Arriva in
plurali termini quasi ad anticiparne l’eccitazione, strapazza l’umano pensiero
e dall’umano pensiero viene strapazzata. Scontro tra pugili indomiti!
Infagottata di plurale pur popolata di singolari che, sorte unica, si decantano
al singolar-plurale. Folle Parola perché scesa per poi rincasare. Ritorno
previsto dopo aver strappato pensieri carnali e celesti enigmi all’umano
intelletto che in Lei osa imbattersi. Parola come fiume: non fiume di parole.
E’ pensata nei rotoli sacri. Pesata dai sacri rotoli. Per essere pensabile nei
meridiani umani.
Parola
impossibile a leggersi dritti: troppo significato non regge su ginocchia che da
Lei prendono forma. Energia e vita. Diffidente delle ginocchia diritte, l’uomo
le piega. Così va impugnata: unico libro a leggersi senza ausilio di schienale.
Parola creata nell’Eterno. Parola creante: dentro di Lei una creazione inarcata
scalpitava per esplodere. Strumento primordiale di un Dio ambizioso: creare
senza mani, solo con potenza di Parola.
Solo Lassù
certi pensieri non recano in dono emicranie fastidiose.
E’ dogma
appreso agli elementari studi che la parola rappresenti qualcosa. Pochi abitano
ancora case dove le parole non solo rappresentano, ma interpellano. Cioè
dimenano, ti s’agganciano ai capelli. Bussano! Bianche mosche coloro che
s’arrischiano e s’azzardano di alzare la veste alla parola. Alla Parola che
svela i lineamenti di chi la pronuncia. Intenti a guardarsi – svelarsi – chiamarsi…
le parole vacillano: rimangono i gesti a eterna supplenza. Prova ne fu l’Uomo
di Galilea: abitava parole forti perché era la Parola più forte. Parola
strana da diventare minuti, giorni e anni. Carne, passione e desiderio. Paura,
agonia e risvegli. Ma pur scuotendo e svelando rimase la croce: parole e Parola
divennero tutt’Uno.
Le parole
vanno e vengono. Si chiamano e ri-chiamano. S’abbelliscono, s’abbruttiscono,
cambiano direzione nei vocabolari. La
Parola non è parola: rimane suono eterno. Ogni traduzione è
tentativo di rispondere alla vertigine procurata negli originali scritti
consegnati nel tempo. E’ tradimento. Severa l’ermeneutica di Nazareth: o servi
l’originale scritto, o ti schiavizzi al contemporaneo bisogno di capirla.
Non diremo
più nemmeno a Padova Ave Maria! Si
dirà Rallegrati Maria!
Se la
pensi pura trastullazione teologica, svesti la Parola.
Sotto c’è
una sfumatura più penetrante di Dio.

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