Stupiamoci ogni giorno1

Il problema per Cristo è la sua stessa grandezza: esser grandi è mettere in conto di essere incompresi. “Se le persone non ti capiscono – provo a stringere l’elisir di Cristo per campare tutta l’eternità -, non farne un dramma: è che sono troppo impegnate a giudicarti e non hanno tempo per stupirsi di te”. Ragiona da Dio, letteralmente, Gesù: è come se la vita normale non gli interessasse affatto, tutto teso com’è a ricercare i momenti più intensi. Condannato, per volere suo, a cercare il meraviglioso in tutto ciò che lo attornia: «Io continuo a stupirmi. E’ la sola cosa che mi renda degna la vita di essere vissuta» scriveva A. Einstein. Un po’ come ammettere che tutti, da coscienti o da incoscienti, necessitiamo di una dose di meraviglia quotidiana. In quei giorni Cristo aveva tutte le scuse in tasca per tornarsene a Nazareth e riaprire la bottega di Giuseppe: il mondo gli andava contro, dopo i primi miracoli le prime sventole in faccia, l’amico Giovanni era stato preso e gettato dentro nella gattabuia di una galera. Qualcuno, non è così difficile immaginare, gli consigliava prudenza, gli ricordava la sua giovane età: è destino dei visionari viaggiare con il vento contro e senz’olio nel motore. E’ loro sorte ricordarsi sempre che l’aquilone si alza in volo solo con il vento contrario.
Il momento sfavorevole è dunque quello favorevole per il bastian-contrario del Messia. Con il vento della storia che gli sferraglia contro come un treno, Lui decide di alzarsi in volo. Invece che lamentarsi – “Sono depresso, confuso, non c’è nessuno che mi capisce, tutti ce l’hanno con me, nessuno mi vuole un po’ di bene, figurarsi se me ne va bene una” – si meraviglia dell’incomprensione di chi non lo comprende. Di più: è l’incomprensione della gente avversa che lo rende ancor più convinto del fatto suo, che è anche il fatto del Padre suo. Ecco la sua risposta all’invito a rimangiarsi quanto detto: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perchè hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli». “Dantesque” definirebbero i francesi uno che, quando l’intero mondo gli gira contro, sa leggere dentro l’applauso al suo Credo. Capita che i grandi – quelli che si pensano tali – lo squadrino con cautela, non amino quel suo modo un po’ strafottente di porsi di fronte alla Legge, si sentano impacciati di fronte a quell’Uomo che mette l’uomo prima della legge. Non lo capiscono per non doverlo accettare, dunque dicono di Lui che è un pazzo scatenato. E’ storia che si ripete per tutti i secoli a venire: dare dei pazzi a coloro che non si riesce a comprendere è la versione più smisurata della pigrizia mentale di un’anima pia.
Cristo non cade nel loro tranello, l’autostima non gli manca: se i grandi non intendono è perchè sono tutti intenti nel misurarsi la grandezza. I piccoli, invece, non hanno né tempo nè metro per farlo, sanno di non essere chissà chi, sanno di essere chiaramente dei-piccoli. Dunque acciuffano al volo l’invito di Gesù. È un invito a nozze, di quelli da capogiro: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro». Non ha promesso loro un nuovo catechismo, una liturgia fai-da-te, una forma di cristianesimo su misura: ha solo promesso di affittare loro gratis lo spazio del suo cuore. E loro, i piccoli più grandi del Regno, accettano di costruirsi il nido nel cuore di Dio. Siccome sono così piccoli che i cardinali e i vescovi manco li calcolano, Dio si innamora di loro: “A fraintendermi sono capaci tutti – sembra dire ai sapienti Cristo -: la vera rivoluzione, ch’è solo dei poveri, è di capirmi al volo”. La differenza è un’inezia, ma la conseguenza è pachidermica: i colti vogliono prima capire per poi scegliere se amarlo oppure no, i piccoli decidono prima di amarlo per poi riuscire a comprenderlo sempre un po’ di più. Sono bambini in tutti i sensi: «Quando sono nata ero così sorpresa che non ho parlato per un anno e mezzo» (G. Allen). Più o meno la richiesta del Cristo: “Per me uno stupore, grazie. Di quelli ad occhi spalancati”. Che è come suggerire di lasciare aperte tutte le porte per rischiare di trovare. Di trovare Lui.

(da Il Sussidiario, 4 luglio 2020)

In quel tempo Gesù disse:
«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero» (Matteo 11,25-30).

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Dal 3 giugno in tutte le librerie I gabbiani e la rondine (Rizzoli), il nuovo libro di Marco Pozza

La sofferenza, la rinascita, la bellezza nella Via Crucis che ha commosso il mondo.
Roma, 10 aprile 2020, Venerdì Santo. Nel pieno della pandemia, la Via Crucis celebrata dal Papa non si svolge in mezzo alla folla, nel Colosseo, ma nella piazza San Pietro deserta, sotto lo sguardo dell’antico crocifisso della chiesa di San Marcello al Corso. Le parole che risuonano nella notte della morte e del dolore provengono dalla parrocchia del carcere di Padova: a meditare sulle quattordici stazioni della Passione di Cristo è un’intera comunità di uomini e donne che abita e lavora in questo mondo ristretto. “Mi sono commosso” ha scritto Papa Francesco. “Mi sono sentito molto partecipe di questa storia, mi sono sentito fratello di chi ha sbagliato e di chi accetta di mettersi accanto a loro per riprendere la risalita della scarpata.” In questo libro, partendo dalle meditazioni sulla Via Crucis raccolte e scritte insieme alla giornalista e volontaria Tatiana Mario, don Marco Pozza ha costruito un racconto sulla fede e la risurrezione dei viventi: la Via Crucis di Gesù diventa così una Via Lucis degli uomini, la cui sofferenza è stata riscattata da Cristo in persona. “Mai celebrata una Via Crucis così” scrive l’autore. “Pareva davvero d’attraversare l’Odio desiderando l’Amore.”
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