ROMA – Oggi alla Pontificia Università Gregoriana di Roma ho discusso la mia Tesi di Dottorato dal titolo Ancilla Fidei et Revelationis. Recupero e pertinenza dell’immaginazione in teologia. E’ la conclusione di un percorso di ricerca e di riflessione teologica iniziato nell’autunno del 2007, dopo aver conseguito il Bacellierato in Teologia alla Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale nell’estate del 2003 (“Veramente tu sei un Dio misterioso”. La meghillot di Ester come prefigurazione di Maria, relatore Lieto dott. Massignani) e la Licenza in Teologia Fondamentale alla Gregoriana nell’estate del 2009 (Come barche ormeggiate. Immaginazione ferita e dis-affezione giovanile, relatore Michael Paul Gallagher sj).
Un grazie speciale a chi mi ha dato la possibilità di investire del tempo per strutturare un pensiero e organizzare la speranza nella mia storia di uomo. Tra tutti, un grazie doveroso a Michael Paul Gallagher sj che mi ha seguito in questi anni di riflessione teologica, iniziandomi allo stupore di una ricerca capace di freschezza nel ritrarre le sembianze del cristianesimo nella contemporaneità e a padre Antonio Spadaro sj il quale, forse inconsapevolmente, mi ha fatto dono della sua passione per la letteratura come “terra promessa” da abitare nel tentativo di preparare la trama di un dire Dio più vicino alle grandi domande dell’uomo di oggi. Sullo sfondo gli amici del Movimento Tra Noi di Roma che, oltre all’ospitalità, mi hanno fatto dono della loro sincera e squisita amicizia. Infine, a quel pugno di affetti che in questi giorni mi ha fatto compagnia nel mio ultimo viaggio da studente verso la Capitale. Sono volti che rimarranno impressi nel mio cuore come tracce di un’amicizia costruitasi nel tempo.
Eppoi la dedica del mio lavoro. Non lo potevo immaginare quand’ero bambino; me ne sono accorto crescendo:
«Non sono sorpreso, ma resto comunque scandalizzato, nel vedere i discorsi ufficiali assai più occupati dei funzionari dell’istituzione, dello statuto dei preti, o del mantenimento dei principi tradizionali, decorazione fittizia distaccata dall’esperienza credente e oggetto di una gestione burocratica, piuttosto che dalla questione di Dio e dai suoi percorsi segreti nell’esistenza».
(M. de Certeau, Il cristianesimo in frantumi)Ai miei due casati di famiglia,
i Pozza e i Cappozzo
la cui storia quotidiana
da sempre mi è cantrice e maestra
di Dio e dei suoi segreti percorsi.
A tutti coloro che mi vogliono bene. A chi ha provato a volermi bene. A chi non ha nessuna voglia di volermi bene.
Grazie di cuore.
don Marco Pozza
PUG-Roma, mercoledì 11 dicembre 2013, (ore 16-17.30)
Presentazione della Tesi di Dottorato (rel. Michael Paul Gallagher sj)
Ancilla Fidei et Revelationis.
Recupero e pertinenza dell’immaginazione in teologia
«Del resto anche a me quasi sempre i discorsi che faccio non piacciono dal momento che è mio ardente desiderio farne altri migliori: e molte volte li gusto interiormente prima di cominciare a svilupparli con il suono delle parole; se poi mi riescono inferiori di quelli che avevo concepito dentro di me, mi rattristo perchè la lingua non è in grado di corrispondere al mio sentire profondo. Vorrei infatti che chi mi ascolta vedesse con la mente ciò che io vedo; invece mi accorgo di non esprimermi in modo da riuscire nell’intento, sopratutto perchè la visione pervade l’animo, per così dire, con la rapidità di un baleno, mentre l’espressione è tarda, prolissa e molto diversa; mentre questa si sviluppa, quella già si è ritirata nei suoi recessi»
(Agostino, De catechizandis rudibus)
Tutto ebbe inizio con una scritta scarabocchiata su un ponte di Roma: “immaginare è toccare il futuro come fosse un ricordo”. In una sola frase erano nascosti il presente, il passato e il futuro. Ne nacque una domanda: potrebbe l’immaginazione – ovvero la possibilità e la volontà di dirigere se stessi – svolgere anche un ruolo chiave (di ancella, per l’appunto) nei confronti dell’invito di Dio (la Rivelazione) e della risposta dell’uomo (la Fede)? E ancor prima una domanda previa: “chi sta immaginando la vita al posto tuo?” Consapevoli che «un impoverimento dell’immaginazione significa anche un impoverimento della vita religiosa» (F. O’Connor). Il tutto nell’ottica della Teologia Fondamentale, intesa come ermeneutica umana alla luce della parola, una quasi “teologia della conversione”. Per fare dell’immaginazione una forma di carità al servizio della conoscenza.
1. Nella prima parte abbiamo cercato di ritrarre il volto e i lineamenti dell’immaginazione a partire dalla Scrittura, una gigantesca opera di immaginare la verità. L’esperienza della Creazione e quella profetica – nella quale s’inserirà Gesù di Nazareth – rappresentano l’urgenza di risvegliare la percezione di Dio, assopita dal potere regnante, facendo leva su categorie che sfidino la razionalità, quali la narrativa e la simbolica, l’affettività e l’estetica, l’arte e la poesia. Un’avventura percepita come urgente anche nel contesto odierno, laddove il post-cristianesimo sta segnalando da tempo l’insufficienza della verità intellettuale e della bontà moralistica di Dio. Urge una veritatis splendor che osi rilanciare una fede le cui dinamiche non siano solo sinonimo di sapere ma anche di sapienza e di sapore.
2. L’oggetto della nostra tesi non è dunque il concetto di Dio o dei dogmi (che pure riteniamo indispensabili) quanto lo stile – i preambula fidei – col quale l’uomo s’atteggia a Dio. Il pensiero di John Henry Newman, Karl Rahner, Bernard Lonergan, Hans Urs von Balthasar e Paul Ricoeur converge sull’esigenza di ripartire dal dramma interiore della persona per fare esperienza della sorpresa di Dio. E’ la definitiva saldatura della verità cristiana con gli affetti umani: la via veritatis e la via pulchritudinis s’incrociano nella via amoris. Dopo un tempo di risoluto distacco e di timoroso imbarazzo, la teologia torna dunque a ripensare il mistero della bellezza, ripercorrendo, sentieri interrotti e abbandonati, i luoghi originari della sapienza cristiana. Le riserve escatologiche degli inizi che permettano di riscoprire il lato bello di Dio e della sua Rivelazione.
3. La teologia parla di Dio, la letteratura parla dell’uomo: sono i due fuochi di un’ellisse chiamata Rivelazione. L’esperienza della lettura, dunque, come possibilità di risveglio dell’immaginazione e di apertura sul mondo. Una possibilità che non chiede di battezzare gli autori ma di incontrare e lasciarsi incontrare dalla «vera presenza» di un testo e dare poi risposta alla domanda per eccellenza: «cosa senti (…) nel nostro incontro» (G. Steiner, Vere presenze). Cittadella – opera postuma dello scrittore francese Antoine de Saint-Exupéry – è stata per noi un guadagno nel percorso: l’affettivo ha più presa del razionale, la percezione anticipa la deduzione, l’immaginabile sorpassa il dimostrabile. La conoscenza ha uno spessore affettivo. Dall’incontro/scontro con lo scrittore francese e la tradizione teologica poc’anzi accennata, è rimasta una domanda come risposta: perchè continuare a negare alla bellezza il suo valore conoscitivo?
4. Di Dio si parla spesso al tempo passato. Eppure la sua incidenza è nel presente per una possibilità di futuro. Un’esperienza di incontro che lambisce gli affetti/sensi fin quasi a convertirli, che condivide la grammatica dell’amicizia e predilige la zona della periferia come punto d’aggancio e di slancio. Che, in ultima, permette la risposta alla domanda che si poneva Agostino d’Ippona: “il bello è bello perchè piace, o piace perchè è bello?” In vista di una sorpresa: in un secolo di ombre com’è stato il Novecento, la bellezza è tornata di casa nel gesto teologico. Nei sensi e negli affetti s’invera la creazione stessa di Dio: «Dio ti cerca e ti trova sempre – come scrive Pierangelo Sequeri -. Non te lo perdere altrimenti sei perso. E’ questa la prospettiva». La prospettiva anche del nostro percorso: lasciarsi sorprendere per poter essere veri.
Il cristianesimo, dunque, come attesa attiva.