Il cerchio si chiude laddove tutto ha avuto origine, nella Galilea degli esordi e degli inizi: Nazareth, Genezareth, Cana. Terra di pesca, carpenteria, di nozze e di madonne. Di chiamate, d’invocazioni e di grandi aspettative. Laddove tutto inizia, tutto finisce: «Gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che il Signore aveva loro indicato». Anche gli Undici (Dodici meno Giuda) sono ancora quelli degli inizi: esistenze friabili, promesse scritte sulla rena. Facce e storie dalle quali non ci si potrà aspettare granchè dopo i capitomboli giù dal Monte Calvario. Lui, comunque, anche da Risorto mostra di non aver mutato la sostanza delle scelte compiute: ancora loro, sempre loro, alla faccia di tutto ciò che si andava dicendo nel vicinato su loro conto. Anche stavolta, nell’attimo in cui parte per salire al Cielo, il Cristo (ri)sceglie loro, gente rinomata per la loro estrema fragilità: “Nelle mani giuste – sembrava ripetere il Rabbì anche dopo essere risorto – la fragilità smetterà di sentirsi fatta di acciaio”. D’altronde è la storia di ogni inverno che fa scendere la neve dal cielo: i fiocchi di neve sono tra le cose più fragili che esistano in natura, eppure guarda di che cosa sono capaci quando decidono di fondersi assieme. Quegli Undici, da soli, non combinano granchè. Fusi assieme diventano Chiesa, la prima Chiesa nascente. Quella nelle cui vene scorre sangue di fragilità: “La fragilità, ragazzi, è un valore non una mancanza – pare quasi di sentirla ripetere la Madonna alla gente amica del suo Figliolo -: vi renderà meravigliosamente umani”. Credibili.

Quando lo appesero in Croce, gli amici diedero fiato alle bocche nel circondario per la loro pavidità: sembravano quattro fuggiaschi in cerca di un nascondiglio. Per questo, appena risorto, andò subito a suonare al campanello dei loro cuori: non li biasimò, non rinfacciò loro nessun tradimento, non addebitò loro nessuna defaillance di sorta. Semplicemente apparve per dire loro: “La promessa l’ho mantenuta, sono tornato. Rimbocchiamoci le maniche!” Per quaranta giorni (e per altrettante notti a seguire) cercò di riaccendere le braci che s’erano impolverate di cenere: loro, però, faticarono a dismisura a credere che fosse proprio Lui. Alle cattive notizie erano soliti crederci subito: “Me l’aspettavo. Me la sentivo che stava arrivando”. Alle belle notizie, invece, scoprirono d’essere impreparati: “Impossibile che sia Lui, è davvero incredibile!” Fece di tutto per farsi credere: mostrò loro le mani bucate, i piedi feriti, il costato aperto. Si fece toccare, carezzare, baciare i piedi. Preparò loro una cena di pesce arrostito sulla riva del mare, ritornò a chiamarli con i loro nomi d’un tempo, ripetè dei segni che solo con Lui avevano visto. Se ne inventò di tutti i colori, ma tutto ciò non bastò se, dopo quaranta giorni passati a dare loro “ripetizioni di bellezza”, «essi dubitarono». Ancora dubbi, esitazioni, perplessità. Ancora oggi, sempre così.

Lui, nel frattempo, ancora a scommettere su di loro: anche stavolta. Affida il destino del suo più grande impero, la Chiesa, a gente capace solo di dubitare: accarezza le loro fragilità, le prende per mano e promette loro che, comunque, andrà tutto bene perchè «io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo» (cfr Mt 28,16-20)Li sceglie ancora una volta fragili perchè, per come ragiona Lui, la superficie del mondo sarebbe molto più dura se non ci fossero le loro fragilità. E chiederà loro di raccontarsi al mondo partendo dalle loro macerie e dalle loro miserie: è lì che ci sono pezzi di vetro capaci ancora di brillare quando incrociano fiamme di luce nei paraggi. D’ora innanzi, ne combineranno (ancora) di tutti i colori questi Undici e i loro discendenti, tra i quali me. Noi. Tutto, però, perdonerà a costoro quando nutriranno il coraggio, invece che di sprecare energie mostrandosi forti e sprezzanti, di mostrare la loro parte più debole. Lì, e non nelle loro prestazioni esagerate, ha fissato la sua nuova dimora Dio: «Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza» (2Cor 12,9). La storia della salvezza non poggia su manufatti di calcestruzzo ma su stecchini di legno. E questa, per chi crede, resterà la più bella delle novelle mai ascoltate. La buona novella del Dio dentro noi.

(da Il Sussidiario, 20 maggio 2023)

In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato.
Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Vangelo di Matteo, 28,16-20).

Editoriali della Quaresima e della Pasqua 2023
Mercoledì delle Ceneri, La quaresima della scimmia, 22 febbraio 2023
I^ Domenica di Quaresima, Tentazioni per colazione, 26 febbraio 2023
II^ Domenica di Quaresima, (non) spegnere la luce, 4 marzo 2023
III^ Domenica di Quaresima, Mezzogiorno di fuoco, 11 marzo 2023
IV^ Domenica di Quaresima, I macellai e l’oculista18 marzo 2023
V^ Domenica di Quaresima, Lacrime e calcare, 25 marzo 2023
Domenica delle Palme, Come pulcini smemorati, 1 aprile 2023
Giovedì Santo, Il piede di Pietro, 5 aprile 2023
Venerdì Santo, Giuseppe e Nicodemo cuori di leone, 6 aprile 2023
Sabato Santo, Le braci di Maria, 7 aprile 2023
Domenica di Pasqua, Le (ma)donne dei piedi, 8 aprile 2023
Lunedì dell’Angelo, La brocca e il catino di Vladislav, 9 aprile 2023
II^ Domenica di Pasqua, Cristo troverà sempre il finale migliore, 15 aprile 2023
III^ Domenica di Pasqua, Appuntamento al buio, 22 aprile 2023
IV^ Domenica di Pasqua, Abbondanza non è abbastanza, 29 aprile 2023
V^ Domenica di Pasqua, Il dietro le quinte di quel Volto, 6 maggio 2023
VI^ Domenica di Pasqua, Il cristiano è un invasato, 13 maggio 2023)

RispondiInoltra

2 risposte

  1. Grazie, don Marco.
    Sì, stecchini di legno anziché manufatti di calcestruzzo; stecchini di legno … animati dall’Amore diventano fiammelle che illuminano e rischiarano.
    I manufatti di calcestruzzo non mi hanno mai convinto: sempre nelle fragilità ho visto all’opera il Risorto, affinché fosse chiara la potenza del Suo Amore. Bisogna avere occhi e cuore per riconoscerla!
    Gli stecchini diventano stecchini…animati, capaci di grandi cose nel nome di Lui; i manufatti di calcestruzzo (tutti calcoli, strategie, formule e citazioni) improvvisamente crollano.
    Le cose belle arrivano sempre all’improvviso (mia mamma parlava di “improvvisate” per indicare una sorpresa) e pure all’improvviso i manufatti di calcestruzzo crollano.
    Essere se stessi, fragili e senza maschere, bisognosi di quella Mano per attraversare la quotidianità credo sia la scommessa più bella per ciascun credente. Niente nasi all’insù o all’ingiù, ma volti e sorrisi ad altezza d’uomo, dell’Uomo di Nazareth.
    Sorrisi aperti, veri e leali, senza denti di porcellana, possono rendere simpatico uno stecchino piuttosto che un muro invalicabile: ma è di calcestruzzo! Chissenefrega della sicurezza del calcestruzzo!
    Cristo, a partire dagli stecchini, cerca Amici/Fiammelle/Tabernacoli: lavori in corso, graduali, nel Tempo; stupende “improvvisate”, capolavori artigianali e non prodotti di serie.
    Aspettando il Sinodo di Ottobre 2023…
    Buonanotte, Don!
    P.S. Un saluto a Carlo e Vladislav, esempi altissimi di Umanità ritrovata!

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