Giustizia: di questo si parla nelle letture proposte dalla liturgia. Una ricerca corale. Perché non si può parlare di giustizia a livello individuale, ma solo e sempre collettivo, poiché presuppone qualcuno verso il quale o la quale praticarla.
Non giustizia, ma misericordia
“Noi presentiamo le nostre suppliche davanti a te, confidando non sulla nostra giustizia, ma sulla tua grande misericordia”. (Dn 9, 18)
Quando si è dalla parte del torto, rischia di essere pericoloso confidare sulle proprie forze. Al contempo, è difficile appoggiarsi a quelle altrui. Chi sa di aver sbagliato, è generalmente consapevole di partire da una posizione di svantaggio, in cui non può avanzare diritti o pretese sull’altro, ma fa affidamento sulla possibile che vinca la benevolenza di un perdono, che può arrivare sempre e solo come un regalo, cioè qualcosa che si riceve gratuitamente e senz’alcun merito.
Oggetto di misericordia
Ricevere misericordia è l’esperienza di cui parla san Paolo, nella sua lettera a Timoteo. È forte, in lui, la consapevolezza, della propria colpa, tanto è vero che, altrove, avrà modo di definirsi un “aborto”[1], pur essendo da molti, suoi coevi così come a lui posteriori, considerato al pari degli apostoli. Alla luce del Vangelo, si comprende come in questa consapevolezza risieda la sua partecipazione alla salvezza: Paolo comprende di avere bisogno di salvezza, rinunciando alla modalità di ricezione di quest’ultima legata alla perfezione dell’adempimento della Legge mosaica.
Una Parola in cammino
Lungo il mare: questa la direzione del Cristo camminante, lungo le strade della Galilea, presumibilmente, in quel di Cafarnao. O, comunque, nei dintorni. Luoghi he hanno visto passare il Maestro decine, forse centinaia di volte, con il seguito scalcinato di apostoli alle calcagna. Camminava ed insegnava. E, in quell’andare, incrocia sguardi. Come quello di Levi, il gabelliere, seduto al banco delle imposte, compito ingrato ma redditizio, specie per chi decideva di approfittarne, garantendosi una “mancia” non dovuta.
Una voce
Una voce, una parola “Seguimi”. Tanto basta al cuore di Levi perché vedesse, in quello strano Maestro qualcuno in grado di cambiare il verso della sua vita, di donarvi un senso e una direzione. Tanto basta perché lasci tutto, s’alzi in piedi e lo segua, anzi: se lo porti a casa. Da Maestro itinerante a maestro di tavola, il passo è breve, con Gesù di Nazaret.
A casa di Levi
Forse perché “chi si somiglia, si piglia”… fatto sta che, a casa di Levi, è pieno di gente della sua risma, naturalmente: pubblicani e peccatori, per cui la domande sorge spontanea: “Sa costui con chi sta mangiando, che razza di persone stanno condividendo la mensa con lui?”.
Non i giusti
Sì, Gesù Cristo sa perfettamente chi sono i suoi commensali e avverte chi cerca di metterlo in guardia che non ha assolutamente intenzione di cambiare idea sulla sua compagnia: « Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori».
W i peccatori!
Mai frase fu più fraintesa. Cristo, dunque, è venuto solo per i peccatori? Sbagliare, adesso, è gradito a Dio? Chi più pecca, Dio lo loda? Niente di più sbagliato, naturalmente! Dire di essere venuto per i peccatori è il modo che Cristo usa per dire che è venuto per tutti, perché nessuno può definirsi “giusto”, innanzi a Dio. In altri luoghi evangelici[2], poi, sarà ancora più chiaro come il vero problema, per chi si illude di essere giusto, è proprio tale illusione. Non capire di aver bisogno di aiuto, preclude sempre la possibilità di essere aiutati. Per questo, il paradosso è che pubblicani e prostitute sono avvantaggiati: il loro vantaggio è quello di comprendere di aver bisogno di aiuto e chiederlo… capire di avere un problema è sempre il primo passo per risolverlo!
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VANGELO Mc 2, 13-17
✠ Lettura del Vangelo secondo Marco
In quel tempo. Il Signore Gesù uscì di nuovo lungo il mare; tutta la folla veniva a lui ed egli insegnava loro. Passando, vide Levi, il figlio di Alfeo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì. Mentre stava a tavola in casa di lui, anche molti pubblicani e peccatori erano a tavola con Gesù e i suoi discepoli; erano molti infatti quelli che lo seguivano. Allora gli scribi dei farisei, vedendolo mangiare con i peccatori e i pubblicani, dicevano ai suoi discepoli: «Perché mangia e beve insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Udito questo, Gesù disse loro: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori».
[1] 1Cor 15, 8
[2] Mt 21, 28-32