La chiamerei "sindrome
Lisomucil". Quel medicinale m’è rimasto come emblema di un qualcosa che ti
costringono ad ingoiare contro voglia. Ingoiare: non gustare, centellinare,
assaporare. No, ingoiare! Cioè: "apri la bocca e taci". Sindrome diffusa pure
oggi questa che mi molestava da bambino. Sembra che le istituzioni per sopravvivere
debbano sottoscrivere questa ricetta dagli effetti collaterali deleteri. Questi
mesi – vissuti confondendo volutamente il Triduo Pasquale con il triduo
elettorale (senz’accorgerci che Uno toglie la croce, l’altro l’appesantisce) –
sembrano firmare una certezza: parlar di fede e di politica è impresa alquanto
ostica. E forse annoiante. Ma siccome ammetterlo non ci onora, allora
applichiamo la terapia appresa quando la mamma s’affacciava con quel bel
cucchiaione di Lisomucil: ci porgeva la caramellina, ci solleticava sotto la
gola e, appena scorgeva un millimetro tra le sponde dei nostri dentini, con un
guizzo felino di puntuale perfezione, c’infilava in bocca una cucchiaiata di
medicinale. Che, seppur addolcito, manteneva sempre un che di vomitevole. Mi
fosse stato somministrato con più delicatezza, forse oggi nelle farmacie non
proverei disgusto alla sola vista di esso! Immagine attuale di un disgusto
generale diffuso. Addolcito dall’ironia usata per parlare ad un popolo che non
ne vuole più sapere di nulla, che è stanco e logorato da parole svuotate, che
s’interroga sulla sua dignità. Il cristianesimo c’aveva tramandato una
soluzione accattivante per legare la
Parola alla terra. In due tempi: cosa offre di bello la Parola di Dio all’uomo e
cosa offre di bello la vita dell’uomo alla Parola di Dio per prendere forma?
Una dinamica elegante che scende dal cielo per incontrare la terra e farla
salire verso le altezze. Altro che una Lisomucil-terapia. Il popolo italico,
grembo di geniali capolavori e geniali cavolate, è forse rimasto uno dei pochi
esemplari di rassegnato assopimento: non c’accorgiamo più che ogni spot,
elettorale o sociale, rappresenta un’elegante presa in giro. Un cucchiaio di
Lisomucil addolcito da un cubetto di Zucchero Eridania. O dal fondoschiena di
Milly d’Abbraccio.
E’ il problema del bambino
che in terza elementare s’appisola durante le lezioni. "Dovrebbe metterci più
buona volontà" – afferma la maestrina. Non sapendo che la volontà è discendente
diretta dell’interesse. E che l’interesse spunta nel giardino dell’emozione.
Vedendoci votare, forse
gli scrutatori ci diranno: "Perché è svogliato?".
Non c’è una domanda di
riserva, per favore?