E tutto perché c’è un tesoro da trovare!
Nell’angolo
del legnoso tavolo di cucina la
Bibbia, Parola Estrema per l’uomo di ogni tempo. Dirimpetto a
Lei il giornale, risposta attuale a Parola Eterna. Parola e parola, tempo ed
Eterno, spazio e Infinito. Gioco tra innamorati pensierosi e spensierati. La
mia è una piccola cella, un tempo forse grembo di monaci devoti. Di astute
scalate celesti. Di digiuni, preghiere e tentazioni. Appena dietro l’inferriata
soggiorna il silenzio maestoso del cielo del Nord. Della scogliera nel mare di
Durkness. Del volo di gabbiani che intessono traiettorie. Di pescatori
assonnati nell’anticipare il tramonto. Silenzio, ricerca, meditazione. Stupore,
passione, inventiva.

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L’Ansa batte una notizia. Secca, decisa, tagliente.
La montagna maledetta ha presentato
il conto. Guardo, cerco, indago. Leggo, studio, m’informo. Nanga Parbat,
profondo Pakistan. 8125
metri di spazi silenziosi, inediti, vergini. Lui
risponde al nome di Karl Unterkircher, l’erede del Messner, il Re degli
Ottomila. Scalatore altoatesino, marito di Silke, papà di Alex, Miriam e Marco.
L’avventura nel sangue, il sogno nel cuore, la volontà nei muscoli. E tutto
perché c’è un tesoro da trovare! Quello sperone di roccia non lo lascia
tranquillo, gli ha acceso l’anima, lo intra-vede di notte. Lo studia di giorno.
Lo analizza al tramonto. Ogni sfida ha una sua preistoria. La montagna è la sua
passione tanto che "rinunciare alla
montagna, sarebbe stato soffrire maggiormente e morire più lentamente"
.
Viaggia in cordata con Walter Nones e
Simon Kehrer, discepoli – apostoli di una guida dal carisma riconosciuto. A Islamabad,
terra giornalisticamente di guerra, planano l’11 giugno 2008. il 13 luglio 2008
Karl affigge l’ultimo comunicato sul suo sito: "Sono straiato nella mia tenda e provo a continuare a leggere. Ma non
riesco a concentrarmi, la mia mente è fissata su quella parete. La parete
Rakhiot, su quel stramaledetto seracco in mezzo alla parete. In quella fascia
di ghiaccio, che ci ostruisce la via di salita".

Nella tenda con un sogno fisso. E tutto perché c’è un
tesoro da trovare!

Nel mezzo giorni di addestramento e d’allenamento, di
acclimatamento e studio, di vedute e scambio di pareri. La montagna chiede
tempi esigenti di seduzione. Vivono nell’estremo. Sono accesi dall’estremo.
Dell’estremo hanno fatto una legge di vita. Ma l’estremo non è mai improvvisazione:
spiacenti per gli uomini dell’osteria. L’estremo è ricerca, studio e
proiezioni. Calcoli, probabilità e tentativi. E’ un limite da superare, una
meta da conquistare, una barriera da infrangere. E’ ragionevolezza, studio,
calcolo, programmazione, pianificazione. Applicazione massima. E’ scoprire
qualcosa per il quale valga la pena di spendere l’esistenza, il quotidiano
allenamento, l’appassionante sfida della vita. La vita stessa poggia su estremi
da pedinare: nel cuore, nella mente, nel fisico, nella natura. Magari non ci
riesci: rimane il tentativo d’averci provato. Il 16 luglio la montagna,
compagna fedele e tremenda, lo ingoia nello spaccarsi di un suo ghiacciaio.
Raccolto la sfida, emesso il verdetto. Atroce: strategie celesti!

E tutto perché c’è un tesoro da trovare! Una perla da
proteggere.

Dall’altra parte del tavolo, nell’angolo illuminato a
festa da una vecchia lanterna, sta poggiata la Scrittura della
domenica. Storia di un campo, di un tesoro intravisto, di una mossa finanziaria
da pazzia. Visione di una perla: stupore, innamoramento e vendita totale di
tutto. Per quella perla. Per quel campo. Per il Regno di Dio. Raccontata da
Matteo. Cioè: sinonimo di garanzia. Perché è quasi autobiografia.
Ho sovrapposto giornale e Scrittura, come raccomandava
il Barth teologo tedesco. Ne è uscito il commento della domenica firmato da
Karl Unterkircher.

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In quel
tempo, Gesù disse alla folla: "Il
Regno dei cieli è simile ad un tesoro nascosto in un campo; un uomo lo trova e
lo nasconde di nuovo, poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra
quel campo"
(Mt 13,44)

(dal sito www.karlunterkircher.com) "Questo momento non lo scorderò mai più nella mia
vita. Il sole ha già lasciato il punto più alto dell’orizzonte; l’affilata
cresta che porta in vetta, fa ombra verso nord e i cristalli di neve riflettono
come impazziti in tutte le direzioni creando un atmosfera fantastica. Non mi
sembra vero, davanti a me non c´è nessuno e sono passati tre anni che nessuno a
toccato la vetta. Continuo il mio cammino ed i miei pensieri per la seconda
volta in due mesi sono al settimo cielo, ora non mi ferma più niente e nessuno,
il rumore dei miei passi in questa silenziosa solitudine mi fa venire i
brividi. Mi concentro per respirare in modo corretto; la mia gioia è indescrivibile.
Inizio a riconoscere i contorni al di là della cima e vado in cerca del punto
piú alto con prudenza.
(…)
Poco sotto
la cima, devo ancora superare un "salto di roccia", sono veramente
stanchissimo, ma so che fra poco ce l’ho fatta. 5 persone stanno già scendendo.
Non le riconosco, indossano la maschera per l’ossigeno. Sembrano dei piloti di
aerei militari. Due di loro sono di colore; presumo degli Sherpa. Mi guardano
come se non avessero mai visto una persona, probabilmente non ho l’ossigeno. Continuo
con la mia ascesa passo dopo passo, come se andassi a rallentatore ed in fine
supero questo ostacolo e all’improvviso, eccola là…. E’ lei, la cima più alta
del mondo. Non ci posso credere e mi appoggio ai bastoncini per riposare. Sono
a 8830m. Ancora 80 metri
mi dividono dal grande evento. Riesco a riconoscere alcune persone in cima.
Passo dopo passo con un ritmo da lumaca rimango concentrato non voglio ancora
scoppiare in euforia, conto i respiri, sono dieci e porto ancora avanti il
piede.
Eccomi ci
sono. Finalmente ce l´ho fatta, dopo dieci ore ci siamo riusciti!"
"Poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e
compra quel campo"
.


Il Regno
dei cieli è simile ad un mercante che va in cerca di perle preziose. Trovata
una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra
(Mt 13,45)
(dal sito www.karlunterkircher.com) "La sera mi appresto ad andare a dormire nel mio
sacco a pelo, posto sopra un materassino coperto da un tappeto che ho comperato
ad Islamabad. Riesco subito ad addormentarmi e a sognare. Dopo un po’ mi
sveglio, sento che il vento si alza e fissando la mia lampada frontale torno
alla realtà! Siamo qui per una "missione": quella parete, quel seracco a metà
parete non mi esce dalla testa. Ci vorranno sicuramente 10 – 12 ore per salire
il seracco, mi chiedo se saranno ore inutili, ore che ci impediranno la salita?
Cerco di riaddormentarmi, ma la mia mente è confusa da tante domande. La
probabilità che il seracco piombi giù in quelle ore, è minima. Di certo non è
una roulette russa. Però, mai dire mai! Siamo nati e un giorno moriremo. In
mezzo c’è la vita. Io la chiamo il mistero, del quale nessuno di noi ha la chiave.
Siamo nelle mani di Dio e se ci chiama dobbiamo andare. Sono cosciente che
l’opinione pubblica non è del mio parere, poiché se veramente non dovessimo più
ritornare, sarebbero in tanti a dire: "Cosa
sono andati a cercare là?  Ma chi glielo
ha fatto fare? "
Una sola cosa è certa, chi non vive la montagna, non lo
saprà mai! La montagna chiama!"

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Karl. Stesso
spirito di tutti i viandanti, veri cercatori. Stesso spirito di Pietro,
pescatore-scalatore dell’Estremo. Si chiamava ancora Simone quando sentì un
urlo estremo sopraggiungere dal fratello: "Abbiamo
trovato il Messia. Vieni a conoscerlo"
(Gv 1,35 – 44) Lui ci va’. Perché
non è uno – come tanti, come troppi, forse come noi – che si accontenta di
quello che ha: la barca, il lavoro, la famiglia, gli amici. Non gli basta la
mappa del tesoro: vuole il tesoro pieno. La perla nella sua bellezza. Vuole di
più! Sempre e solo di più. Gesù, dopo averlo fissato con i suoi occhi pungenti,
lo sorprende, lo anticipa, lo spiazza: "Simone,
tu ti chiamerai Pietro"
. Pietro, da pietra, da roccia: qualcosa di solido,
di robusto, di stabile. Simone dev’essersi fatto una risata amara. Si
conosceva. Sapeva di avere tante qualità, ma non quella di essere roccia. Gli
amici, la moglie, la suocera gliel’avevano cantato in tutte le salse: "Ti entusiasmi subito, ma ti sgonfi in un
lampo"
. Adesso questo Gesù, che lo vede per la prima volta, gli dice: "Ti chiamerai Pietro". Non si scherza
nelle pareti del cielo. Tenta l’avventura, vendi il campo, scommetti su quella
perla. La Guida
non svergogna mai nessuno. E lui, PietroSimone per ripagare non si fermerà.
Nonostante le bastonate, la prigionia, la persecuzione. Ormai è una roccia.
Gesù, puntando sui suoi pregi e non sui difetti l’ha trasformato!
La razza umana è forte quanto più è varia e quanto
più si mette alla prova. Lo ammise senza messi termini Patrick de Gayardon,
l’Icaro francese che danzava planando nell’aria:  "L’estremo è ricerca. Del limite
da superare, della meta più lontana che un uomo 
può proporsi di raggiungere. E, una volta che l’ha raggiunta, l’estremo
diventa un ulteriore limite, una meta ancor più lontana"

Sembra
proprio che pure nel Vangelo ci sia un Uomo, sceso dall’Estremo Cielo per
incontrare l’estremità della terra, che ai venditori di mappe preferisca
follemente i cercatori incalliti dell’Estremo. Fino a rischiare la vita per
Amore di un sogno.

Buon
viaggio Karl.
Tra rocce, perle e tesori da rintracciare!

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"Non so dove i gabbiani abbiano il nido,
ove trovino pace.
Io son come loro,
in perpetuo volo.
La vita la sfioro,
com’essi l’acqua ad acciuffare il cibo.
E come forse anch’essi amo la quiete,
la gran quiete marina,
ma il mio destino è vivere
balenando in burrasca".

(V. Cardarelli, Gabbiani)

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