cristo redentore inquadrato dal basso

Arrivata a sera, faccio memoria di una delle imprese più grandi che Dio abbia realizzato con me: la laurea magistrale in un ateneo a 300km di distanza dalla mia città, da pendolare. Una di quelle sfide un po’ da pazzi. Non per la distanza chilometrica, ma per le condizioni della mia vita, nel momento in cui ho scelto di fare quella follia in nome di un sogno.
Ricordo bene il momento preciso in cui nel mio cuore ho deciso e l’ho confidato a Lui: “Io lo faccio, ma Tu lo fai con me”. Vedevo solo una montagna gigante di problemi e di ostacoli di fronte, anche se nel cuore sapevo che se quella strada era davvero buona per me, si sarebbero aperte tutte le porte, una dopo l’altra. Non avevo idea del “come”, ma ero certa sarebbe stato così.
Era un mercoledì di più o meno metà ottobre. Esattamente due anni dopo, sempre un mercoledì di più o meno metà ottobre, mi sono laureata a pieni voti. Nel mezzo, la vita si è incastrata in un modo assolutamente sorprendente e inimmaginabile; se me lo avessero detto prima, non ci avrei creduto. Contemplando il Dio dell’impossibile e della fedeltà, me Lo immagino in piedi, in equilibrio precario, con ciascun piede appoggiato su una placca di terra galleggiante, due grandi zolle che tendono ad allontanarsi. Lo vedo con le braccia distese in fuori, in tensione, nel tentativo di far avvicinare le due placche, ciascuna alla deriva in direzioni opposte. Con una mano afferra il mio cuore, la mia vita, le mie paure, i miei sogni, e con l’altra avvicina i doni immensi che vuole farmi, quelli che sono il meglio per la Chiesa e per me.
E mi sento così piccola e grata. Noi possiamo dare il massimo, mettercela tutta, arrivare fino al limite delle nostre possibilità, poi c’è un “gap” che solo Dio può riempire, delle placche di terra che solo Lui può far avvicinare alla nostra vita se sono il miglior dono per noi. Lui è il più grande sognatore che desidera far riunire placche alla deriva, far avvicinare sogni che sembrano allontanarsi, far accorciare distanze nelle nostre relazioni malandate.
È un Dio che vuole unire, ri-mettere assieme, essere il nostro ponte con la gioia, con le imprese impossibili. A noi il compito di vivere da figli, grati per essere destinatari dei suoi doni “impossibili”, della vita che si incastra perfettamente. Certi di arrivare sempre e solo fino ad un certo punto, oltre il quale diventa materia di Dio. Lui solo può riempire le voragini e le distanze tra placche di terra distanti in cui nessuno sforzo umano riuscirebbe. 
Ringraziamolo e contempliamolo insieme, in equilibrio, con le braccia tese per avvicinarci la Grazia che ci passa nella placca accanto e che non sempre sappiamo cogliere e accogliere.


 Fonte immagine: nanopress

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