pollicinoPartono. Forse per giovanile curiosità, per sana follia, per la voglia sempre desta d’incrociare storie e volti nuovi. Per scoprirsi sotto la stessa croce a cantare lo stesso Dio. Eccentrica storia quella dei papaboys, questo discusso esercito giovane ideato più di vent’anni fa da quel papa giunto dal freddo dell’Est. D’allora è stato tutto un crescendo di colori, di motivazioni, di stupori. In Australia pure 84 giovani di Padova: e dentro il loro zaino anche le storie di tanti amici che si saranno loro raccomandati. Decollano sapendo la sfida ambiziosa che li attende: essere le sentinelle del mattino, i santi del nuovo millennio. Partono leggendo quello che gli specialisti s’ostinano imperterriti a raccontare di loro: la fede sobillata dall’emozione, le masse oceaniche manovrate da un leader religioso, l’appuntamento trasgressivo mascherato di preghiera, la dispendiosità di una macchina organizzativa immensa. Il tutto sotto i riflettori di una curiosità intrepida e morbosa. Che tanto vorrebbe razionalizzare il senso di quel Mistero che li va cercando.
Sanno d’essere gente della quotidianità. Nulla d’eccezionale: lavoro e passioni, vizi e virtù, disagio e trasgressione. Guidati da cifre e grafici, diagrammi e previsioni, radio e televisioni, traghettano la vita come tutti i loro coetanei. Se una differenza li può contraddistinguere è il sogno d’immaginare un cristianesimo appassionato, una passione cristiana, una purificazione del cuore. Tutti assieme si sentiranno più forti: non è la sindrome del "fan club", ma l’esigenza di non avventurarsi da soli nel testimoniare l’Uomo della Croce. Domenica sera calerà la luce, si ritroveranno tra due anni: chissà dove! E magari si racconteranno i passi fatti, gli insegnamenti sperimentati, i dogmi riscoperti. Perché nella moltitudine più di qualcuno si scosterà nel pensare il ruolo della libertà nel campo della morale, dei rapporti sessuali, della fecondazione artificiale, delle coppie gay. Divergerà laddove capterà come castrazione umana l’imposizione di un diktat che annulli il pensiero. Ma nella divergenza abita pure la bellezza di chi s’incammina perché avverte nell’animo nostalgia d’autenticità, voglia di riscoprire i dogmi dall’interno della propria esistenza. Desiderio di raccogliere una Parola per poi custodirne l’eco. E la ricerca è libertà e travaglio che camminano fianco a fianco. Si va e si torna, ma "come pollicino lascio indietro dei sassi/ sui miei passi per non dimenticare la strada che ho percorso" (Jovanotti).
Non è una rondine che fa primavera. Non basta una GMG a rilanciare l’immagine di un cristianesimo apparentemente confuso. Ma certamente resta la bella sfida di chi, intrappolato in un meccanismo che tende a sfornare robot massificati in serie, difende coi denti la sua identità.
Sforzandosi di recuperare il mistero.

Certi che a loro, forse, non verrà chiesto il sangue come ai primi martiri dell’era cristiana. Il sangue no: ma la fedeltà a Cristo questa sì!

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