lucillaQuant’è bello il lago di Villa Pamphili (Roma) per chi prende il sole al mattino. Ma se sai che tu puoi solo girarci ripetutamente attorno, guardarlo e scappare la sua bellezza ti rimane come occasione di nostalgia e un po’ di invidia. D’altronde la bellezza ha un prezzo da pagare. Così domattina all’alba mi metterò il cuore in pace, l’anima in armonia (d’altronde prima celebro la messa) e accetterò quei lunghissimi 35 km d’allenamento che lentamente m’avvicinano a quel parco (Central Park, NY) mai così tanto desiderato in vita mia. E ad allenamento concluso, si chiuderà il secondo blocco della mia preparazione in vista della New York City Marathon 2010: in bisaccia ci sono sei settimane d’allenamento e 600 km. Siamo al giro di boa.
Due settimane un po’ difficili, perchè la mia inesausta passione d’atleta deve saper convivere prima di tutto con la mia vita di sacerdote (creativa e movimentata), la mia attività di scrittura e giornalismo e gli inediti straordinari che Lui pone quotidianamente sul mio cammino. Per questo motivo le due settimane appena trascorse sono state impegnative mentalmente e fisicamente: oltre i 200 km d’allenamento (ripetute, medi e lunghissimi fatti dove mi trovavo) e la gara di “Ascoli – San Benedetto del Tronto”, cinque grossi incontri nelle scuole (dove ho avuto la possibilità unica di incontrare più di tremila tra ragazzi e adulti), “cantieri di scrittura” da mandare avanti e contatti importanti da annodare a favore dei miei asini. Oltrechè partecipare ad una particolare e familiare festa di laurea. Di Laura.
Ma è tutto ciò a rendere bella e non scontata la mia vita di sacerdote.

 

Ho fatto una riflessione in questi giorni nei quali tante volte ho usato il verbo desiderare (desiderare riposare, bere, mangiare, correre, guardare, viaggiare, fermarmi). Agostino d’Ippona nei Trattati sulla prima lettera di Giovanni riserva parole splendide per descrivere la dimensione del desiderio. E lo fa con un esempio tratto dal quotidiano vivere: «Se tu devi riempire un recipiente e sai che sarà molto abbondante quanto ti verrà dato, cerchi di aumentare la capacità del sacco, dell’otre o di qualsiasi altro contenitore adottato. Ampliandolo lo rendi più capace». Stessa situazione quando Dio decide di dilatare il cuore della creatura. O di allargare la sua immaginazione: «Facendoci attendere (Dio), intensifica il nostro desiderio, col desiderio dilata l’animo e, dilatandolo, lo rende più capace». L’esistenza diventa quindi una «ginnastica del desiderio» che sarà tanto più faticosa quanto più necessario si rivelerà il bisogno di purificazione. D’altronde «supponi che Dio voglia riempirti di miele. Se sei pieno di aceto, dove metterai il miele? Bisogna liberare il vaso da quello che conteneva, anzi occorre pulirlo». Tradotto: si necessita dell’allenamento.

 

Ecco perchè mi convinco sempre più che per l’homo distractus la pratica sportiva potrebbe diventare ben presto una forma di carità che risvegli la grazia deposta nell’anima. Togliere alla fatica il desiderio è fare esperienza di smarrimento, di lontananza, di dimenticanza dell’essere gente graziosa. Perchè questa è la situazione propria della creatura: amata per grazia, creata con grazia, inseguita e bersagliata dalla grazia. Non riconoscere l’inabitazione di tale grazia equivarrebbe ad abitare una grigia prigione.
Perchè, allora, non agganciare le parole del Santo Vescovo di Tagaste all’esistenza di tutti quei ragazzi che affollano i sagrati delle nostre chiese lasciandone vergine e intatto l’interno? Biografie apparentemente statiche ma che migrano volentieri. Forse in cerca delle anime, molto più lente dei piedi frettolosi: la banda, il muretto, la squadra, la compagnia, il gruppo musicale, la piazzetta, le vasche del corso, la spiaggia, i concerti, il pub, la discoteca, la notte, l’automobile; gli spazi virtuali, la musica, il fumetto e Internet. Forse non sarà lo sport a salvare il mondo: a quello ci pensa la bellezza di Dostojevskj. Ma rimane la bellezza di scoprire come l’antichissima arte d’allenare un ragazzo mostri e prepari, magari sorprendendo, quel terreno che lo rende pronto poi al richiamo della trascendenza.
Scusate la riflessione. Ma un giorno capirete perchè ho accettato tutta questa fatica di preparare l’ennesima maratona: d’altronde nel contratto c’erano parole come fede, sport, educazione. Poi De Agostini Scuola.

Piccoli tasselli si uniscono.

 

Prima di salutarvi una bella notizia che mi è giunta poco fa sul cellulare. Domattina mi allenerò con una compagna un po’ speciale, che a Milano 2011 m’ha promesso qualcosa di unico per me. Non svelo nulla: però allenarmi con Lucilla Andreucci (nella foto – vincitrice della maratona di Venezia, Napoli, Milano e Vienna e con un personale di 2h29’43”) è già una soddisfazione che ripaga centinaia di km fatti in compagnia solo dei miei pensieri. E 35 km potrebbero rivelarsi più simpatici del previsto. Che fossi un prete ultra-fortunato lo sapevo già. Stasera aggiungerò che sono anche un “atleta” fortunato. Anche se la fortuna più bella sarà quella di addormentarmi con il cuore sereno e ordinato anche stasera.
Capito Peppone?

 

Tuo affezionatissimo
Sacerdote Camillo Runner

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