angelus
Ho un debole verso quelle persone che sanno chiedere scusa. Ancora di più verso quelle persone, che dopo aver chiesto scusa, sanno ritrovare la forza di un sorriso senza serbare nessun tipo rancore. Gente capace di sorridere alla propria imperfezione usando misericordia: «Tante volte perdiamo la pazienza – ha detto papa Francesco nell’Angelus del 1 gennaio 2019 -; anch’io, e vi chiedo scusa per il cattivo esempio di ieri». Probabilmente fa riferimento alla reazione verso una persona che il giorno prima, in piazza San Pietro, l’aveva strattonato. La notizia ha fatto il giro del mondo in un battibaleno, eppure è così semplice da raccontarsi d’apparire ininfluente: non puoi pensare di strattonare ripetutamente un uomo di ottant’anni senza calcolare di farlo cadere. Questa la notizia che ha fatto sobbalzare! Ce n’è un’altra, però, molto più umana d’apparire vicinissima a noi: il Papa è un uomo che, come tale, ogni tanto perde la pazienza. Ci sta: per questo, anche nel vocabolario, esiste la parolina “scusa”. Scusarsi non significa sempre che tu hai sbagliato e l’altro ha ragione: significa, semplicemente, che tu ci tieni di più a quella relazione che al tuo maledetto orgoglio. Scandalizza che il Papa debba fare i conti con il proprio orgoglio? A me, più che scandalizzare, mi rasserena come poche altre cose al mondo: sapere che anche Papa Francesco deve fare i conti con l’impetuosità di un carattere, l’impulsività dei riflessi, la veemenza di un pensiero me lo fa sentire così uomo da credere ancora di più al fatto che Dio è entrato dentro una storia umana per farla diventare sempre più divina. Il Dio-Bambino non è nato uomo, «si è fatto carne» (Gv 1,14), si è fatto uomo come  noi. Uomini, poi, lo si diventa al prezzo d’innumerevoli sbagli, di enormi sbavature, d’inenarrabili imperfezioni. Di tantissimi scusa! Non scuse.
Da ieri, dunque, nella carta d’identità del Papa accusato da anni di essere così umano d’apparire eretico – «Dio si è fatto uomo», ndr – è da aggiungere un altro segno particolare, uno dei più belli: “Se sbaglia sa chiedere scusa”. Perchè è da tempo che la storia tramanda uno dei segreti che ha fatto di gente imperfetta una splendida carovana di santi: “Se non sai chiedere scusa non conosci il coraggio vero”. Che una notizia del genere faccia il giro del mondo a Capodanno è il migliore Buon anno! che ci potesse essere: ancora una volta Satana ha pisciato fuori dal vaso! C’è un estremo bisogno di pensieri semplici, fatti di poche parole: “grazie, ho sbagliato, ti voglio bene, scusa, mi manchi, arrivo”. Capita così: che le persone serie sanno chiedere scusa mentre i pagliacci trovano sempre delle scuse. Chiedere scusa è educazione: su questo nessuno ha nulla da dire. Saperlo fare, però, è un’arte che appartiene a pochi. Che, piaccia-non-piaccia, è un’arte che appartiene a questo Papa. L’uomo, poi, che ha chiesto scusa dal balcone più visto del mondo, è a capo di un’istituzione. Il che, bando alle ciance, lo rende ancora più gigante di quello che è: «Un’istituzione non chiede scusa – scriveva M. Enwall – Cambia argomento, l’ordine del giorno e alla fine anche il personale». Oppure, a rischio derisione, sa fare mea-culpa dei suoi passi falsi. Tantissime altre volte il Papa non ha chiesto scusa per delle cose che tanti volevano si scusasse: sa bene, l’uomo di Dio, che è divino chiedere scusa solo se non è una scusa. Non chiede scusa per piacere a tanti, per aver rimesso la legge al servizio dell’uomo, a discolpa del fatto d’aver posto Cristo così vicino all’uomo da rischiare d’essere strattonato dall’uomo. A me, un papato così, convince molto più che un papato da museo, trincerato dietro una distanza poco evangelica. I potenti – oggi per esserlo basta una tastiera – l’hanno messo al muro: meglio zittire sul nascere, magari deridendolo, un gesto d’altissima umanità che potrebbe ritorcersi contro. O usare migliaia di fantasie mentali per collegare tra loro chissà quali diavolerie e inventarsi chissà quali premeditazioni dietro quel gesto. Di fantasia si soffoca.
Ci sono moltissimi modi per chiedere scusa, in certi casi vanno usati tutti. Quando sembrano non bastare, poi, qualcuno piuttosto che nascondersi dentro casa si affaccia al balcone e chiede scusa. Senza cercare scuse.

Buon 2020!
Per imparare a chiedere “scusa”.
don Marco Pozza

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