Certi fatti dovrebbero far riflettere tutti. Certi fatti dovrebbero coinvolgere tutti, anche solo per il fatto di calpestare lo stesso suolo.
Concordi o meno con gli articoli riportati, siano essi lo spunto per una sana riflessione.




Gli indignati a senso unico
di Mario Calabresi, editoriale di “La Stampa” del 14 dicembre 2009

Ci sono momenti in cui bisognerebbe abolire due parole: ma e però. L’aggressione di un uomo, in questo caso di un primo ministro, è uno di quelli. Di fronte alla violenza non possono essere accettate subordinate, ammiccamenti o tantomeno giustificazioni. Il giorno che la politica italiana tutta lo avrà compreso fino in fondo, allora sarà davvero matura.

re214yyjX_20091214Il volto ferito e pieno di sangue di Silvio Berlusconi non può che lasciare sgomenti, non riesco ad immaginare una persona seria o che ami definirsi democratica e perbene che possa avere una reazione diversa.

Se invece la prima cosa che passa in testa è pensare che se la sia cercata o meritata, allora siamo entrati in uno spazio in cui la dialettica politica è degenerata.

Abbiamo ricevuto numerose lettere di persone che spiegano l’accaduto e lo comprendono come reazione ad un governo che definiscono «xenofobo», «antidemocratico» o «razzista». Sono persone che mostrano di essere solidali con gli immigrati e i più deboli, sconvolte per gli attacchi di Berlusconi ai magistrati e preoccupate per la democrazia, ma non toccate da ciò che è accaduto ieri sera. Questo modo di ragionare mi fa paura: come è possibile mostrare sensibilità a senso unico, battersi contro le violenze e poi giustificare un’aggressione, essere democratici e pacifisti e provare soddisfazione per il volto tumefatto di Berlusconi. Significa che l’ideologia continua a inquinare le coscienze, ad oscurare le menti.

Si può pensare che il presidente del Consiglio sia inadatto a governare, essere convinti che le sue esternazioni contro gli altri poteri dello Stato così come contro gli organi di garanzia siano allarmanti e sbagliate, essere preoccupati per quelle leggi «ad personam» che rischiano di peggiorare lo stato della giustizia italiana, ma niente di tutto ciò può giustificare la violenza. C’è una linea che in democrazia non si può passare, un discrimine tra ciò che è lecito e ciò che non lo è a cui non si può derogare. E dire che sembrerebbe essere chiaro a tutti: tanto che anche a sinistra si invita alla mobilitazione democratica in seguito ad ogni aggressione o violenza. Questo deve valere anche per il leader di un governo di centrodestra, anche per Silvio Berlusconi.

Da ieri sera i blog e Internet sono invasi da battute, ironia, festeggiamenti e dai deliri di chi ci spiega che se l’è cercata. Su Facebook sono già nati decine di gruppi di fans dell’aggressore, Massimo Tartaglia, che in poche ore hanno raccolto migliaia di sostenitori. La rete, purtroppo, mostra ancora una volta di raccogliere il peggio di noi, ma politici e giornali hanno il dovere di non dare sponde, di essere seri e di capire che le giustificazioni ci portano su strade senza ritorno e che non si può continuare ad alzare il livello dello scontro.

E questo riguarda non solo la sinistra ma anche il premier, la sua maggioranza e i giornali che gli sono più vicini. Da mesi quasi nessuno sembra capace di sottrarsi alla tentazione di alimentare il clima terribile in cui viviamo, l’Italia somiglia sempre più ad uno stadio in cui si sente solo la voce degli ultras che gridano mentre incendiano le curve. In questo scontro continuo, in cui si parla soltanto dei destini del premier, si è persa di vista qualunque considerazione sullo stato del Paese e sui suoi bisogni.

Il presidente del Consiglio, a cui va la nostra solidarietà sincera, speriamo sia così saggio da capire che proprio lui – l’aggredito – ora può fare la differenza: può abbassare i toni e aprire la strada per un confronto più civile e rispettoso. C’è da augurarsi che anche tutta l’opposizione lo capisca e sia capace di isolare chi delira.



«Questo clima è anche colpa della caccia all’uomo da parte dei magistrati»
di Aldo Cazzullo, da “Il Corriere della Sera” del 15 dicembre 2009, pagina 6

Don Verzé, Berlusconi è qui nel suo ospedale. Come l’ha trovato?

«Fisicamente, in ripresa. Psicologica­mente, umiliato, terrorizzato. Non tan­to per il dolore, quanto per aver prova­to sul suo corpo l’odio».

0KUN5SMP--140x180Quando ha saputo?
«Appena è successo. Mi ha avvisato il suo medico, Alberto Zangrillo. Ma non sono andato subito al San Raffaele. In questi casi ci vogliono calma, tran­quillità. E anche solitudine. Attorno a Berlusconi c’erano i nostri medici mi­gliori, e loro bastavano. Hanno fatto la Tac, per escludere danni cerebrali. Poi gli altri esami. Solo dopo abbiamo fatto entrare il fratello e i figli».

E lei?
«Io sono andato stamattina (lunedì, nda). Era giusto lasciargli un po’ di tem­po. Quando accade una cosa del gene­re, quando si rischia la vita, ci si ritrova come sospesi tra Dio e il mondo. Soprat­tutto se si è uomini della statura di Ber­lusconi».

Perché parla di un Berlusconi «ter­rorizzato»?
«Il problema non è lui. Lui si è già ripreso, la forte emozione che ha prova­to è già alle spalle. L’ho rivisto all’ora di pranzo, e il suo ottimismo aveva già preso il sopravvento. Anch’io sono un ottimista; ma perché ho novant’anni, e mi sento ormai nelle braccia di Gesù Cristo. Berlusconi è più ottimista di me. Il problema è l’odio. Questo episo­dio è anche un monito. Il segno che è davvero il tempo di cambiare la Costitu­zione».

Perché? E in che modo, secondo lei?

«Non tocca a me dirlo. Tocca ai politi­ci: l’ho detto a Berlusconi e agli altri che ho visto oggi, Fini e Bersani».

Come ha trovato Fini?
«Freddo. Forse perché l’ho visto per strada».

E Bersani?
«Caloroso. Sinceramente dispiaciu­to. Bersani è una gran brava persona. Ci siamo anche dati un bacio. Certo, ha da governare una gabbia di tigri e leo­ni».

Di Pietro dice che Berlusconi ha isti­gato all’odio. Anche la Bindi, con toni diversi, sostiene che il premier ha le sue responsabilità per il clima che si è creato.
«Sono loro ad aizzare all’odio, ad aver ispirato il gesto di quel povero dia­volo».

È giusto dare più poteri al presiden­te del Consiglio?
«Se ne occupino gli addetti ai lavori. Dico soltanto come cambierei l’articolo 1: l’Italia è una repubblica fondata non solo sul lavoro, ma anche sulla cultura; la politica divide, la cultura unisce. Quanto è accaduto è frutto di un’assolu­ta mancanza di cultura. Di rispetto. Di conoscenza dell’altro. Berlusconi mi ha detto: ‘Perché a me? Perché mi odiano tanto, al punto da volermi ammazzare? Io voglio il bene del Paese, il bene di tutti. Tu don Luigi lo sai che è così. Perché non se ne rendono conto?’».

È davvero così, don Lui­gi?
«Certo. Io conosco bene Berlusconi. È un uomo di fi­ducia e di fede. Conosce il vero insegnamento di Ge­sù: ‘Amatevi l’un l’altro co­me io ho amato voi’. Berlu­sconi ama tutti, anche i suoi nemici. È incapace di pensie­ri o parole cattivi».

Una volta definì «coglio­ni» gli italiani che non vo­tavano per lui.
«Ma anch’io ne dico di tutti i colori alle persone che lavorano con me. Però loro non se la prendono. Perché, come Berlusconi, parlo con il sorriso sulle lab­bra; e loro sono indotti a sorridere».

Anche la magistratura, secondo lei, ha contribuito a creare questo clima?
«È chiaro che è così. Questo è il vero motivo per cui occorre ritoccare la Co­stituzione. Anche la caccia all’uomo giu­diziaria ha creato il contesto in cui è sta­ta possibile l’aggressione. La magistra­tura dev’essere ricondotta al suo ruolo. Che è al di sopra e al di fuori della politi­ca. I magistrati non devono fare politi­ca; sarebbe come se il Papa o la Chiesa pretendessero di farla».

Lei sa che diranno che Berlusconi e i suoi intendono approfittare della cir­costanza.
«So quel che diranno. Non si rendo­no conto del pericolo che incombe sul Paese, del clima che si respira, della gra­vità di quanto è accaduto. Non si rendo­no conto che Berlusconi ama l’Italia, ed è per questo, non per i suoi interessi, che è sceso in campo, mettendo in gio­co tutto se stesso, anima e corpo, anche a rischio della propria salute. Anche a rischio della propria vita, come si è vi­sto. Io gliel’ho detto: ‘Ricordati che sei una persona ricca’. Ma lui non si tira mai indietro. Poi, certo, non è un ange­lo del cielo. È un uomo. Un uomo sano e vitale. Può commettere errori. Come me, come lei. Per fortuna il San Raffaele è il suo angelo custode; e io sono il cu­stode del suo angelo custode».

Perdonerà il suo feritore?
«L’ha già perdonato. Non mi stupirei che chiedesse di incontrarlo».

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.
Attenzione: alcune funzionalità di questa pagina potrebbero essere bloccate a seguito delle tue scelte privacy: