Lo studioso e scrittore cattolico Vittorio Messori, in una vivace replica alle tesi di Hans Küng, ribatte che l’energia profusa da Giovanni Paolo II non ha assolutamente seminato disperazione né tantomeno ha costretto milioni di credenti ad una drammatica “crisi di speranza”. Anzi. Wojtyla fu esecrato subito da Küng e da quelli come lui perché “non moderno”, perché “figlio di una Chiesa arcaica”. Su queste accuse, decenni dopo, il teologo tedesco è ancora fermo, ma il mondo è uscito dalla “modernità” per inoltrarsi in quella terra incognita che, per mancanza di meglio, si definisce della post-modernità, che non solo non sa che farsene delle teorie degli anni Sessanta, ma che sembra desiderare giusto il contrario: non profanità, ma sacro, non preti-manager, non “operatori pastorali”, ma religiosi alla Padre Pio, non razionalismi ma mistero, non ulteriore rivoluzione ma riscoperta della tradizione. Quanto resta del “popolo di Dio” non va al dibattito degli accademici di teologia, va in pellegrinaggio a Medjugorje; non mostra alcuna smania di potere votare per eleggere il suo parroco e il suo vescovo, né è frustrato perché le sue figlie non possono entrare in seminario ma è pronto ad ascoltare un prete, possibilmente vestito da prete, che gli parla di Dio e di Cristo come un tempo.
Ad una fastosa conferenza stampa del pool internazionale dei suoi editori per la presentazione di un suo libro dove – con la sua solita irruenza e gli insulti virulenti per chi non la pensa come lui – Küng chiedeva per la Chiesa cattolica preti sposati, donne-sacerdote, divorziati riaccolti a nuove nozze, omosessuali venerati, contraccezione libera, aborto accettato, parroci, vescovi, papi stessi eletti democraticamente, scismatici ed eretici posti a modello, atei, agnostici, pagani accolti non solo come fratelli in umanità ma come maestri di vita e di pensiero dai quali tutto imparare… Insomma, il rosario teologicamente corretto anni ’60 e ‘70, le “coraggiose riforme” del conformista occidentale medio.
A questa conferenza era presente anche un pastore protestante che, alla fine, prese la parola: “Molto bello e edificante, professor Küng. Ha ragione, ecco le riforme che anche il cattolicesimo dovrebbe praticare. Ma, mi dica: come mai noi protestanti tutto ciò che lei chiede ce l’abbiamo già, e da molto tempo, eppure i nostri templi sono molto più vuoti delle vostre chiese. Possibile che i suoi viaggi per il mondo non le abbiano mostrato qual è lo stato comatoso, da encefalogramma piatto, di Chiese protestanti che pur furono vive?”.
Il professore non rispose a quella domanda, che scendeva dal cielo delle teorie “pastorali”, ottime per i semestri accademici, alla brutale concretezza dei fatti.
Per fare un solo esempio: in media, ogni anno, 10.000 anglicani chiedono di entrare nella Chiesa cattolica. Non molto tempo fa, l’arcivescovo di Londra ha ordinato preti cattolici molte decine di pastori anglicani. Sono fratelli il cui passaggio a Roma è stato provocato dalla decisione della gerarchia anglicana di ordinare donne. Una decisione che non ha portato loro alcun cattolico (e nessuna donna cattolica, si badi!), mentre ha provocato un esodo importante verso il cattolicesimo.
L’Olanda, che prima del Concilio era forse il paese al mondo con la più fervida vita cattolica e che subito dopo divenne la speranza e la mecca del progressismo clericale e che attuò l’attuabile delle riforme invocate da Küng, coprendo di disprezzo “l’arcaica teologia romana”, in breve fu ridotta ad un deserto dove le chiese che non cadono in rovina sono da tempo trasformate in supermarket, in pornoshop e in hamburgherie.
L’opera infaticabile di Wojtyla ha impedito che i cattolici si disperdessero nella diaspora e nella sterilità che spesso affliggono le confessioni protestanti e ha risparmiato ai cattolici di vedere le proprie chiese trasformarsi in non-chiese; ancora il suo carisma ha preservato i cattolici apostolici romani dalla scelta tra la confusione idolatrica delle sette e l’isolamento delle chiese riformate.
Certo, anche nella Chiesa cattolica i problemi oggi esistono: per essere affrontati però esigono ben altro che un modernismo ideologico che la storia ha già superato, mostrandone i limiti e i rischi.