Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato

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Mentre leggete queste righe, sappiate che state correndo a circa 1600 km/h: questa, infatti, è la velocità del girotondo che compie ognuno di noi sulla Terra. In contemporanea il nostro pianeta gira intorno al sole alla bella velocità di circa 110.000 km/h. Se vi sono venute le vertigini, non preoccupatevi, è un comune denominatore di molti, me compresa.
Ma se riusciamo a malapena ad afferrare la grandiosità di questi numeri da capogiro, ci è invece facile essere spettatori del gran balletto cosmico che da tempo immemore ci regala l’universo. La danza tra Sole, Luna e Terra è un mirabile passo a tre, un nascondere e rincorrersi che, fin dagli albori dell’umanità, ha sempre destato estrema meraviglia.
Circa un mese fa siamo stati deliziati con un’eclissi totale di sole. Uno spettacolo mozzafiato visibile solo dal Sud America, ma che grazie ai supporti tecnologici odierni è stata osservabile a tutte le latitudini in tempo reale. Pochi giorni fa un’eclissi parziale di luna, e questa volta i fortunati siamo stati noi: un evento un po’ meno eclatante, molto meno raro, ma non meno straordinario della sua controparte.
Il bello di questi momenti, per chi come me li aspetta con trepidazione, preparando per tempo la strumentazione adatta ad immortalarli, oltre ad essere nel cielo è anche decisamente più in basso: il trovarsi, cioè, nel medesimo luogo insieme ad altri appassionati, tutti accomunati dal medesimo atteggiamento di apertura alla meraviglia, che si ostina a non voler considerare la bellezza un’abitudine, bensì un tesoro di cui rendere grazie ogni volta.
Ciò che più attrae, di questi eventi astronomici, e ciò che più si attende, sono gli attimi del nascondimento. Più esso si avvicina alla totalità, più il momento è vissuto con le farfalle nello stomaco.
Più il non-vedere è grande, più ci si entusiasma e si apprende.
Questo gioco a nascondino siderale può avere molto da insegnarci.
Siamo costantemente bombardati da modelli di comportamento la cui logica economica, costruita a tavolino, è l’esatto opposto del bello della danza cosmica: ostentare, ostentare ed ancora ostentare. A tutti i costi, letteralmente. Dagli abiti agli oggetti, dagli ultimi ritrovati della tecnologia agli accessori più disparati. E’ una trappola ben congegnata, quella che ci fa considerare ciò che ci circonda solo da quel che vediamo – i social media stanno giocando su questo la propria fortuna – mentre quel che è nascosto viene giudicato meno importante, accantonato in un angolo e messo in lista d’attesa. E’ un inciampo in cui ci caschiamo più o meno tutti e da cui spesso ci si può rialzare con qualche minuto di tranquilla riflessione. Quando si approfondiscono i rapporti umani, ad esempio, ecco che siamo spinti a non fermarci alla superficie, ed anzi il più delle volte ci affezioniamo a qualcuno perché di lui ci piace qualcosa che magari non si nota subito, ma che è nascosto tra le pieghe della sua individualità.
Sarebbe bello se ognuno di noi si esercitasse e si abituasse ad osservare il prossimo con gli stessi occhi di un astrofilo davanti ad un’eclissi: alla scoperta di quel meraviglioso che non si vede ad occhio nudo, ma che deve essere cercato con dedizione e che aspetta solo di essere guardato, ed amato, con trepidante stupore.

 

Foto di Chiara Liberti: eclissi parziale di luna, 16 luglio, Roma

Vicentina, classe 1979, piedi ben piantati per terra e testa sempre tra le nuvole. È una razionale sognatrice, una inguaribile ottimista ed una spietata realista. Filosofa per passione, biblista per spirito d’avventura, insegnante per vocazione e professione. Giunta alla fine del liceo classico gli studi universitari le si pongono davanti con un bel dilemma: scegliere filosofia o teologia? La valutazione è ardua, s’incammina lungo la via degli studi filosofici ma la passione per la teologia e la Sacra Scrittura continua ad ardere nel petto e non vuole sopirsi per niente al mondo. Così, fatto trenta, facciamo trentuno! e per il Magistero in Scienze Religiose sfida le nebbie padane delle lezioni serali: nulla pesa, quel sentiero le sembra il paese dei balocchi e la realizzazione di un sogno nel cassetto. Il traguardo, tuttavia, è ancora ben lontano dall’essere raggiunto, perché nel frattempo la città eterna ha levato il suo richiamo, simile a quello delle sirene di omerica memoria. Che fare, seguire l’esempio di Ulisse e navigare in sicurezza o mollare gli ormeggi e veleggiare verso un futuro incerto? L’invito del Maestro a prendere il largo è troppo forte e troppo bello per essere inascoltato, così fa fagotto e parte allo sbaraglio, una scommessa che poteva sembrare già persa in partenza. Nei primi mesi di permanenza nella capitale il Pontificio Istituto Biblico sembra occhieggiarla burbero, severo nei suoi ritmi di studio pazzo e disperatissimo. Ci sono stati scogli improvvisi, tempeste ciclopiche, tentazioni di cambiare rotta per ritornare alla sicurezza del suolo natio. Ma la bilancia della vita le ha riservato sull’altro piatto, quello più pesante, una strada costruita passo dopo passo ed un lavoro come insegnante di religione nella diocesi di Roma. L’approdo, più che un porto sicuro, le piace interpretarlo come un nuovo trampolino di lancio, perché ama pensare che è sempre tempo per imparare cose nuove.

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