Come un animale in letargo. La sera con il tacco-dodici, la mattina con le serrande degli occhi abbassate: «Bisogna offrire al popolo delle feste rumorose – scrive Honorè de Balzac -: gli sciocchi amano il rumore e la massa è costituita da sciocchi». Il vero segreto per partecipare ad una festa e non correre il rischio d’apparire sciocco è fiutare il momento giusto di andarsene. Stamattina, all’alba, la città era in letargo: la galera, invece, era tutta in piedi. Quando sono scesi per la messa, il clima era d’una struggente letizia. A lui, giacca e cravatta, spetta la proclamazione della seconda lettura. È di Paolo, uno di quelli-giusti, che il Male l’aveva sposato dopo aver leccato le bave della sua attrazione. Dunque è uno di quelli capaci di parlare all’animo peccatore: «Fratelli, quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio (…) per riscattare quelli che erano sotto la legge». “Riscattare” è verbo di sequestro: movente di un sequestro è un riscatto da guadagnare. Lui che sta leggendo le parole che Paolo scrive ai Galati è uno di quelli: del Sud, dei sequestri, dei riscatti, dei ricatti. Uno che col male ha fatto un’ascesa velocissima: la faccia è d’angelo, quasi bambina. Ma la notizia è una bomba: “Eravamo tutti sotto sequestro – dice Paolo -, ma eravamo così imbecilli che non ce ne accorgevamo. Il coccodrillo del Male ci aveva inghiottiti tutti”. Paolo ha scritto queste parole secoli fa, il galeotto le sta leggendo ora: anche lui, anni fa, ha sequestrato. Dunque, senz’accorgersene, sta rileggendo una storia che conosce: la sua. La mia: quella di chi, perduto l’aggancio con il bene, è rimasto orfano di patria. Senza casa, senza più identità, senza un affetto.
Come nelle terre d’Aspromonte, le terre del galeotto-lettore, il covo dove la malavita teneva sequestrati venne scoperto dalla polizia, così è capitato a Natale: Dio ci ha riscattato «perché ricevessimo l’adozione a figli». “Adozione” pure è termine di riscatto: adottare è riscattare dalla solitudine, aprire la porta di casa a chi non era di casa, rispondere con l’affetto alla malattia della noncuranza Dunque – è geniale Paolo – Dio ha pagato in natura il riscatto: «Mandò il suo Figlio». Niente soldi: l’uomo è di un valore inestimabile, non esiste somma di soldi che valga il fasto della mia storia. Per Dio, io “costo-Gesù”. E Lui paga col Figlio. Il lettore, senz’accorgersene, giunto alla fine del capoverso, dice: “Scusate”. Ricomincia a leggere daccapo, ma aveva letto tutto giusto: forse non gli tornavano i conti con i suoi vecchi sequestri. Guardarlo mentre leggeva, è stato uno spettacolo unico: le parole di Paolo, interpretate dalla voce di un galeotto. Una lettura brevissima, ma è bastata per una giravolta mattutina di pensieri. Per una conclusione che è incredibile solo a sentirsi: «Quindi non sei più schiavo, ma figlio e, se figlio, sei anche erede per grazia di Dio». Ci mancava questa per rovinare la sbornia della mezzanotte: il disgraziato è stato graziato, il Padre se l’è adottato come un figlio e gli altri figli, piaccia o non piaccia, quando morirà il padre dovranno spartire l’eredità anche con Lui. Che, dopo la liberazione dal sequestro, ha iniziato a chiamarlo «Abbà! Padre», Padre nostro (cfr Gal 4,4-7). “Capisco la vostra delusione – Paolo è di una strafottenza spirituale impareggiabile – ma io, quando mi sono accorto di essere sequestrato, mi sono incazzato nero col Male. E mi sono accorto della bontà: era venuta a liberare proprio me. Ve lo dico io: il Male è una schiavitù, al diavolo il Diavolo!” Paolo, quando parla di Dio raccontando di sé, è un cecchino.
Dopo l’Amen di fine-messa, il lettore mi viene incontro per augurarmi una annata buona. La sua conclusione, però, è una laurea honoris causa al Bene, a Iddio ch’è capace di liberazioni-lampo: “Funzionano proprio così, sai, i sequestri di persona” mi avalla. Aggiunge: “È stato strano leggere la lettura. Mi pareva di leggere la mia storia. Ricordi quando ti dissi che ho fatto un’ascesa velocissima col male? Tieniti: ne sto facendo una velocissima col bene”. La città si sveglierà arrabbiata. Nel frattempo, noi abbiamo firmato il contratto: «Rendiamo grazie a Dio!» Non potevamo sognarci augurio più bello: il covo è stato smascherato, lo schiavo è stato liberato. Costo dell’operazione? Il figlio-unico di Dio. “E’ stupido un Dio così” bofonchia l’altro, l’imbecille di Lucifero. “Stupido sei tu. Per me è valsa assolutamente la pena” ride a fior di labbra Dio. #Buona annata!