Madonna allattaConoscevano solamente due cose: l’esistenza di Dio sopra le loro teste spazzolate dal vento, l’esistenza delle pecore strette ai loro piedi di pastori. Due cose che a loro bastarono per non perdersi l’appuntamento con la storia. Il giorno in cui, primi tra tutti, andarono «senza indugio» a trovare il Cristo-atteso, recarono con loro una di quelle due cose che conoscevano bene: un agnellino (liturgia della I^ domenica di Natale). L’altra – il Dio che stava sopra le loro teste – lo incontrarono nella scomodità di una grotta, per entrare nella quale fu necessario curvarsi, inginocchiarsi. Per poi andarsene incapaci di trattenere il gaudio di quella confidenza notturna: «Dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro». Dissero poche cose, quelle poche che avevano veduto-saputo: la faccia era da galantuomo, il vestito somigliava più ad un pastrano che ad una giubba, senza casa né patria. Tacerlo era dunque impossibile: «Fa piacere sentir discorrere un galantuomo, uno che ha tribolato, che è stato anche dentro, e che ha pagato in tal modo» (P. Mazzolari). Scoprirono, senza volerla trattenere, l’immensità nella debolezza.
Gli elementi dello stupore sono fragilissimi, sono materia elementare: il latte, una stalla, il cielo con le sue stelle. Joseph, Maria, Jeshu: un padre, una madre e un figlio che, chiusa la porta di bottega, rimanevano sole nella camera, attorno ad un pane, ad un pugno di confidenze che la Donna – che nei secoli gli umani chiameranno (ma)donna – «custodiva meditandole nel suo cuore». Non le palesava, bensì le rivoltava nel suo cuore materno: nemmeno al Figlio le confessò, manco a Giuseppe per non stordirlo, nessun colloquio gli evangelisti raccontano esserci stato tra loro tre, nel quotidiano di quella bottega. Silenzi a tavola, condivisione di sguardi, pensieri. Il Mistero, Maria lo sa, va custodito per essere compreso: “Amalo in silenzio, Maria. Lentamente si dischiuderà al tuo cuore” le avrà sussurrato da qualche parte l’arcangelo degli annunci. L’infanzia del Figlio fu la prima cosa-custodita: non era grande, non aveva un trono, non lo chiamavano ancora Figlio dell’Altissimo. Avrebbe potuto anche dubitare, quella giovane madre all’addiaccio: sposò l’azzardo del Mistero laddove il mondo le consigliava un supplemento di spiegazioni. Dopo averlo veduto, i pastori non ce la fanno a trattenere lo stupore; dopo averlo visto nascere, Maria non ce la fa a pronunciare parola, la pur minima parola. L’annuncio detto ai quattro venti dagli umili, la riservatezza intima di una madre. A nessuno è dato conoscere ciò che produce Cristo quando lo s’incontra: «Quando non si è puliti e non si desidera divenirlo, è pericoloso accostarsi al Vangelo, per ogni motivo. Presto o tardi, si rimane confusi» (P. Mazzolari). La Grazia, se qualcuno non le s’inginocchia, non per questo arretra: «Gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo».
Un nome-benedetto è anche la prima benedizione dell’anno, la prima raccomandata da Dio a Mosè: «Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace». Benedire è dire-bene di qualcuno. Il contrario della benedizione è la maledizione: dire-male di qualcuno è il maledire. Per uno che dice-male di noi, c’è un Dio che dice-bene di me, di te, di tutta l’umanità. C’è la miseria, Dio non la nasconde, nemmeno la tace: un giorno andrà à stanarla nei meandri più bui del cuore. Nel frattempo, però, fa luce sul bene che c’è: che nessuno, nel momento in cui sembrerà a tutti che il male abbia il sopravvento, possa avere il minimo dubbio che il bene sia scomparso dalla faccia della terra. La benedizione, prima di qualsiasi altra cosa, di qualsiasi altro rimprovero. Che, all’inizio di un anno, è anche un augurio: Dio ti sta cercando, Dio ti vuol trovare. Non te lo perdere, altrimenti sei perduto. Da domattina, che ognuno vada per la sua strada: che nessuno, però, possa un giorno giurare che nessuno abbia mai parlato-bene di lui. Dio, come prima cosa, dice-bene dell’uomo. Benedice. Il che non guasta all’inizio di un amore: è di questo che il Natale ci sta parlando.


In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. 
Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.
I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.
Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.

(dal Vangelo di Luca, cap. 2 vv.16-21)



Il Vangelo al femminile 

di Elettra Ferrigno

«Nel Natale il tuo Natale: auguri di una Vita nuova!»

Gemme

Nessun sapiente si presentò, avvizzito forse dal vino e colto in flagrante da un sonno che il tepore domestico aveva reso profondo. Nessun savio udì voce di richiamo né vide luce sfolgorante. L’aveva cantato a gran voce Maria -quando, senza averLo visto, già Lo aveva magnificato- che il Dio che aveva in grembo avrebbe disperso i superbi e innalzato gli umili. ”L’ha fatto con me, lo farà ancora, con altri umili come me” pensò. Più tardi, appena uscito da una bolla di silenzio durata trent’anni, il Figlio stesso lo dirá: «Ti rendo lode, o Padre, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. […] Così hai deciso nella tua benevolenza» (cfr. Lc 10, 21). La mangiatoia é la scuola che confonde i savi e depone i potenti. Gli ultimi sono primi già la notte di Natale, la stessa in cui Lui, da ricco, si fece povero. I destinatari dell’annuncio furono coloro che pernottavano all’aperto, perché facevano la guardia al gregge (liturgia della I^ domenica di Natale). Dopo le bestie, i pastori. Gente umile. Carne fragile -ultimi-, in tutto simile a quel Bambino che ora giace in una mangiatoia attendendo d’esser visitato. Anche Lui, come loro, un giorno perderá il sonno dietro al suo gregge e alle pecore che si smarriranno: «Non si addormenterà, non prenderá sonno il custode di Israele» (cfr. Sal 121, 4). Veglierà su di loro sempre: quando saranno nel recinto, ancor più quando lo abbandoneranno. Il Verbo si é fatto carne, il Figlio di Dio si é fatto Figlio dell’Uomo per questo: per camminare quaggiù accanto ad ogni creatura umana, alla più dis-persa. Pellegrino di ogni ora e di ogni strada, si fa annunciare con la stessa materia di cui Egli stesso é fatto: una Luce avvolse i pastori. E la luce non costringe, invita. Quando Dio s’annuncia, poi, non c’è spazio per la paura: «Non temete». La Parola data era più che una Promessa, perché era già adempiuta: «troverete un bambino avvolto in fasce che giace in una mangiatoia». Così entra la gioia nel mondo, e la gioia é una Persona, più precisamente un Bambino -lo si può vedere e toccare- é un Dio toccante! La Parola data era Vera, e i pastori, in un’improvvisa apertura del cuore, si sentirono liberi. Liberi di credere, perché la parola era stata ascoltata e accolta. Liberi di andare a vedere: si calarono sulle orecchie avvampate cappelli di lana, si allacciarono alle gambe velli di pecora, impugnarono i vincastri e corsero in fretta lungo sentieri odorosi di sterco e profumati di menta. Si dissero l’un l’altro: «Andiamo a Betlemme a vedere questa Parola che é accaduta e che il Signore ha notificato a noi». Il Natale é una Parola detta agli uomini di buona volontà, che della Sua benevolenza ne hanno fatto motivo di umile contraccambio. L’Amore si fa bisogno di essere accolto: ogni proposta sottintende una risposta. Così entra la fede nel mondo: prima Maria, poi Giuseppe. Ora i pastori. Una leggenda narra che tra quelli accorsi ad adorare il Bambino ce n’era uno tanto povero che non aveva nulla da offrire, di ciò si vergognava molto e si teneva in disparte. Tutti facevano a gara a offrire i loro doni. Maria, non sapendo come fare a riceverli tutti poiché in braccio aveva il Bambino, vedendo il pastore con le mani vuote, lo appoggiò sulle sue mani: avere le mani vuote fu la sua fortuna. Dio é esperienza che si fa toccare nella povertà, nel nulla Lui (si) dona tutto. Deve essere nato quella notte l’offertorio che ancor’oggi celebriamo durante la santa Messa: «Accogli, Signore, i nostri doni, in questo misterioso incontro tra la nostra povertà e la tua grandezza».
In un misterioso scambio tra nulla e Tutto, quei pastori s’erano ritrovati inginocchiati ad adorare. Che vuol dire mettersi la mano alla bocca per la meraviglia e, finalmente, tacere… Come fece Maria, che meno capiva più in silenzio meditava, contemplando ed adorando -in ogni tempo- il Mistero nel suo cuore. Dovette aspettare fin dopo la Resurrezione, dentro al Cenacolo, di vederci un po’ più chiaro.
I pastori se ne tornarono con un’iscrizione ufficiale sul registro della gioia, che fece annunciare loro ciò che avevano udito e visto: un Salvatore. Fu, allora, Natale, i pastori si sorpresero (ri)nati: figli di Dio e fratelli di tutti. Uomini liberi, volti redenti, cuori salvati. Con la meraviglia negli occhi e il sapore dello stupore sulle labbra. Succede così a coloro che si fidano di una Promessa fatta dal Vento. A coloro che accreditano udito, vista e sogni ad un Dio in-credibile. Succede così, che é Natale…
Gloria a Dio nell’alto dei cieli, ora che anche in terra é Natale: l’inizio di un anno nuovo che porta in se l’augurio di una Vita Nuova.

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