Malfidenti-nati. Gente espertissima a fare gli attori: i farisei, tra quelli che si son messi di frammezzo a Cristo, erano gli esperti dei corsi di recitazione. Loro unico scopo – giacché, da subito, Lui mostrò d’essere il rivale più accreditato al loro noioso conversare sulla felicità – era quello di tendere tranelli al Cristo. Più per spirito di gelosia che per capacità di competere sui misteri celati del cuore: fatto sta che, appena ce L’avevano in-tiro, giocavano a «come cogliere in fallo Gesù nei suoi discorsi». Lui viveva una vita così semplice che, in quanto a vita, non c’era nulla a cui potessero appigliarsi per smontarlo. Erano le parole di Lui, il suo discorrere, che allarmavano la certezza del loro parlare: «Sono appunto le verità chiare che non sono capite» (P. Mazzolari) Le sue parole erano vita, dolcezza e graffi, bianco-e-nero. Nero su bianco. Roba da ustionarsi.
Dunque lo accerchiano: vogliono sequestrare Dio, imbavagliare il Cielo. Il loro unico sogno è di farlo passare per brigante-di-parole, un ciarlatano venuto dal villaggio dopo il loro, uno di quelli “tanto fumo e poco arrosto”. Badate bene, però, che anche Satana ha i suoi cervelli. Mica scimuniti, è tutta che gente che studia giorno e notte per mandare gambe all’aria Cristo, le sue sorprese. Evvai, allora, col denaro: roba sporca, baratti delicati, materia ancor più scabrosa della sessualità con le sue variabili e varianti. Zac: «È lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?». Non prima d’aver cercato di catturarsi quella sua recondita bellezza che è il suo segreto. L’allegrezza d’essere le parole che dice: «Sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno». Che complimento, signori! Non c’è nulla di più ubriacante per un giocatore del complimento avversario. Fatto è che la sua schiena-diritta è così dritta che, solo a volerlo negare, sarebbe come ammettere candidamente mancanza-di-obiettività. Cristo – che fa finta d’essere l’ultimo, ma è sempre il primo della classe, primo per classe – regge. Affonda la spada «conoscendo la loro malizia». Quando agisce così, l’adoro da impazzire: il suo x-factor è la conoscenza del cuore. Prima di parlare, studia l’avversario: gli scava nell’anima, scende nei sottoscala della sua storia, alza i tappeti di casa. Il suo punto-forte è personalizzare la risposta in base ai cuori che si trova innanzi: coi poveracci è maestro di bontà, con i ruffiani è un artigiano di selvatichezza, con gli intelligenti è maestro di smontaggio. Tentare di reggere, anche solo per un istante, la sua anima è roba da uscirne rivoltati. Dannati o santificati. Santi.
Sono a corto di idee i farisei. Capita così anche oggi: «Le coscienze morte hanno una sola reazione nei riguardi della religione, ed è la stessa di Erode: lo scherzo, che consente loro un’apparente superiorità intellettuale» (F. Sheen). Il trucco è smascherato: se dice-sì è amico dei romani, se dice-no è il leader della rivolta. Lui, a farsi strattonare, non ci sta: «Mostratemi la moneta del tributo». È formidabile, roba da-Dio, la sua destrezza d’animo: nessuna risposta. Il più delle volte, Dio non risponde: crea vuoti di ricerca, allarga lo spazio della domanda, si diverte a tendere l’arco di-più. Costringe a guardare la realtà, giacché la carne è l’unico dogma che Cristo conosce. Che i poveri conoscono: per quello che loro vanno a nozze quando passa Cristo. «Mostratemi», cioè guardate-bene, senza distrazioni, non cercate alibi. La realtà è una, non si deve scappare: qui-dentro, non fuori, dovrete cercare d’innalzare il Regno di Dio. D’innalzare l’uomo a Dio, senza scorciatoie. Che nessuno possa dire: “Han fatto così perché non hanno fatto colà”. Tradotto, con evangelica chiarezza: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio». Cesare è ricco-sfondato delle cose, Dio è ricco-sfondato dell’uomo: nulla, ai suoi occhi, val più di quella creatura che è tutta ingobbita quaggiù. A Cesare le cose, con gli interessi che procurano. A Dio l’uomo: Gli basta, lo sazia. Nessuno tocchi l’uomo: è pensiero-privato di Dio.
In quel tempo, i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come cogliere in fallo Gesù nei suoi discorsi.
Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?».
Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare».
Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio» (Matteo 22,15-21).