Inginocchiarsi può essere umiliante, ma può diventare anche liberatorio. L’uomo in causa dentro la (nostra) galera s’era fatto forte, andava fiero, di una cosa: “Io, signori – amava ripetere -, non mi sono mai inginocchiato di fronte a nessuno. Figuratevi se lo faccio davanti ai giudici”. Da queste parti lo chiamano onore, è la condizione prima del prestigio criminale. “Uomo d’onore”, dunque, è chi vive così: “L’ultimo che ho ammazzato l’ho fatto prima inginocchiare – va fiero nel raccontarlo -. Poi, mentre mi pregava di non farlo, gli ho sparato in faccia”. Pum-pum: il male è sciocco. Il male, durante la messa, è messo a dura-prova: capita, ogni tanto, che ne esca fracassato. Anche se non l’ammetterà mai. Da noi, in carcere, nessuno è costretto ad inginocchiarsi. Il prete non può fare l’arrogante e dire: “In ginocchio, altrimenti non inizio la consacrazione!” Il sacro è sacro, ma prima della sacralità qui viene l’uomo: rispettare la fatica dell’umano è preparare il terreno agli agguati di Dio. Durante la consacrazione, il più delle volte, la gente sta in piedi: “Che mancanza di rispetto!” direbbe qualcuno vedendoli. Quelli che s’inginocchiano, s’inginocchiano da loro stessi. Obbligare ad inginocchiarsi, sarebbe come giocare sporco: tutti son capaci di comandare con la forza, la sfida di Cristo è andare a comandare con la libertà. Se sai che cosa significa per loro piegare le ginocchia, non t’imponi: preghi perchè, un giorno, arrivino da soli a farlo.
Il giorno, un giorno, arriva. Eccolo il giorno, dentro un giorno di domenica qualunque: “Cos’è quella roba bianca che alzi a messa?” mi domanda uno dei nostri chierichetti. Me la fa qualche domenica fa, appena terminata la messa: è serio, il suo sguardo non tradisce alcun cenno di provocazione. Lo guardo, gli chiedo delle delucidazioni. (Ri)penso, in un battibaleno, a tutte le cose bianche che prendo in mano a messa. “Questa qui!” dice, e apre il cassetto dove ci sono le particole. “La chiami roba-bianca, questa?” rispondo scoppiando a ridergli in faccia! Rido perchè, prima d’essere stato assunto come chierichetto, nel quartiere dove viveva la roba bianca lui la smerciava: è stata la sua rovina, anche la rovina di tanti altri. Spacciandola, poi, la roba-bianca si è fatta presto materia di cronaca nera. “Perché t’interessa sapere cos’è quella roba bianca?” gli chiedo. Lui: “Hai presente il calabrese – lo imita piuttosto che indicarmelo: c’è il rischio di passare per infame -. Hai capito di chi parlo?” Certo: quello che – mi ripete il mio cervello – ha freddato l’ultima vittima dopo averla fatta inginocchiare. “Sai che io osservo tutto – dice -. Il calabrese, quando tu alzi quella roba-bianca, s’inginocchia. Nessuno l’ha mai visto inginocchiarsi”. In un attimo ricostruisco il suo ragionamento: “Ma cos’è quella roba-bianca se anche il calabrese s’inginocchia quando il prete la alza? Manco davanti la cocaina (è bianca, ndr) quello si è mai inginocchiato”.
L’abbraccio forte il mio scudiero domenicale. “È un pezzettino di pane – provo a spiegargli -: se l’assaggi, non sa da niente. Prova (Lo assaggia: “E’ anche senza sale!” dice). Quando celebriamo messa, però, questo pezzo di pane improvvisamente diventa Gesù. Fatico a spiegartelo: a parole è difficile, forse è impossibile. Per questo, finito di alzarlo, diciamo Mistero della fede. Mi dispiace non spiegartelo meglio: Non sono intelligente come tu pensi”. Lui, con occhi di bambino: “È Gesù! Ti sei spiegato benissimo: ho capito. Poi quando non capisco tutto, mi fido: me lo hai detto tu. Ecco, allora, perchè il calabrese s’inginocchia! (pareva Archimede a scoperta avvenuta) Immaginavo fosse una roba importante: è l’unica volta che lui s’inginocchia!” Stamattina, a messa, quando ho alzato il Pane durante la messa, anche il nostro chierichetto si è inginocchiato per la prima volta di fronte alla roba-bianca. Più di uno, di domenica in domenica, senza che nessuno minacci “In ginocchio!” s’inginocchia, sta chino mentre Dio è tutt’intento a farsi Pane. Il buffo di tutta questa faccenda è che a far sbocciare la curiosità per quella roba-bianca sia stato un detenuto-in-ginocchio, non il prete col Cristo in mano. Un uomo carcerato, oggi, ha riconosciuto Cristo osservando un altro uomo, galeotto pure lui. La storia è sempre la stessa: senza il primo sguardo di Beatrice per le strade di Firenze, Dante non sarebbe mai arrivato a contemplare il volto di Dio. Pare che Dio si diverta a fare così: a farsi riconoscere nei gesti degli uomini piuttosto che in quelli di noi preti.
(da Il Sussidiario,11 ottobre 2021)