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Cristoddìo ha le ore contate: il suo tempo d’azione, quaggiù, è ormai agli sgoccioli, tempo limitatissimo. Pilato, invece, ha tempo da perdere, mostra d’avere tante ore da gettare alle ortiche. Il primo, Cristoddìo, ha le idee chiare, sin troppo chiare per uno come Pilato che, invece, le idee ce le ha molto confuse. Il potere, da sempre, è in mano ai confusionari che, per riuscire a stare in biblico sulla poltrona, dovranno fare a pugni con i visionari: confusionari contro visionari, è questa la sfida ingaggiata da Dio nel Natale di Betlemme. Oggi tocca a Pilato, di nome Ponzio: è potente (pensa lui), è sommo, gagliardissimo. Soffre di un unico problema, uno di quei problemucci che pensi di poter anche non curare perchè, tanto, “mica penserai di morire per una robetta così, vero?” Il suo problema è il cervello: ce l’ha avuto in dote ma poi, un giorno, l’ha sacrificato per fare carriera. Era l’unico modo per lui, che era un confusionario, per poter salir in altezza: affiggere la scritta “Affittasi” sul suo cervello e cederlo al primo fittavolo interessato. Così ha fatto: si è auto-castrato e quella castrazione l’ha fatta diventare un vanto. “Pazzesco – diceva la gente quando andava ai suoi comizi pre-elettorali – Ragiona proprio come noi, è uno di noi! Come si fa a non votarlo alle elezioni”. Così aveva fatto carriera Pilato: facendo a spizzichi il suo cervello e, di volta, in volta, ripetendo quello che la gente voleva sentir dire. Come dargli torto? Finora gli era sempre andata bene, benissimo: era rimasto incollato allo sgabello dalla notte dei tempi.
Poi, un pomeriggio, il patatrac: quello che non ti capita in una vita intera, accade in un battibaleno. Nell’aula dell’uomo armato di potere si presenta l’uomo disarmato del potere. Siccome bisogna pur sempre rompere il ghiaccio, Pilato si appella a ciò che gli manda in onda in automatico il suo cervello, scansando la fatica di conoscere quell’Imputato così eccellente che, ancora lui non lo sa, lo esporrà al pubblico dileggio della storia. Con stile, senza rivalersi su nulla. «Sei tu il Re dei Giudei?» gli chiede. Non avendo più un suo cervello, Pilato si vede costretto a ripetere il già-sentito. Lui è uno di quelli che giudica per sentito dire, non cerca la polpa delle banane ma gli bastano le bucce: di certo non spicca per acutezza intellettuale. Cristo, questo, glielo dice senza fronzoli: la partita, se partita è, andrà giocata sul filo del rasoio, fino all’ultimo colpo. Eccola la rasoiata, il colpo di fioretto che Pilato non si aspetta, la vera umiliazione del potere confusionario: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?» Tradotto: “Egregio dottore Ponzio, permetta una domanda prima di risponderle: lei è uno che pensa con la sua testa oppure è uno di quelli che, non avendo idee proprie, è capace solo di pensare pensieri già pensati?” Non è una quisquilia, Pilato se ne accorge: “Vede: nel caso lei fosse uno di quelli che pensa pensieri già pensati, non ho tempo da perdere con lei, abbia a perdonarmi. Nel caso, invece, avesse un suo cervello, affrontiamoci. Veda lei!” E’ la morte di Pilato, il confusionario. Il suo cervello è un monolocale affittato, senza angolo cottura: non serve, i suoi pensieri sono già precotti, le sentenze gliele ha già scritte la pancia del popolo, è un imbelle che firma cose che nemmeno ha verificato. Un fattucchiero, armato solo di tonaca e goffaggine.
Una (solo) stilettata di Cristo e Pilato è tramortito: «Il mio regno non è di questo mondo». Come dire: “Chissenefrega del potere confuso, io ho un potere diverso, invincibile, che tu nemmeno riesci a capire da quant’è fine”. E Pilato, (non) cuor di leone, clicca replay: «Dunque tu sei re!» E’ Incredibile come chi non ha delle idee proprie faccia diventare quelle altrui un’ossessione: continua a ripeterle per non scordarle, altrimenti non sa cosa rispondere. Cristo, cuore di leone, lo frantuma con la sua dignità di Re: «Tu lo dici: io sono re!» Pilato, ora, è contento: se l’è sentito ripetere da Cristo stesso. Coglie la palla al balzo, lo fa scrivere sulla Croce come dispregio, che tutti ridano passando: “I.N.R.I.” (Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum). Non si accorse, da cervello in affitto qual’è, di avere fatto scrivere con le sue mani la verità più alta mai (più) annunciatasi nel suo ufficio: quell’Uomo, l’Ecce homo, è davvero Re.  L’uomo che amava succhiare le bucce delle banane, tende una buccia di banana al Cristo-imputato: su quella buccia, però, è lui a scivolare. Capita spesso, capiterà ancora, che i visionari senza potere siano capaci di battere i confusionari con tanto potere ma senza visioni. È il Regno di Dio: da inginocchiato, farà ammattire chi si ostina a dondolare in piedi.

(da Il Sussidiario, 20 novembre 2021)

In quel tempo, Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?».
Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù».
Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce» (Giovanni 18,33-37).

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