E’ la storia più cruda di tutte le storie il Natale di Gesù. La cosa buffa è che noi uomini, per non soffrirla, le abbiamo cucito addosso una patina d’ingiustificata poesia, che ha finito per tradirne le origini. Perchè un Dio costretto a nascere all’addiaccio, senza il minimo spazio a disposizione, obbligato tra il fiatone delle bestie e l’affanno di madre e padre in panne, con l’unica consolazione del vuoto tutt’attorno, ci vuole fegato per trasformarlo nella fiaba del Natale. Il fatto, poi, che alla nascita d’un bimbo il mondo non sia mai pronto, rende ancora più meritevole l’azzardo divino: accettare la sfida di partire da una posizione di rincalzo per fare la scalata del mondo. Venne al mondo così Iddio, con una sorte di Golgota che già si delineava in filigrana nella grotta di Betlemme. C’è un’intimissima tristezza nel Natale cristiano: così intima e feroce che, per non patirla, abbiamo deciso di profumarla della poesia della nudità, col suono della cornamusa, una sorte di teologia della dimenticanza. La poesia come trucco per non patire la brutalità della nostra storia madre.
La sua nascita l’abbiamo raccontata in tutti i modi: nascita al freddo-e-gelo, nascita senza trapunta, nascita nel menefreghismo. Nascita crocifissa, nascita del Dio-clochard, nascita degli alberghi tutti-pieni. Mancava, nell’ipotetica lista delle varie ed eventuali, la nascita prematura del Cristo-bambino. Ciò che non è mai accaduto in oltre duemila anni di ritorni natalizi, potrebbe accadere quest’anno: “Adesso vedrai che fanno nascere Gesù due ore prima, a causa del coprifuoco per il Covid” sta sospettando la gente. “Non c’è rispetto neanche per il Cristo!” ribattono altri. La cosa, se non fosse che è tutta vera, farebbe sorridere al solo pensiero che ci sia qualcuno che la pensi per davvero. “La messa di mezzanotte non si tocca!”: in tantissimi sono già sul piede di guerra, pronti a scendere in piazza per protestare. Verissimo: la nascita è un mistero, le parole non sono sufficienti per raccontarlo. Eppure non c’è scritto in nessun papiro che Gesù Cristo sia nato a mezzanotte. L’importante, suggerisce la splendida tradizione millenaria della chiesa (ch’è cosa diversa dal tradizionalismo, ndr), è che si celebri quando è calato il buio della notte: è la Messa della notte quella della liturgia, non la Messa di mezzanotte. Cristo è la luce che splende nelle tenebre: «Mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose, e la notte era a metà del suo rapido corso, la tua parola onnipotente dal cielo, dal tuo trono regale, guerriero implacabile, si lanciò in mezzo a quella terra di sterminio, portando, come spada affilata, il tuo decreto irrevocabile» (Sap 18,14-15). Dunque è la vittoria sull’oscurità, non sull’orario, il ricordo di una luce non di una lancetta. Che si celebri a mezzanotte, alle venti o alle ventuno e trenta non cambia assolutamente nulla del Mistero più misterioso della storia: la cosa cruciale è che Cristo (ri)nasca. Poi, come lo è di tutti i bambini, la sua vera gravidanza sarà la vita, che Gli porterà, che lo porterà, ad una seconda nascita: quella nel cuore degli uomini, ch’è quella che Gli interessa di più. Quella per la quale è venuto al mondo dalla porta per la quale ci entrano tutti i bambini.
Nessuno, figuriamoci la politica, potrà mai vantare il diritto di ritoccare il Mistero del Natale: credere che Cristo nasca, non tanto che sia nato all’ora di mezzanotte. Ci sono luoghi – il carcere è uno di questi, non certamente l’unico – dove la messa della notte la celebreremo alle diciotto, magari anche prima, forse un pochino dopo. Per questo anticipo dovremmo, forse, pensare che Cristo nasca prematuro? Ogni comunità cristiana, nel tempo, ha modellato l’orario in base alla regola del buon-senso, delle necessità. Nascere è ricevere l’universo in regalo: il fatto importante, dunque, è nascere, non l’ora in cui si nasce. Accade così nel giorno del nostro compleanno: io, per esempio, sono nato alle 00.27 del 21 dicembre. Ogni anno, però, inizio a festeggiarlo allo scoccare della mezzanotte: non per questo penso d’essere nato prematuro di ventisette minuti. È vero: io non sono Gesù. Gesù, però, nascendo ha voluto assomigliarci: sono affari suoi l’aver voluto nascere come nascono tutti i bambini. Il fatto di celebrare la messa “prematura” quest’anno, dunque, penso non deconcentri minimamente il Dio Bambino che, fra poco, morirà in croce per amore. È buffo che tanti cristiani si preoccupino di una nascita-prematura (ch’è sempre una nascita, comunque) e non di una morte e di una crocifissione ingiusta. E’ mistero (semiserio) della fede.
(da Il Sussidiario, 2 dicembre 2020)