obesoUn taglierino e due chili di troppo. E va in scena l’ennesima puntata di una storia che, stancando, impensierisce e turba non solo la vita di chi ne è vittima ma anche i pensieri di chi, in questo mondo, sognerebbe un pizzico di civile convivenza in più. Un atto di bullismo, una bravata di poco conto, una moda che prende sempre più piede tra gli adolescenti di oggi. Taglierini, ricatti e minacce sembrano un inno moderno con cui mostrare al mondo che ci sono anche loro, che nel mondo la musica la suonano i più forti, che nella vita è la violenza a spianare le strade. Ieri la colpa era un presunto spionaggio alla polizia, l’altro ieri una sigaretta non data o uno sguardo di troppo a ragazze già impegnate: oggi sono due chili di troppo appiccicati sul fisico di un dodicenne ad accendere pensieri violenti. Più che le conseguenze – che s’auspica rimangano nell’immaginario – è il movente a intristire e incuriosire: l’essere sovrappeso. Un fatto naturale a quell’età, un segno fisico di passaggio, un fattore evolutivo. Ma nella società dei “belli e impossibili” essere sovrappeso è essere disadattati, non essere trendy. E’ la legge della pubblicità dove, quasi mai, si vede raccontata una vita senza eccessi o imperfezioni (salvo le rarissime pubblicità progresso): il ragazzo palestrato o la ragazza stile “femme fatal” sono gli ideali che abitano il tubo catodico. Con una sottile astuzia: i pubblicitari sanno che oggi essere così è “fashion” e che tutto ciò è gradito agli occhi dei ragazzi consumatori. Che, complice una coscienza ancora in fase di strutturazione, non sanno più distinguere la differenza tra la vita raccontata nel tubo catodico (e costruita a computer) e quella che si consuma per le vie del quartiere.
Gli adepti della “scorpion gang” saranno anche stranieri di seconda generazione. Ma hanno imparato subito che qui c’è posto solo per i giovani, gli snelli, i sani e gli intelligenti. Che per i brutti e le brutte c’è sempre la possibilità di una chirurgia estetica. E che i ciccioni è meglio se rimangono tra le mura domestiche o a massacrarsi nelle palestre, magari in orari poco frequentati. Questa è la filosofia che hanno adottato: e ne hanno segnato i confini nel quartiere con il loro marchio. Come dire: “qui dentro vige questa legge”, poco dissimile dall’agire di un branco nel mezzo di una foresta. E, nel mezzo di una minaccia, non trova altra soluzione che spaccare la faccia a chi disobbedisce. Chissà mai se qualcuno avrà insegnato loro a guardare il volto – invece che romperlo – di un coetaneo, a cercare tra le pieghe di uno sguardo una giovinezza interessante al di là del fisico, a scambiare una confidenza, due parole, una bibita fresca dopo una partitella sul campetto parrocchiale. O forse saranno stati anche loro vittime a loro volta di minacce, di provocazioni, di insulti. Qualunque sia la causa, rimane la triste constatazione che tanta gioventù e a corto di fantasia. E se davanti ad un poliziotto non mostreranno cenni di vergogna, forse intuiremo cosa significa non avere più un sogno nella vita. Perchè prova vergogna solo chi sente d’essersi allontanato da un ideale che chiedeva altre mosse per essere conquistato.
Ad una gang che s’allena alle intimidazioni, risponde Federica Pellegrini, quasi loro coetanea. Che alla loro età già s’abituava ai silenzi sott’acqua, ad inseguire un sogno, a costruire un record. Che l’altro giorno è nato.
Ci sono imprese che fanno vergognare. Altre che fanno sognare. A firmarle sono sempre loro: giovani vite in bilico tra la polvere e l’altare.

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