Splendidi e benedetti: Volto splendente di luce

La benedizione più bella, nel libro più noioso

Diciamo la verità. Persino i biblisti più fanatici concordano, in questo. Tolto qualche brano, il libro dei Numeri è forse il più noioso di tutta la Bibbia. Spezziamo una lancia in favore di alcune prescrizioni legali e al valore storico (nel senso antico del termine) che riveste il conoscere la composizione delle tribù d’Israele. La noia, però, rimane.
Quest’opera, dalla sua, ha, tuttavia, un dettaglio, non da poco. I brani che si salvano dalla noia sono di una bellezza disarmante e dischiudono lo splendore di quel volto di Dio, più chiaramente rivelato nel Nuovo Testamento (mentre, nell’Antico, rimane – per così dire – spesso, velato).
Tra questi, non si può che annoverare, scusate il gioco di parole, infatti, la bellissima benedizione, che la liturgia ci regala, in vista del nuovo anno:

«Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace» (Num 6, 25-26)

Splendore, riflesso dell’amore

Dire–bene è incoraggiare, stare dalla tua parte; ma la richiesta è ancora più pretenziosa: “custodire” dice una cura che ha accenti materni, di chi non solo aiuta, ma preserva dal male, perché, prevedendo a cosa vada incontro il figlio (perché lo conosce, anche rispetto al lato combinaguai), fa in modo che sia pronto ad affrontarlo.
Lo splendore richiama alla mente quello di Mosè, dopo l’incontro con Dio[1]. Lo splendore viene da Dio, anche quando è momentaneo. Ma l’origine è in lui. Quando riusciamo a risplendere, spolverando il meglio di noi stessi, riflettiamo la nostra somiglianza con Dio, cioè mostriamo un barlume di quello che è il suo amore.
Volgere lo sguardo è cercare gli occhi di chi sta innanzi: è la condizione prima per ogni relazione autentica. Solo alla luce di questa, possiamo aspirare ad una pace vera, che non sia una tregua al prossimo motivo di contesa, ma la pace dei “figli della pace”, quella che si basa sulla fiducia per cui ogni uomo, creatura di Dio, è  potenzialmente mio fratello in Cristo, con cui condivido, in ogni caso, la stessa umanità.

Nel nome del Figlio

L’anno romano inizia “nel nome della Madre”, mentre il rito ambrosiano si conferma nel suo accento più prettamente cristocentrico: principia nel segno del Figlio, che sottostà alla legge antica e, otto giorni dopo la nascita, è fatto circoncidere, come ogni maschio, dai tempi di Abramo.
«Non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini» (Ef 2,6-7), dice san Paolo. Perché simile? Non, come sosterrebbe l’eresia docetista, per la quale l’umanità di Gesù non è altro che parvenza. Una sorta di inganno degli occhi. Simile perché, comunque, non del tutto uguale. Perché l’umanità di Cristo non è intaccata dalla caduta di Adamo: ha condiviso tutto, eccetto il peccato, per mostrare ad ogni uomo cosa significhi essere “a immagine e somiglianza di Dio”. In Gesù Cristo ci è mostrato il volto del Padre, reclamato a gran voce da Filippo[2], ma anche – al contempo – la glorificazione della nostra carne e la pienezza della natura umana (com’è, non intaccata dal peccato).

La circoncisione e la legge

La circoncisione dei figli maschi rappresenta un segno distintivo, di riconoscimento. Come il sangue d’agnello, sugli stipiti delle porte, ai tempi delle piaghe d’Egitto[3]. Nonostante sia presente in altre culture per i più diversi motivi, nel popolo d’Israele era il segno dell’alleanza con Dio. Era un “ti appartengo”, detto con il corpo. Essere “di Dio” significa attestare la sua protezione. Perché l’essere umano ha bisogno di rendere tangibili, le proprie promesse. Ecco perché, anche se dice di non credere più all’amore eterno, vuole scambiare un anello con chi ama, oppure incidere il suo nome nella carne. L’uomo, senza memoria, si perde nel corso degli eventi, come un guscio di noce in balìa dei marosi. Fare memoria di essere benedetti serve a rendere presenti, nel quotidiano, quei sentimenti che ha scelto di vivere.

La Madre del Figlio

L’anno inizia nel segno di Cristo. Ma non del tutto. Il silenzio contemplativo di Maria pare avvolgere l’intero brano evangelico, facendo da cornice all’episodio. Arrivano i pastori, si sentono grandi cose di questo figlio. È un mistero da custodire, perché la fragilità della parola è eccessiva, di fronte all’eccedenza di questa Parola che è diventata tangibile, carne rosea e profumata di bambino; eppure, non per questo, ha perso nulla di sé. Qui risiede il mistero più grande di tutti: il Dio–Bambino, diventato tangibile, sperimentabile, attingibile, non per questo ha perso il proprio spessore, oppure è diventato scontato e banale.

Lo stupore della vita

Dio oltrepassa le logiche umane, per cui «tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori» (Lc 2, 18). Lo stupore è un tratto distintivo dell’opera lucana[4].  Si dice che la vita è ciò che accade, mentre sei intento a pianificarla. Di fronte a questo: o sbottare risentiti perché l’intero universo non rispetta i nostri piani, oppure andare ‘alla scuola di Maria’, lasciando sedimentare le parole-evento che costellano anche le nostre vite. Nel silenzio, nella preghiera, nel saper accogliere che  i pensieri di Dio non sono i nostri[5] e nemmeno i suoi tempi sono i nostri. Solo se ci disponiamo al silenzio che ci fa scendere in profondità, possiamo cogliere le sfumature della nostra vita, per imparare a ri-calcolare il percorso, facendo fronte alle tante occasioni di stupore, che la vita ci offre.


EPISTOLA Fil 2, 5-11
Lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi

Fratelli, abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre.

VANGELO Lc 2, 18-21
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca In quel tempo.
Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro. Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.

Rif. Solennità della Circoncisione del Signore

Fonte immagine: Pexels


[1] Es 34, 29-35
[2] «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi dire: Mostraci il Padre? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me; ma il Padre che è con me compie le sue opere.  Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me; se non altro, credetelo per le opere stesse. (Gv 14, 8-11)
[3] Es 12, 7-23
[4] Compare 13 volte nel Vangelo e 9, invece, negli Atti, cfr.  Lettura pastorale del Vangelo di Luca, Radermakers -Bossuyt, p. 184, nota 89
[5] Is 55, 8

2 risposte

  1. Bellissima riflessione. Il nostro cuore si apra all’amore del Signore. Basta guerra!!! Basta. Grazie Maddalena. E una buona giornata a tutti voi. 🙏💓🙏

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