Radici e adultità

Prof, ma lei ci sarà di nuovo a settembre?”
“Sì”.

Per la prima volta, dopo più di 15 anni di peregrinazioni all’interno di varie scuole patavine di ogni ordine e grado, posso dare questa risposta. E non so se questa affermazione crei sollievo o frustrazione nei miei alunni. Mi auguro la prima. In me è stato necessario farci i conti per tutto l’anno per sentire quale sensazione mi suscitasse.

Vita precaria

Non nascondo che essere alla fine dell’anno di prova, dopo tutto il percorso ad ostacoli fatto, come molti, mi suscita sentimenti contrastanti. Da una parte una gioia indicibile che aspetta di esplodere quando sarà veramente ufficiale, spero tra una manciata di settimane, dall’altra, una nuova sensazione di stabilità. Durante l’arco di quest’anno ho dovuto iniziare a prendere confidenza con questi nuovi pensieri e sentimenti. La vita del precario ha sicuramente molti svantaggi: l’incertezza della chiamata, poi quella della destinazione, del clima tra colleghi, delle classi, e quando, dopo Natale circa, cominci ad ambientarti, a mettere un po’ di radici, è già tempo di rifare le valige, del proprio cassetto in aula docenti e del cuore. E a settembre ricomincia tutto da capo. Il vantaggio è che se con qualche collega non ti sei trovato in sintonia, con qualche classe pure, oppure se la scuola era distante da casa o se, come me, ti fa paura la monotonia e la ripetitività nel lavoro, cambiare é uno stimolo a reinventarsi, a rilanciarsi e a tessere nuove relazioni.

Il primo sì, dell’ultima settimana

Rispondere in modo affermativo alla classica domanda dell’ultima settimana di scuola in cui ogni gruppo classe fa la conta di chi resta e di chi li abbandonerà, mi ha messo i brividi. Loro hanno già calcolato quale pezzo di cuore devono lasciare andare e quale, invece, può rimanere ancorato a un adulto che resta. Per la prima volta resto anch’io. Per la prima volta non devo svuotare un cassetto, interrompere progetti iniziati, ma posso già sognare quale passo in avanti compiere con loro da settembre. È una sensazione nuova, strana. Non mi sento più come un pellegrino di passaggio, con la valigia in mano ai bordi di una ferrovia in attesa del prossimo treno, che esce da scuola, proprio come loro, ma come un adulto che resta in casa, che accompagna sulla soglia i propri figli, che li vede allontanarsi per andare a scoprire il mondo e che li attende quando sarà tempo di tornare. Ora sono io quella che resta ferma e loro quelli che vanno e vengono. Rispondere “Sì, ci sarò”, è stato come consegnare una certezza, una presenza che, per quanto sgangherata, farà di tutto per esserci; è stato come assumersi la responsabilità di attenderli, ma anche di usare bene questo tempo per preparami ad accoglierli in modo nuovo, pensato, progettato.

”, è una risposta che profuma di radici, di casa, di adultità e di libertà.


Fonte immagine: Pexels

2 risposte

  1. Mammamia Laura. L’insegnamento lo considero uno tra le missioni più difficili da portare avanti. Quindi felice per te che continuerai con loro e auguri a tutti voi, in ogni luogo e incarico, di essere al meglio. Un abbraccio grandissimo. 💗❣️

  2. In bocca al lupo Laura, ti auguro di trovare dei ragazzi curiosi che hanno voglia di sapere magari qualcuno un po’ turbolento però se interessato da tante soddisfazioni … Buona estate ☀️ goditi le meritate vacanze !!!

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