Petto doca

Il bene è sempre in abbondanza, il superlativo è d’ordinanza nelle prospettive di Dio: «La messe è abbondante» (Lc 10,1-9). La storia dell’uomo non è una stramaledetta cosa dopo l’altra, è una musica che rotola con armonia dalle mani di Dio: «Pregate dunque il signore della messe, perchè mandi chi lavori nella sua messe» (liturgia della XIV^ domenica del tempo ordinario). Il bene c’è, eccome: a mancare sono i poeti del bene, gente che gli presti la voce per sgomitare tra le mille interferenze del male che sembrano intasare le frequenze nei timpani degli uomini. In molti vi han messo mano per stanare dentro queste righe parche e dense un invito vocazionale: “Fatevi preti, muratevi nella clausura, spogliatevi di tutto, spegnete i cellulari”. Eppure, a chi s’affaccia senza arte né parte sul ciglio di questo abisso di vedute, null’altro si mostra se non l’estrema preoccupazione del Nazareno: additare dove sta di casa la bellezza, che è il bene moltiplicato per la verità, nella misura di x che tende all’infinito. Altro che vocazione a farsi crescere la barba, ad indossare un saio, a farsi mettere un velo in testa: la vera sfida che pressa il cuore del Rabbì è quella di guardare il mondo in profondità, di affondare lo sguardo dentro l’effimero per far battere il cuore dell’eterno. Dio, nel mondo.
Li manda, dunque, al massacro, quasi-mattatoio: «Ecco, vi mando come agnelli in mezzo ai lupi». O forse l’esatto contrario: li disarma per renderli invincibili, vetro infrangibile, scorza dura, petti-di-fuoco contro petti-d’oca. In mezzo ai lupi li scaraventa, mica s’accontenta di mandarli a passeggio tra le ortiche, dentro la casa di due litiganti, nei pressi di un fuoco appena appiccicato. Figurarsi: in mezzo ad un branco di lupi. Anche stavolta il Cielo non mente la sua faccia, non c’è bellezza senza esagerazione: «Non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada». La notizia, però, non sono i lupi: l’unica vera notizia di tutto questo Vangelo è che i lupi-cattivi-armati (i “lupi grigi” della storia) non vinceranno affatto la mitezza degli agnelli-senza-forza. Il Vangelo, se le parole non si prestassero a venire fraintese, è la più bella delle favole possibili: quelle scritte non per dire che i mostri cattivi esistono ma che i mostri cattivi possono essere vinti. Che i bambini potranno addormentarsi con la pace nel cuore. La pace: ecco l’unico profitto che regge tra i mille assilli del Cristo di Nazareth: «In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”». Siccome a governare con la paura ci han provato in tanti – e nemmeno il peggior dittatore potrebbe dimostrare che l’umano, a posteriori, abbia gradito – il Messia gioca in contropiede, scaglia un raddoppio d’avventura: la vera impresa sarà quella di governare con la gioia. Pace a questa casa, dunque: non guerra di tutti contro tutti. Anche stavolta esagerato: se vi cacciano – il prezzo della bellezza, nella storia, non ha mai conosciuto saldi – chissenefrega? «(La pace) ritornerà su di voi». Non andrà perduta la pace-rifiutata: ritornerà da dov’era partita, tutta pronta per nuove spedizioni. La salvezza arriverà sempre dai pagani, la pace pure.
C’è un significato nascosto nella storia: l’ha ficcato il Genio divino nel primo giorno: eravamo nella Genesi. D’allora, tutto come allora: la salvezza sarà una caccia-al-tesoro per stanare quell’iradiddio che accende lumen sensibus. Che rende grande il Creatore senza per questo far sentire piccola la creatura, quella uscita rotolando melodiosamente dalle sue mani impastate di genio. Sarà guerra su tutti i fronti, una guerra asimmetrica e totale, terrore contro mitezza: «Ti muoveranno guerra» (Ger 1,19). Solo il risultato finale è garantito: «Ti muoveranno guerra ma non ti vinceranno, perchè io sono con te per salvarti». L’unica certezza è che la guerra sarà vinta: sui tempi e i modi Cristo scelse di non illudere nessuno. Alle risposte facili, preferì di gran lunga attraversare la guerra coi discepoli: fianco a fianco, scudo-umano sulle debolezza loro, uomo di Pace dentro una logica di guerra. Non volle apparire scontato: per questo tentò l’avventura di governare con la gioia.
Chiamò a sè quelli che Egli volle per insegnare a fare altrettanto.

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