chiusaTroppo comodo e riduttivo affermare che dopo il referendum ha perso Berlusconi: sarebbe molto più corretto dire che ha perso un intero sistema del quale Berlusconi era additato (e s’era additato) come emblema ultimo e incontrovertibile. In realtà a perdere è stato il popolo dei dinosauri, quella genìa di personaggi – dentro i quali s’annoverano scheletri di varie razze, appartenenze e religioni – che stanno sperimentando cosa significhi fare i conti con la smarrita capacità di appassionare il cuore dell’uomo. Che differenza corre tra un uomo di politica che dice “non andate a votare”, un uomo di chiesa che dice “andate a messa”, un padre di famiglia che dice “fate i bravi bambini”? Nessuna differenza: perché se nessuno dei tre riesce più ad appassionare ed accendere con il suo invito e la sua testimonianza l’immaginazione di chi ha davanti, non potrà di certo chiedere la schiena piegata e il collo supino solo perché lui ha un nome, una carica, uno zucchetto sul capo. C’era una volta questa certezza.
La storia odierna ci sta dimostrando che di troppa forza si può anche morire. Lo insegna a noi che avevamo sempre pensato che a soccombere fosse il debole, il meno abile, il meno protetto. Eppure lo sapevamo (e se non lo sapevamo possiamo decretare inutili tutti i corsi sulla formazione) che si educa quando chi ci sta davanti scopre un amore nei nostri occhi, un amore che ci ha cambiato la vita al punto tale da mettere nell’animo di chi ci ascolta la consapevolezza più bella: “vale la pena di ascoltarti”. Non basta più l’arte oratoria, il maglioncino in cachemire o l’uso furbo della poesia per incantare le folle: sono gli amori che cambiano, gli umori a lungo andare si ritorcono contro. Ha perso Berlusconi, ma ha perso tutto un sistema già da anni in fase di scadenza e incapace di riaggiornarsi per stare al passo con la vita colorata della gente. Una propaganda e un’evangelizzazione ancora barricate nel tentare di accaparrarsi spazi televisivi, passaggi mediatici e quant’altro quando tutto il popolo giovane sta dimostrando che le vere rivoluzioni viaggiano oggi in internet. La televisione ha fatto la sua storia nell’epoca dei dinosauri, oggi il vero potere “in tempo reale” lo tengono tra le mani gli abitanti di Internet, quelli domiciliati tra Facebook e Twitter, i naviganti di mari tanto pericolosi quanto necessari per imparare a leggere i segni dei tempi. E i dinosauri di questo hanno paura e stanno lanciando i primi segnali di smarrimento: il ministro che scappa alle domande, il cardinale che tenta di giustificare l’ingiustificabile, il professore che sostiene ad oltranza una doppia morale. Tutti segnali che ci dimostrano come il vero perdente non sia stato il Silvio sogno-incubo dell’Italia ma un intero sistema che non sa più stare in piedi senza usare la menzogna come piedistallo.
Non sarà un referendum a riaprire definitivamente le ali alle farfalle. Come non basta una rondine a fare primavera. Eppure per chi ama leggere la storia attraverso le ferite che essa contiene, s’avverte l’avvento di un’aria nuova salire dalle viscere della terra. Perché sotto le macerie lasciate da un popolo di dinosauri impauriti, tutti ci volevano far credere che ci fosse la polvere del nulla. Invece stiamo scoprendo una nostalgia di futuro e di protagonismo che a breve scriverà una pagina nuova di storia.
Firmata dall’altra Italia, quella che non smette di sperare. E controfirmata dall’altra Chiesa: quella che non smette di credere nell’Incredibile. Tutto il resto sarà un inutile lavoro di periferia, il luogo dove stanno costruendo la riserva per gli ultimi dinosauri sopravvissuti.

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