Ebbi appena il tempo di partorirlo, che quel pensiero s’intrufolò tra la
moltitudine confusa della folla. All’altare della Patria si stava celebrando la Festa della Repubblica: un
compleanno speciale per Donna Italia, croce e delizia di mille nostre animate
discussioni. Migliaia di persone, battevano le mani, osannavano il passaggio
delle Forze Armate, ascoltavano il discorso del Presidente. C’era un gruppetto,
le cui radici non erano certo italiche. Italiani lo divennero più tardi: per
scelta, per necessità, per caso. Per fortuna. Ormai dietro il tricolore, un
arcobaleno di volti abita lo stivale della nazione. M’è sorto un dubbio:
l’Italia diventerà come Babele o come il giorno di Pentecoste? A Babele,
pianura di Sennaar, giaceva una confusione di lingue: la scalata verso il cielo
si concluse non concludendosi perchè la diversità divenne ostacolo. A
Pentecoste, l’anti-Babele, ognuno sentiva parlare della bellezza di Cristo
nella sua lingua natìa. La diversità divenne ricchezza.
Sarà "ItaliaBabele" se abiteremo la convinzione che il nostro sia
l’unico linguaggio per dire "uomo". Diventerà "ItaliaPentecoste" se scopriremo
che è la diversità a farci innamorare e gustare appieno la nostra identità.
Magari un giorno, leggendo i libri di storia, i nostri bambini scopriranno che,
fatta l’Italia, s’iniziò a fare gli italiani. Secondo il suggerimento del
D’Azeglio nazionale.
Non nonostante gli stranieri, ma mediante la diversità di chi
italiano non nacque. Ma lo diventò più tardi.
Ma che cos’è l’Italia?