Era una piacevolmente tiepida giornata di fine maggio. Nella piazzetta, corredata da panchine, da una minuta area verde e dai tavolini di un bar, sciamavano qua e là i bambini appena usciti da scuola. Qualcuno di loro riusciva nell’impresa di fare merenda mentre giocava a calcio, roba da Pallone d’oro immediato. Una nota marca di gelati aveva da poco rimesso in vendita alcuni dei suoi prodotti più famosi del secolo precedente: per i più piccoli erano una curiosa novità, per i più grandicelli un tuffo nel passato.
Potevo lasciarmi sfuggire la ghiotta occasione? Ovviamente no, così eccomi in fila ordinata e chiacchiericcia, una dei pochi adulti tra un fiume di ragazzini. Scartai immediatamente il mio freddo trofeo, con la speranza che fosse almeno simile a quello che riassaporavo nei miei ricordi.
“Maestra, ma quello è un gelato per bambini!” L’esclamazione di un mio alunno sembrava quasi un rimprovero. Ridemmo un po’ tutti, ma ho ancora adesso la vivida impressione che, mentre i più piccoli oscillassero tra lo stupore ed il divertimento, gli adulti invece mi lanciassero occhiate compassionevoli, come a dire “questa, a furia di stare coi bambini, si è rim-bambini-ta”.
Roma, Balloon Museum, ovvero uno spazio espositivo con installazioni fatte quasi interamente di palloncini. Il corridoio da percorrere è candido ed ampio, disseminato da così tanti gonfiabili che per andare all’altro capo si può solo farsi strada tra di loro, mentre altri svolazzanti vi rimbalzano addosso un po’ ovunque. In parole povere: uscite solo se giocate. La mia compostezza, già ampiamente vacillante fin dall’entrata al museo, evapora in un nanosecondo. E quando mi ricapita un’occasione simile?
“Ma dai, è da bambini!” esclama una signora alle mie spalle, con un tono tra l’orripilato ed il disgustato. Percorrerà tutto il corridoio – per me troppo, troppo breve! – come un caterpillar che si è svegliato con la luna storta.
“Ma è cosa per bambini!”
Quante volte lo avete detto – lo abbiamo detto – prendendo le distanze dall’oggetto della conversazione? Se un prodotto è per bambini – un gioco, un film di animazione, un libro… un gelato – allora è di minore importanza o comunque ne esce sminuito rispetto la sua controparte destinata agli adulti.
Abbiamo la fortuna di vivere in un’epoca in cui all’infanzia è data grande attenzione, dalla scuola, alla medicina, alla psicologia. Non è più un limbo incerto in spasmodica attesa dell’età adulta, ma un’età della vita a tutto tondo, da rispettare, proteggere ed accompagnare. Questa separazione, tuttavia, ha anche dei risvolti negativi: se qualcosa è adatto per questa fascia d’età allora non vale più per tutte le altre. Se ad un adulto piace ciò che è ritenuto per bambini, questi perde di credibilità. Un genitore è socialmente autorizzato a farsi dare un variopinto palloncino a forma di animaletto, un adulto solitario viene invece guardato male se chiede la stessa cosa per sé.
Perché?
Cosa vi è successo, per diventare vecchi più dentro che fuori?
È la vita, mi direte voi. Quando cresci hai altre priorità. Vero, vi rispondo. Gli anni che si accumulano portano con sé anche un gran bel fardello di responsabilità, com’è normale che sia. Lungi da me fuggirle o scansarle, anzi. Ma non permettete alle mille fatiche della vita quotidiana di defenestrare il bambino che è ancora voi. Casa, lavoro, bollette, salute, scadenze, a volte ci sembra di essere un criceto su una ruota che non vuole smettere di fermarsi. Trovate il tempo per scendere. Anche solo per alcuni minuti. Comprate una scatola di pennarelli e disegnate quel che vi passa per la testa. Prendete un foglio di carta e divertitevi a farne un aeroplanino.
Rim-bambini-tevi.
Persino Cristo non ha avuto remore a farsi piccolo, perché dovremmo averne noi?
Tutti i grandi sono stati bambini, scriveva Exupéry. Non dimenticatelo.
Non dimenticatevi.
In foto un famoso gioco in scatola degli anni ’80. Perché sì.
Fonte: Il Corriere.