Ti conobbi per caso sulla riva del mare. Quella spiaggia che per me significava castelli da costruire, buche da scavare, sogni da abbozzare con le conchiglie, pensieri da smussare sotto la forza d’urto delle onde. Sullo scoglio del mio cuore si fissò il tuo volto e più non ebbi pace. Sul molo, una vecchia donna – la mia nonna catechista – mi parlò di te per la prima volta. Mi diresse verso i tuoi occhi, mi fece baciare la punta del tuo naso, mi nascose sotto il tuo mantello. Fu amore a prima vista! Un innamorato di passaggio t’avea scarabocchiato una scritta ardente: “Totus tuus”. A casa parlavo il dialetto, l’italiano era forestiero, del latino non conoscevo ne genitivo, né tantomeno il dativo o il locativo.
Ma c’era poesia in quelle sillabe: lo coglievo!
Cresciuto a pane, giochi e briciole di sogni… m’avvertivo sempre più geloso, sofferente nel cuore, malinconico sul volto. T’avrei voluta tutta per me! Invece, sfogliando i libri di papà, vedevo che per corteggiarti gli uomini sembravano inventarsi follie: cattedrali di marmo e chiesette di montagna, l’esagerazione di Notre Dame e la maestosità di Chartres. M’arrabbiavo quando tra i corridoi di scuola, durante la merenda, sentivo Simone che parlava di te assieme a Duccio di Buoninsegna, Cimabue, Gentile da Fabriano, Lorenzetti, Giotto e Beato Angelico. Non potevo nemmeno vedere Raffaello, Tiziano e Leonardo da Vinci: con i colori sembravano voler trafugare la mia donna. Loro con i colori: Rossini, Verdi, Perosi e Schubert sistemando delle note su di un pentagramma. Come se non bastasse, passeggiando su vecchie mulattiere con il mio nonno, sentivo che, tra compagni di guerra, si rilanciavano una frase: “Su le nude rocce, sui perenni ghiacciai, su ogni balza delle Alpi ove la Provvidenza ci ha posto a baluardo fedele delle nostre contrade…”. Come se non bastassero i poeti, pensavo tra me! Anche gli alpini poggiavano gli occhi su di te. Più ti guardavo, più m’ingelosivo, più m’innamoravo. Papà mi diceva che di te provava paura il dittatore Tito, il governo ungherese, polacco e russo. Chiedevano di te i musulmani in Mozambico (tra l’altro: ogni giorno ancor oggi t’inviano “per raccomandata” la XIX sura del loro Corano). Ti volevano in Inghilterra, negli Stati Uniti d’America: i cristiani separati, gli scismatici, i protestanti. Andavo a catechismo e incontravo gente che per te avea perso il senso della misura, gente che giocava con le parole: Ambrogio di Milano, Agostino d’Ippona, Basilio di Cesarea, Cirillo, Gregorio Magno, Anselmo d’Aosta, Tommaso d’Aquino, Bonaventura da Bagnoregio! Ne controllavo uno, se ne presentavano dieci: e tu eri sempre più bella! Eri umile e alta, eri “più che creatura” (D. Alighieri).
Un giorno t’incontrai da sola a danzare tra le pagine di un vecchio libro chiamato Scrittura Sacra: emergevi come una Venere dalle altezze del cielo, passeggiavi tra le fontane e le viuzze della tua Galilea. Colsi l’attimo. Chiesi d’entrare nel tuo cuore: sapevo che da là nessuno m’avrebbe più fatto paura. Tu accettasti. Da quell’istante tu non sei più stata tu. Non sei più stata Maria di Nazareth. Per me sei diventata la Bellezza!
150 anni t’han visto colorare il cielo di Lourdes, impreziosire i sogni di Bernardette Soubirous. Lourdes era un pugno di case, fra povere terre, colli pirenaici, sentieri sconnessi e campi sterminati. Son passati 30 lustri ma il peso degli anni non osa incurvare le tue spalle. I capelli son quelli di sempre: argentea ti fece tuo Figlio. Gli aranceti profumati, gli ulivi tremolanti e le stelle parlano di Te. Sulle nude rocce o nel calore degli Inferi! Sempre e solo il tuo nome!
Maria, dopo 23 anni d’attesa, oggi te lo dico: Ti Amo!