Don Marco Pozza 4
Dopo il viaggio nel Padre Nostro, quello nell’orazione mariana in onda su Tv2000, dal 16 ottobre.
«Un programma tutto al femminile. Se ci sarà anche il Papa? Sa di questo lavoro, sarebbe una grazia. La mia fede è iniziata con la Madonna di Monte Berico che mi ha portato a Gesù, grazie al sorriso e alle parole di mia madre e di mia nonna»

ROMA – Sarà una delle grandi novità del palinsesto autunnale di Tv2000, Ave Maria. Un programma ideato e condotto da don Marco Pozza (in compagnia di Andrea Salvadore) che a partire dal 16 ottobre e per undici settimane in prima serata, proverà ad entrare nel cuore di una delle preghiere mariane più diffuse tra i cristiani, riflettendo su ognuna delle singole parole che la compongono.

Don Marco, lo scorso anno un programma sul Padre Nostro, dal 16 ottobre un altro viaggio, stavolta nell’essenza dell’Ave Maria. Perchè?

«Con Padre nostro, mentre andava in onda, abbiamo scoperto di aver fatto un progetto di catechesi, prima che un programma tv. La gente l’ha premiato con la sua fedeltà, qualcuno lo usa nelle parrocchie, tantissimi sono tornati a farsi una domanda in più su questa preghiera. Percepito questo, con Andrea Salvadore e la nostra redazione abbiamo deciso di metterci il cuore e l’intelligenza nell’Ave Maria. Non so che programma uscirà, visto che un programma, come un libro, è finito quando va nelle mani di un lettore, nello sguardo di un telespettatore. Ciò che ha animato questo nostro viaggio è sempre la medesima sfida: riaccendere la bellezza che si è, forse, consunta dall’abitudine. Partendo sempre dal basso: dal vissuto della gente, dall’assurdo della storia, dalla prospettiva più lontana. E’ la preghiera più recitata, dunque la più a rischio: a forza di recitarla si potrebbe anche correre il rischio di non pensare più a tutta quell’insopportabile bellezza che essa trattiene. A quella densità di mistero che ha scombussolato la storia».

Chi ci sarà al vostro fianco?

«Il nostro compagno di viaggio, quest’anno, è la donna. Sarà un programma al femminile, tutto cucito su storie di donne che, nel loro quotidiano vivere, celano un frammento di ciò che l’Ave Maria contiene: anche un frammento della storia di Maria di Nazareth. Storie di donne comuni, della cui esistenza forse nessuno ha mai saputo, e donne conosciute, la cui esistenza è sempre sotto gli occhi del mondo. Con entrambe abbiamo dato voce all’unica avventura che non stanca mai, che è quella di essere donna. Declinata in tutte le stagioni della vita di una cantante e di una mamma, di una giornalista e di una filosofa, di una mattatrice televisiva e di una suora. Di un detenuto, di un’imprenditrice, di una donna sulla strada verso gli altari. Tutte storie semplici, pur nella loro complessità, che sono state per noi stimolo e provocazione nella nostra personale ricerca del volto di Maria».

Lo scorso anno, a sorpresa, papa Francesco ha accettato l’invito di prendere parte al Padre Nostro. Ci sarà anche quest’anno?

«Incontrare papa Francesco è stato il dono più immeritato di tutta la mia vita. Il buon Dio con me è di una generosità scandalosa, imbarazzante. Passerei tutta la vita a lasciarmi guardare dalla profondità di quello sguardo, a lasciarmi tirare le orecchie dalla mansuetudine di quell’uomo, a passeggiare nel mio cuore con Lui come compagno di viaggio. Conversare con lui sul Padre nostro – non sono lavori, questi: sono momenti di grazia cristallina, ndr – è stato come bere acqua fresca alla sorgente: ti fa quasi male i denti quella freschezza! La sua fede mi fa bene al cuore: mi sento a casa, lo sento vicino, non mi fa pesare il mio essere peccatore amato da Dio. E’ al corrente di questo nostro lavoro su Maria: tutta la sua storia, non lo nasconde mai, è un solenne tributo a Maria. L’anno scorso è stato il nostro compagno di viaggio più inimmaginabile: all’ultimo, è entrato in punta di piedi. A Dio, però, non ci si deve mai abituare, darlo per scontato. Se arriva, quando arriva, è Lui a deciderlo, non viaggia su inviti nostri.
E, quando non arriva, non ha bisogno di giustificarsi. Tutto è grazia».

Tra le tappe di questo vostro cammino cè anche la Terra Santa. Cosa significa raccontare Maria nei luoghi in cui ha vissuto?

«Le cornici del programma sono ambientate in Terra Santa: per dare voce alla storia vera, ci siamo fatti anche noi pellegrini laddove i fatti, quella volta, sono accaduti: Nazareth, Betlemme, Gerusalemme. Abbiamo cercato Maria dentro le mille complessità di una terra che non trova pace, negli sguardi della gente che va a cercare l’origine del loro credere. Andare-là è stato come sederci in mezzo e ascoltare l’eco di una storia lontana: le sorgenti, d’altronde, sanno mantenere l’eco della parola. La storia di Cristo è strettamente legata alla storia di Maria: è naturale, dunque, che per conoscere Cristo è necessario conoscere la mandre, e per conoscere la madre è necessario conoscere il Figlio. Tutto questo, a casa loro, è più semplice da raccontare: basta un’immagine, un’evocazione, poco più di nulla per riaccendere la memoria e tornare protagonisti di questa storia».

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(G. Segantini, Ave Maria a trasbordo, 1886, Sankt Moritz, Segantini Museum)

E lei, quando ha incontrato Maria nella sua vita?

«La mia è una fede mariana: ho conosciuto prima Maria di Gesù. E’ stata Lei, che ho pregato sin da bambino al santuario di Monte Berico (VI), a parlarmi del Figlio. E di Lei mi ha parlato la mia nonna, che è stata la catechista più geniale che io abbia mai avuto: nessun trattato di teologia che ho studiato è mai riuscito a battere la freschezza con cui mia nonna mi ha raccontato di Dio, dei misteri che lo riguardano. Lei e la mia mamma, il cui volto è stato il primo libro di fede che io abbia letto. Entrambe sono donne semplicissime, la loro quotidianità è un qualcosa di disarmante, è persino difficile parlare di loro perchè nulla hanno di eccezionale. Però il loro sorriso è sempre stato per me fonte di inquietudine. Da sempre ho voluto scandagliare l’origine di quel sorriso, di quella forza d’animo senza eguali, della loro capacità di rialzarsi sempre. Il nostro viaggio nell’Ave Maria non poteva che iniziare dove tutto è iniziato, a Monte Berico, con la mia mamma. All’ombra di quella Madonna ritorno di continuo, sopratutto quando ho paura, quando sono triste: lì, e solo lì, ritrovo la mia pace del cuore. Sono stato un bambino fortunatissimo ad avere due donne così accanto a me: forse non lo meritavo, ma adesso capisco che ne avevo assoluto bisogno».

La “mia” Madonna è tutta spettinata. Sul suo sito ha di recente titolato così un suo post. Cosa significa?

«E’ uno degli aggettivi più belli del vocabolario: “spettinato”. Dice un qualcosa che richiama l’impreparazione, l’inatteso, l’inaspettato. Mi pettino quando sono in attesa di qualcuno, di uscire, di farmi trovare pronto. Quando, invece, capita qualcuno all’improvviso, senza avvisare, ti trova spettinato: è l’aggettivo che mi dice la verità della mia storia. Il contrario di “spettinato” non è solo “pettinato”, è anche truccato, preparato, sistemato. Maria, con la sua storia, insegna che per incontrare Dio – e lasciarsi incontrare da Dio – è necessario accettare d’essere impreparati: più ci si prepara, meno si capisce di Lui. La preghiera, di cui Maria è maestra, è un chiedere a Dio la grazia di aiutarci a lasciarci sorprendere dalla sua chiamata, dal suo arrivo. Se io mi preparo, se Lui mi avvisa non è più una storia d’amore. Dio ha bisogno di agguati per stordire di meraviglia la storia».

Che cosa augura a chi seguirà in tv su Tv2000 l’Ave Maria?

«L’augurio più semplice, quello che ho imparato a gustare leggendo I Fioretti di san Francesco: di leccarsi le labbra ogni volta che recitiamo questa preghiera così familiare, bambina. Contiene parole così dense che il mondo, da solo, non riesce a (sop)portare: vanno recitate piano, in punta di piedi, quasi bisbigliate: è una preghiera rischiosa perchè, se pregata col cuore, va a smuovere un mare in burrasca. E’ come provocare una slavina a sotterrarci. Recitare il rosario, poi, è agganciarsi esattamente a questa storia. Ci sono sere che mi addormento con la corona in mano: quando mi sveglio, la mattina, scopro che ho dormito come un re. Mi sono addormentato cullato dalle braccia e dallo sguardo della Donna più bella della storia, quella che ha fatto perdere la testa anche a Dio. A me».

(G. Cutrona, Maria con te, n.17, 2 settembre 2018)

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