campana_200x300.jpgSuoneranno
a festa le campane. O forse danzeranno lente, gravi, solenni. Al loro rintocco
si comporrà l’ultimo saluto a due giovinezze polverizzatesi avvolte nel
mistero. Nelle parole di Jovanotti, forse, l’eco di un amor ch’era sbocciato
per approdare a tutt’altri lidi: "quando
ti guardo, dopo un giorno di parole, senza che tu mi dica niente tutto si fa
chiaro"
. Se per scrivere Fango
c’ha pensato quarant’anni per poi stenderla in due minuti, per scrivere A te c’avrà rimuginato due minuti e occupato
una vita per convalidarla. Perché l’amore implora silenzio e pazienza per
spingere i cuori sulle traiettorie che dirigono all’essenza. Nei tatuaggi –
grida che chiedevano l’eternità all’amore – e nei loro sguardi se ne rimarrà
nascosto il mistero di un’avventura che ora lascia interrogativi, rimpianti e
ripensamenti. Interrogativi: perché abbiamo dato loro tutto, ma probabilmente
non abbiamo condiviso con loro l’essenziale. Rimpianti: per aver capito, dopo
il fischio finale, che la volontà nasce dall’interesse e l’interesse sboccia dall’emozione.
Un’emozione che, forse, non abbiamo saputo loro accendere perché ci siamo
vergognati di condividere. Ripensamenti: perchè per rendere bello, robusto e
attraente il corpo abbiamo innalzato e perfezionato palestre abbellendolo di
tattoo, piercing e mode varie. Ma ci siamo scordati che per essere bello anche
dentro è necessaria un’anima che lo abiti. Che lo innalzi oltre la
superficialità dei tempi. "Semplicemente
sei, essenzialmente sei"
– continua Jovanotti -. Ma che cos’è la semplicità
se si rivela necessaria una sciagura per farci capire che oggi i ragazzi vivono
in bilico tra due estremi: da un lato il dettame della privacy per tutto ciò
che riguarda le loro emozioni, i loro sentimenti, la loro inesperta interiorità
e dall’altra l’incentivo a spettacolarizzare i sentimenti in mondo visione. Davanti
a quest’incrocio a chi obbedire? Troppe volte, rientrati a casa sul finire
della scuola, ci vien chiesto il rapporto dei risultati scolastici. E troppe
poche volte ci vien domandato di condividere insufficienze e debiti a livello
di interiorità, di anima, di umanità. Finendo per non accorgerci più di una
sfumatura sul volto, di una malinconia nelle gesta, di una sofferenza nei passi
che prelude ad un gesto folle. Perché questa è la morte giovane: un grido
d’aiuto che non ha trovato una voce pronta ad agganciarsi come risposta!
C’intestardiamo a convincerci che i graffiti colorati, gli sms sempre più
concisi, i messaggi lasciati nei blog siano fugaci passatempi giovanili. O
tutt’al più conseguenze dirette di una crescita ormonale che riappare allo
spuntar di ogni primavera. Peccato non voler capire che dietro quei colori più
di qualche volta si nasconda una voce che grida aiuto. Un aiuto che trova voce
così. Forza e debolezza: o meglio la forza della debolezza. Perché questo è
l’amore giovane: "Ti ho visto piangere
nella mia mano, fragile che potevo ucciderti stringendoti un po’. E poi ti ho
visto con la forza di un aeroplano prendere in mano la tua vita e trascinarla
in salvo"
. A microfoni spenti, in questi giorni affiora la voce della
gelosia, di un amore possessivo, di un rapporto che intrappolava la giovinezza.
Solo ora l’abbiamo scoperto? A ponte Milvio e nelle librerie da tre anni si
pubblicizza un "lucchetto" come emblema dell’amore. E tutti tacciono. Peggio:
apprezzano e comperano, regalano e condividono, elogiano ed apprezzano. Lo
fanno diventare bomboniera di matrimonio. Salvo poi scoprire che quando l’amore
diventa pedinamento interiore, la follia è già a buon punto nel cammino di
maturazione. Davvero è necessario che qualcuno muoia per il popolo?
Su un blog
hanno lasciato scritto: "Alessandro e
Chiara, figli di una città grigia"
. Capisco: tutti sognano città colorate.
Ma perché una città si colori è necessario che ci sia gente che la colori.
Altrimenti
le campane non suoneranno più a festa!

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