in sorte, magari di maldicenze, invidie, cattiverie. Per altri vent’anni circa vivrà “nascosto” a Nazaret, a fabbricare mobili ed aggiustare suppellettili, a “portare avanti” la bottega di Giuseppe. Poi, dal silenzio sbocciò una parola che era come un canto: perché, in quel piccolo lembo di terra, oltre al mestiere, aveva imparato la saggezza dei gigli del campo, la cura del pastore per il suo gregge, l’incanto imprevedibile dei ritmi della natura – sempre uguali, ma sempre diversi – , la dolce meraviglia della vigna che, ogni anno, rinnova il suo frutto.
Sarebbe mai stato capace, il Figlio di Dio, di parlarci del Padre, senza prima imparare ad esserci Fratello?
Lode al Dio nascosto
Veramente tu sei un Dio nascosto, Dio d’Israele, salvatore. Saranno confusi e svergognati quanti s’infuriano contro di lui; se ne andranno con vergogna quelli che fabbricano idoli. Israele sarà salvato dal Signore con salvezza eterna. Non sarete confusi né svergognati nei secoli, per sempre (Is 45, 15-17)
Ecco allora che meglio comprendiamo il prorompere di Isaia in una gioiosa, meravigliata, grata lode, per il Dio d’Israele, i cui pensieri e le cui vie non sono i nostri3, ma che è capace, dal nascondimento, di far germogliare una bellezza dirompente, nella sua discrezione.
1Lc 2, 51
2Lc 2, 52
3vd. Is 55, 8
Rif. Letture festive ambrosiane, nella Festa della Sacra Famiglia
Fonte immagine: Pexels
3 risposte
Buongiorno. Sai che non avevo mai riflettuto sulla similitudine fra lo smarrimento di Gesù nel Tempio e lo stesso stato d’ animo di una mamma che ha terrore di smarrire il proprio figlio nella confusione oppure di un insegnante/accompagnatore che teme di smarrire un allievo durante una uscita collettiva. E questa riflessione sul nostro smarriti e allontanarci da Dio che capita molto spesso a me ma anche a tante persone che mi sono vicine. Di solito cerco di superare la paura con la preghiera di affidamento totale a Dio e alla Madonna di me stessa e delle persone a me care. Vorrei poter guidare tanti ( i ragazzi del catechismo per esempio), ma anche i miei nipoti, i miei ragazzi, i miei ex alunni e quanti incontro nel mio cammino, dicevo vorrei guidarli verso la fede. Ma se non ci riesco io sarà Gesù stesso a farlo. A noi il compito di preparare il terreno e gettare un piccolo seme. Dio si occuperà di aiutarlo a crescere e fortificarsi con la collaborazione di tutta la comunità.
Bella riflessione, grazie per il tuo commento. Ti accompagno con la preghiera nel tuo compito educativo!