A conti fatti rimane solo la resa? L’ultima fatica
letteraria di Cazzullo m’inquieta: "Outlet
Italia. Viaggio nel paese in svendita"
. Outlet: simbolo della svendita. Non
solo d’oggetti, ma pure di valori, di rapporti umani in cui la cortesia diventa
sinonimo di debolezza. A scapito di adorato rispetto per suv e cani. M’impensierisce
sia la reazione contraria e lecita diffusa a macchia del dopo-Allam (soprattutto
tramite lettere anonime e commenti non firmati) sia la "maggioranza silenziosa"
che non trova giustificazione nella fantomatica regola del "tacito consenso". Oggi
la parola è strumento per ragionare, difendere le idee, proporre la
discussione. Per essere protagonisti e non spettatori.
Assieme a laicismo, soggettivismo giuridico e
multiculturalismo, la parola relativismo è così di moda oggi che, forse, ne
abbiamo anestetizzato la portata: nelle università, nelle chiese, nelle
opinioni. E’ l’ideologia imperante che considera vero tutto e il contrario di
tutto. Pure l’autorità religiosa va condannando da tempo il relativismo
etico-culturale. Aggiungiamoci anche religioso: dove la Verità di Cristo (Gv 14,6)
s’accetta di farla convivere con mille verità. Pur degne di rispetto, di
confronto e di riconoscente fecondità. Ma che faticano a convincere sul dialogo
con chi predica l’odio, invoca la distruzione d’Israele, inneggia alla guerra
santa e inculca la fede nel martirio islamico. Il tutto nel nome di Dio. Come
spiegare oggi ad un ragazzo che Israele non ha diritto all’esistenza? Che dev’essere
cancellato dalla geografia mondiale?

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Con il mondo giovane condivido l’anagrafe. E mi rendo
conto che, abitando quest’età, è facile – anche se non è scusante – scambiare
lo star bene con l’autentico vivere: ma questo non può durare un’esistenza
intera. Significherebbe dare in comodato d’uso cervello, pensiero e creativa
immaginazione. In nome di un ecumenismo evangelico che ci chiede l’amore verso
il prossimo proporzionato all’amore verso se stessi (Mt 22,39). Possibile solo
nell’illusione l’esatto contrario. E latore di immani rovine esistenziali. Prima
di tutto la svendita di una cultura che si vorrebbe far diventare "terra di
nessuno" o "paese dei balocchi".
Ha infastidito il clima di sorveglianza e di
terrorismo che si respirava in sala. M’infastidisce ancor di più il fatto che
tale clima è dovuto ad una realtà che loro signori vogliono difendere a spada
tratta: la violenza insita in una religione da Benedetto XVI a ragion veduta
citata. Religione – che non voglio confondere con il fratello musulmano – che
condanna reiteratamente a morte nell’anno 2008 un cittadino: non l’unico
purtroppo. In Italia. Ma questa è anche la sconfitta di uno stato libero e
democratico dove pensiero e azione non possono permettersi di spiccare il volo.
Ma sono costrette a rinunciare all’aria pur di sopravvivere. Pena lo
scoperchiamento di una pentola con l’acqua già bollita. Finendo, in nome di
quel relativismo che a parole si condanna, di sforzarsi di giustificare tutto
pur di non perdere il tutto. Come chi continua a parlare di "patatina", "pisellino"
e "cicogna" a ragazzi che a scuola studiano gli antichi romani, gli etruschi e
le imprese di Annibale non accorgendosi che sarebbe come parlare ad un uomo del
gatto chiamandolo "miao-miao".
Ieri una donna politica ri-propose l’ora di religione
e venne da più parti derisa: da chi la dovrebbe incoraggiare, forse. E’ di oggi
che Roberto Saviano, l’autore di Gomorra,
sarà costretto a fuggire dall’Italia: parole troppo fastidiose. Domani sorte migliore
non toccherà a Magdi Cristiano Allam: poche ore d’aria e calerà il sipario. In
nome del politically correct.

Ieri. Oggi. Domani. Dopodomani, però, capiremo cosa
volevano dire.

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