La freschezza di sedici anni sotto un treno di periferia: belli e vincenti, ma anche fragili e dannati. Perchè i ragazzi sono come l’uomo di Pirandello: uno, nessuno e centomila. Sono “uno” per chi pensa che la vita sia un egregio tentativo di omologazione. Sono “nessuno” per chi dice che i giovani sono il futuro ma ruba loro la possibilità di giocarsi il presente. Sono “centomila” per chi accetta di inabissarsi nel loro cuore per allenare ed educare: l’unica sfida esaltante rimasta in un mondo di uomini duplicati e prodotti contraffatti. Ma il gesto del suicidio è una campana che annuncia la straziante notizia che alla vita è stato tolto il senso datole dal Creatore: quello di far esplodere la bellezza data in dono ad ogni creatura.
Davide era uno, ma anche nessuno. O forse centomila. Di lui è rimasta la melodia dei suoi sedici anni, cioè il primo balbettio di una vita giovane che cercava di innalzarsi verso la maturità. E dentro quella melodia la gioia, la spensieratezza e la voglia di colorare il mondo e le sue città. Il sorriso, la passione, l’estro e la stoffa del leader. Ma forse nessuno s’è accorto dell’altra faccia di Davide: quella nascosta, timida e affannata che ad un treno di periferia ha confidato la sua disperazione per cercare forse una risposta agli affanni. Perchè un suicidio inaspettato ci ricorda ancora una volta che ogni giovane tiene due facce: quella che tutti vedono e lui dà a vedere. E quella nascosta che, se soffocata, strozza la voce alla vita. Come se accesa riesce a far brillare un’intera esistenza. Chissà quali paure abitano l’anima e il cuore di un bambino che s’affaccia alla vita: paura del buio, di se stesso, della vita. Della scuola, del futuro, dell’uomo. Della donna e di Dio. Paure scritte nella faccia della medaglia difficile da leggere perchè ai più nascosta sotto un sorriso che inganna, gesti e movenze apparentemente normali, pensieri e sguardi sempre più difficili da prevedere. Eppure a sedici anni c’è tutto. O forse manca solo un qualcosa che dia un senso a quel tutto che già c’è: perchè se uno ha un perchè affronta ogni cosa. Se uno invece non è motivato gli costerà fare qualsiasi cosa, anche riposare.
Rimane la sconfitta d’una società che ha intuito un grido d’aiuto quando il treno già fischiava un’atroce sofferenza. E Davide se n’era andato com’era arrivato in quel primo mattino in cui tutti i bambini piangono la gioia della vita: in punta di piedi, senza disturbare nessuno. Come se avesse semplicemente tolto il disturbo di un’esistenza difficile da gestire e, forse, di un’anima delicata da trattare. Lungo i binari che corrono diritti adesso la scienza cercherà i suoi perchè, gli specialisti s’azzufferanno per dividersi le responsabilità, la scuola accuserà la chiesa perchè gli oratori chiudono e la chiesa accuserà la scuola perchè dimentica l’anima nelle valutazioni finali. Eppure il segreto è solo in quel nulla che sequestra le persone con eleganza. Perchè oggi le vere “sfighe” dei giovani sono i genitori che si separano, l’amico che muore, la fidanzata rubata dall’amico, la paura di sbagliare, essere grassi – magri – abulimici – anoressici, diventare rossi e vergognarsi. La sfiga delle sfighe è la “vasca” perché non si sa cosa fare!
Peccato che la vita non sia un file taroccato: la cestini e il senso lo trovi un altro utente di passaggio. Anche stavolta la vita di un giovane c’è sfuggita: era lì che scolpiva i suoi comandamenti sulla pietra, sui pannelli di Facebook, sulle strade della fantasia e sulle pietre dell’amore. Non l’abbiamo riconosciuta e lei, offesa perchè tradita, è salita sul primo treno e se n’è andata altrove.
Buon viaggio, giovinezza perduta.