Giosuè

L’altro giorno mi è capitata una cosa curiosa, una scena di quella ferialità a cui non sono molto avvezzo. Siccome le mie splendide montagne si stanno innevando – e con la neve arriva quel freddo che a me piace da impazzire – sono entrato in un negozio per comperarmi un giubbino. Conoscendomi, ho giocato d’anticipo con la commessa: “Guardo un po’, se ho bisogno poi le chiedo. Grazie!” Così ho dato un’occhiata ai capi esposti. C’erano capi della stagione passata – in offerta, ovviamente – e capi della nuova collezione: prezzo pieno. I miei occhi si sono posati su uno dei capi in offerta: era bellissimo. Conosco come sono fatto: se entro e mi fisso su di uno, difficilmente cambio poi idea. L’ho guardato, ho sbirciato il prezzo, ho provato a tastarlo (sono un veneto!). Mi convinceva assai, sembrava dirmi: “Prendimi, aspettavo proprio te!” L’unico problema era la taglia: una 46. “Scusi, per caso c’è la 48 di questo giubbino?” – chiedo garbatamente alla commessa. Che, con altrettanto garbo, si consulta con il computer e mi dice: “C’è la 48 di tutti gli altri, ma di quello c’è solo la taglia esposta”. Mi sono detto: fatalità! Dispiaciuto, ho provato a dare un’occhiata agli altri capi esposti: nessuno mi sorrideva come quello taglia-46. Che fare? Sono entrato in camerino e mi sono provato quello lo stesso, anche se non era della mia taglia. Mi sono guardato allo specchio: ci stava, era d’una perfezione quasi troppo perfetta, sembrava una seconda pelle. Stringeva solo il tempo di spalancare le braccia. “Lo prendo lo stesso!” mi sono detto. Poi lo userò indossando solo una maglietta sotto. D’inverno, però, si indossa anche un maglione, Marco! Ricordi le raccomandazioni di nonna?
Mentre vado verso la cassa, attraverso la zona dove (ovviamente) sono esposti i capi della nuova collezione, i più belli. Mi accorgo che c’è un giubbino identico a quello che ho in mano, collezione nuova. Guardo la taglia: è la 48. Entro in camerino, lo provo: è la mia, indossandolo mi rendo conto che quell’altro era troppo stretto. Mi immagino con un maglione sotto, fa freddissimo fra poco, è da sprovveduti prendersi una bronchite solo perchè vuoi fare il figo con giubbino e maglietta. Guardo il prezzo: ovviamente è superiore all’altro. Devo scegliere se rischiare di comprare un capo per poi lasciarlo nell’armadio (dunque avendo sperperato soldi per nulla) o accettare di pagare qualcosa di più ma poi usarlo. Rientro in me stesso, cerco di fare due conti, (ri)penso alla maglietta che, senza accorgermi, avevo portato alla cassa: decido di non comprarla e con quei soldi fare un investimento più sensato per il freddo. “Un po’ di sconto, signorina, lo si può fare?” chiedo alla cassiera con l’occhio birbo. Lei mi guarda: “Questi sono i capi nuovi della collezione. Non possiamo scontarli, sono appena arrivati!” La capisco: la qualità non ammette d’essere perpetuamente in saldo. Mi guarda con il suo bel sorriso e mi dice: “Non si arrabbi con me. Se potessi glielo regalerei”. Mi sono sentito di perdonarla rispondendole con un sorriso. In versione maschile.
Tornando a casa, quel giubbino poggiato sul sedile del passeggero mi ha messo al muro. Quante volte mi è capitato, solo perchè una scelta appariva bella di primo acchito, di firmarla anche se, con onestà, sentivo che mi stava leggermente stretta. “Poi si allargherà usandolo, sono convinto!” mi auto-convincevo. Ogni tanto, quando poi mi sembrava di soffocare, chiedevo un parere alla gente ch’era seduta sugli spalti delle mie giornate: “Ti sta benissimo, sei un figurino!” Non mi rendevo conto, in quei frangenti, che dagli spalti viene facile dire un sacco di cose, anche di applaudire, d’incoraggiare dicendo: “Forza, dai, non mollare. Tieni duro!”. E’ in pista, però, che senti il cuore battere, il sangue che ti pulsa nelle vene, in testa. Dagli spalti ti convincono che la taglia-46 ti fa bello, ma la pista ti fa capire che tu sei una taglia-48: la prima ti fa sentire leggermente affascinante, la seconda ti rende un uomo capace di prendere le misure giuste. Perchè se nasci taglia-48 puoi anche decidere di vivere in una taglia-46, ma butti via un sacco di libertà di movimento solamente per costringerti in una misura che ti imprigiona, rendendoti un po’ ridicolo. Puoi resistere anni, anche decenni: la volontà fa miracoli, anche disastri senza il cuore appresso. Poi, un giorno, qualcuno ti fa trovare la tua taglia: scopri di sentirti bene, senti che sei tu. La guardi e dici. “Ma dove sei stata fino ad adesso?” E maledici la taglia-46 per tutte quelle volte che ti ha fatto sentire tirato, in gabbia. Non è un negozio, è la vita: “la vita è bella”. L’altra non era vita: era una sfilata di moda.


(nella foto Giosuè, il bambino de La vita è bella di Roberto Benigni)

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