Erano le strane preghiere che sentivo uscire, la sera, dalla bocca di nonna quando, prima d’addormentarsi, concludeva il suo ciclo quotidiano di orazioni: «Dalla morte improvvisa, liberaci o Signore!» In quel tempo, tempo dell’infanzia, mi parevano stonare con l’ambiente, leggermente astruse, per di più pregate in presenza, sapendo che a qualcuno di noi non sarebbero sfuggite. “Non sarà la fine del mondo se le sentono – avrà pensato nonna ch’era tutto eccetto che sprovveduta -: alla fine mettere in conto la morte aiuta a vivere più seriamente”. La morte, a casa nostra, non era la grande straniera: i miei occhi bambini, più di una volta, han visto il corpo dei nostri defunti fermarsi a casa prima d’imbarcarsi per il cimitero, passando per la chiesa. “Ricordatevi sempre che si morirà come si vive – era l’altro mantra -: se vivete disperati, morirete da disperati. Se vivrete facendo del bene, morirete col cuore in pace”. Han provato altri, nel tempo della scuola, a rendermi ridicola nonna: “Gli altri muoiono, io non sono gli altri, io non muoio”. Ci sarà sempre qualcuno che cerca conforto nella disillusione perchè non riusicrà ad accettare un mondo che non lo mette al centro. Lei, la morte, nel frattempo, continuerà ad arrivare e andarsene come quei temporali che passano sopra la campagna e si dissolvono in un batter d’occhio. Gli uomini, da parte loro, riusciranno ancora a vivere come certi uccelli che dormono in volo. Viventi addormentati.

Cristo, anima sopraffine, quando può corregge la traiettoria: «Credete che quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Siloe e le uccise, fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme?» rinfaccia a chi gli riferisce del fatto che una torre ha azzerato diciotto vite. Poi, per non lasciar che la loro demenza dia una risposta ancora più sciocca della domanda, abbassa la serranda della questione: «No, vi dico, ma se non vi convertite perirete tutti allo stesso modo». Ch’è il modo – «allo stesso modo» – con cui la morte sempre si presenterà: così, all’improvviso, senza preavviso, pestifera e letale. Come sapeva bene nonna, al punto da tutelarsi non soltanto contro di essa, ma anche contro il suo modo così barbaro d’entrare a casa: «Dalla morte improvvisa, liberaci Signore». Non solo dalla morte, ma dalla morte che giunge improvvisa: scioccante, senza il diritto di replica, esattamente come una torre che, inaspettatamente, crolla sopra il capo di un nugolo di persone. Fino a quel giorno – il giorno del crollo, del tracollo – si pensava che vivere fosse soltanto un diritto, qualcosa di cui beneficiare senza il prezzo da pagare. Si pensava, quel giorno, di andare a letto anche senza avere fatto tutto ciò che si poteva e doveva fare quel giorno: “Troverò sicuramente il tempo di farlo domani”. Poi, tra capo e collo, il tempo all’improvviso evapora, con esso la vita stessa. Con tutti i suoi “domani” a farle da corteo funebre: «Noi crediamo alla menzogna che la morte, contrariamente alle tasse, possa essere rinviata all’infinito, passiamo la vita a difendere quella convinzione» (R. Banks).

I nostri giorni a disposizione, invece, altro non sono che la conseguenza della pazienza che Dio riserva alle nostre esistenze: «Padrone, lascialo ancora quest’anno» dice il contadino al padrone che vorrebbe tagliare il fico perchè non ha saputo rendere come avrebbe potuto. Questi sono i miei giorni: un giorno di pazienza, più un giorno di pazienza, più un altro giorno di pazienza. Fino a che non raggiungo i giorni dell’anagrafe. Più che ingenuità contadina, la cura che il Cristo-contadino mi riserva è dovuta al fatto che la pazienza, certe volte, porterà più lontano dell’intelligenza. L’intelligenza, di fronte alla mia ebetudine, ripete ad oltranza: «Taglialo! Perchè deve sfruttare il terreno?» Perchè lasciarlo libero d’approfittarne, di giocare col buon cuore, di posticipare a data da destinarsi la conversione? E’ inspiegabile la pazienza di Dio: reggerà anche quando a me, da tempo, si è bucata anche la pazienza di scorta. Tra forza e pazienza, Lui insiste sulla pazienza. Chiedendo lumi, un giorno, sull’uso fatto della pazienza ricevuta.

(da Il Sussidiario, 22 marzo 2025)

In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”» (Vangelo di Luca 13,1-9).

Editoriali della Quaresima 2025

Mercoledì delle Ceneri, La Quaresima dei soldati stanchi, 5 marzo 2025
I Domenica di Quaresima, Satanasso, 8 marzo 2025
II Domenica di Quaresima, Divieto di campeggio, 15 marzo 2022

3 risposte

  1. Quanta Pazienza hai avuto con me Signore!
    Mi avevi dato un’ indicazione di strada da percorrere, tramite il mio confessore di quando ero adolescente,ma io ho accantonato il tuo consiglio. Non l’ho però dimenticato. “Solo” messo in pausa. Una pausa durata circa sessant’anni!
    Intanto la mia vita è andata avanti. Ho commesso errori, grandi e piccoli, ma Tu Signore mi hai sempre “rincorso” con il Tuo perdono.
    Fino che, nella vecchiaia, mi hai sgridata a voce alta, tramite un altro confessore.
    Questa volta Signore ho capito. Ti ho ascoltato. Mi sono lasciata trasformare da Te ed ora sono felice e piena di Speranza.
    Quanta Pazienza con me! Grazie del Tuo Amore!

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