Quella segugia di suor Giselda
Giselda è una donna di quasi ottant’anni. Dico “donna”, pur sapendo che è anche una suora: una suora felicissima, tra l’altro. A colpirti, però, non è la sua spiritualità: la dai un po’ per scontata essendo suora (anche se non tutte le suore e i preti hanno spiritualità!) A stregarti è la sua profondissima umanità. […]
Dalla bocca al cuore
Dio non si dimentica dell’uomo, neppure quando egli, dimenticando di essere accanto ad altri fratelli, si lascia vincere dal desiderio di dominio e di sopraffazione e si allontana da quell’immagine di Dio che il Creatore impresse dall’inizio dei tempi nel suo cuore. Dio si affianca a noi, proprio nel «punto più debole della nostra carne»[2], laddove risiede la nostra estrema fragilità.
Se la seconda persona della Santissima ha ritenuto di incarnarsi, significa che essere uomini e donne, creature del Dio Vivente è una forma di bellezza rilevante. Che la sfida della libertà di scegliere il bene e l’amicizia con Dio vale la pena di essere vissuta. Che ogni nostro istante è prezioso e non un fugace battito di ciglia, destinato a disperdersi nel nulla della vastità del tempo che scorre, inesorabile. Questo sguardo d’amore riesce a cogliere la verità su di noi. È un re mite. La sua reggia è una stalla. Non avanza pretese, propone un riscatto impagabile ed è disponibile a pagare di persona il prezzo.
È l’unico da cui, piegando le ginocchia, l’uomo riceve la pienezza di vita e la libertà.