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Il Black-Friday, il venerdì-nero dello shopping sfrenato, sembra essere uno dei giorni più attesi dell’anno, certamente della stagione prossima alla festa del Natale. E’ l’appuntamento nel quale la bellezza – che è qualità, maestria, eleganza, finezza – sembra disposta a darsi, al consumatore di passaggio, ad un prezzo ribassato, meno proibitivo di com’è solitamente. La maggioranza, tra la gente, sembra apprezzare l’occasione. Altri, invece, nutrono sospetti: “Non è che prima d’abbassarli li abbiano rialzati in modo da non perderci, alla fine, nulla?” Il timore di scoprire d’essere stati abbindolati – con quell’eleganza alla quale il popolo italico è abituato a convivere – è sempre alla porta, in perenne agguato: «La generale idiozia dell’umanità è tale che si possono muovere gli uomini a furia di parole» (W. Maughan). Anche nella truffa, comunque, c’è sempre una possibile via d’uscita: meglio scoprire d’essere stati tratti in inganno sul prezzo che sulla qualità della merce. Qualcuno, tra i negozianti, non ne vuole sapere di questo venerdì malefico: anche stavolta ha affisso il cartello “No-Black-Friday” fuori dal suo esercizio. Che è come dire al viaggiatore: “Sulla bellezza noi non siamo disposti a trattare. Passate pure oltre”. Adoro questi commercianti: quella loro certezza d’avere tra le mani la bellezza, quella qualità estetica non disposta ad alcuna trattativa, mi fa percepire la bellezza-maiuscola.
Quest’anno, più o meno alla stessa ora nella quale s’inaugurava il Black-Friday, è iniziato il tempo dell’Avvento. I più, com’è ovvio, manco se ne saranno accorti: «E’ proprio del mistero di Dio agire in modo sommesso. Solo pian piano Egli costruisce nella grande storia dell’umanità la sua storia» – rievoca l’emerito Benedetto XVI nel suo Gesù di Nazareth. Il tempo dei saldi è un complemento di tempo-determinato: “Qui, adesso. Non farti scappare l’occasione”. Siccome è un’attesa breve, il complemento diventa subito un complimento: “Bravissima, amica. Hai fatto un affare trovare un vestito a quel prezzo”. Il tempo d’avvento, invece, è un complemento di tempo-continuato, sono verbi declinati al tempo futuro, investimenti a lunga durata: «Nella notte, o Dio, noi veglieremo, con le lampade, vestiti a festa. Presto arriverai: sarà giorno» canta il popolo cristiano, dentro le chiese, in questo tempo. Quattro settimane per mettere il cuore nella condizione migliore di non distrarsi, di non farsi abbindolare dai saldi-della-felicità. Per non fallire la salvezza, la faccenda che ancor oggi pare la più seria: “Dio ti cerca, Dio ti trova. Non te lo perdere, altrimenti sei perduto”. E’ il vero complimento – “Sarete beati!” -: quello che, quando ti giunge addosso, da solo sazia il cuore. La bellezza di un’attesa sta sempre nel motivo per cui si attende.
C’è gente alla quale una notte di saldi basta per sentir battere il cuore. C’è anche gente che, per gustarsi la vita, avverte il bisogno dell’attesa: quella che è preparazione, forse anche rinuncia, dilatazione del cuore. Perché attendere è come svuotare un recipiente usato fino a poco fa: siccome un amico ti ha detto che ti vuol fare dono del vino novello, più il tuo recipiente sarà vuoto più vino conterrà. Attendere, dunque, è svuotarsi dell’inutile per farsi trovare capaci di accogliere il necessario. “Il commercio è commercio. La fede è un’altra cosa” và dicendo la gente del quartiere. Hanno anche ragione: si può vivere di saldi, con un mazzo di carte da briscola, un bicchiere di vino rosso. Nessuno ammazza nessuno a vivere così. Ci può anche stare che qualcuno, però, vedendo la gente impazzire con la fretta-e-furia, decida di attendere l’autobus successivo che, fatalità, è sempre poco affollato. Lasciare, di sé, l’impressione che si sta perdendo-tempo ad attendere, certe volte è l’unico modo per riuscire ad arrivare in orario.
E’ anche vero che chi non aspetta nulla non rimarrà mai deluso.

(da Il Mattino di Padova, 27 novembre 2016)

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