Un attimo di perplesso imbarazzo
Ormai dovrei aspettarmelo, dopo anni di ciclicità liturgica. Prima o poi, arriva il suo momento.
Eppure, ancora adesso, quando è il suo momento, un minimo di perplesso imbarazzo si presenta ancora. Perché l’ingresso in Gerusalemme nel pieno dell’Avvento, ai primi di dicembre, quando fuori è inverno e percepiamo (quasi con sollievo, quest’anno…) l’arrivo delle prime gelate? Non è primavera, non siamo vicini alla Pasqua!
Una lettura insolita
Il Vangelo che ci offre la liturgia ci mostra un puledro, ma non si trova nella mangiatoia, come quelli del Presepe che ci accingiamo a preparare, magari tra una rissa sedata e l’altra, per primeggiare nella disposizione di pecorelle e pastori. No. Si tratta di un animale ancora giovane, ma il cui destino sarebbe stato, con ogni probabilità, il lavoro di fatica; dal trasporto di cose o persone, al lavoro nei campi.
Gloria: effimera?
Ciò che segue è forse l’unica scena che i Vangeli ricordino di glorificazione terrena nei confronti di Gesù. Mantelli stesi a terra e fronde, al suo passaggio, a dorso di mulo, verso Gerusalemme, che pare realizzare, in quel momento, un’attesa, lunga secoli, riguardo al Messia. L’agognato desiderio sembra avverarsi. Il “re mite”, a dorso d’asina1, si avvicina, con incedere lento e solenne, attraversando le vie della città, pronto a ricevere l’omaggio dei suoi concittadini. Sembra quasi uno zuccherino, prima della condanna a morte, che sappiamo bene seguirà, di poche ore, questi eventi.
Un senso anche a questo…
Pur nella stranezza, anche questa scelta liturgica ha un preciso significato. Dopo le tre domeniche, con un crescendo escatologico, che vuole mostrarci l’adempimento delle profezie, la Quarta Domenica d’Avvento ci mostra chi sia il Figlio d’Uomo, che s’incarna, per il bene dell’umanità, accetta di essere accolto nel grembo d’una fanciulla e d’imparare, giorno dopo giorno, cosa significhi essere un uomo.
Non una sola venuta
Vediamo l’ingresso trionfale di Cristo in Gerusalemme, perché abbiamo bisogno di ricordare che è venuto una volta nell’umiltà della carne, tra le pieghe di una sperduta provincia romana funestata di ribellioni e malumore e verrà nella gloria in futuro. Nel frattempo, ancora oggi, ogni giorno viene e bussa. E aspetta. E pazienta. Perché prima di lui, non nella nostra scala di valori teorici, bensì in quelli effettivi, prima viene qualunque altra cosa. Eccetto Lui. Perché, ancora adesso, l’amore non è amato, il desiderio non è desiderato, ma attende di essere atteso.
Rif. Letture festive ambrosiane, nella IV domenica di Avvento (L’ingresso del Messia)
VANGELO Mc 11, 1-11
✠ Lettura del Vangelo secondo Marco
In quel tempo. Quando furono vicini a Gerusalemme, verso Bètfage e Betània, presso il monte degli Ulivi, il Signore Gesù mandò due dei suoi discepoli e disse loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito, entrando in esso, troverete un puledro legato, sul quale nessuno è ancora salito. Slegatelo e portatelo qui. E se qualcuno vi dirà: “Perché fate questo?”, rispondete: “Il Signore ne ha bisogno, ma lo rimanderà qui subito”». Andarono e trovarono un puledro legato vicino a una porta, fuori sulla strada, e lo slegarono. Alcuni dei presenti dissero loro: «Perché slegate questo puledro?». Ed essi risposero loro come aveva detto Gesù. E li lasciarono fare. Portarono il puledro da Gesù, vi gettarono sopra i loro mantelli ed egli vi salì sopra. Molti stendevano i propri mantelli sulla strada, altri invece delle fronde, tagliate nei campi. Quelli che precedevano e quelli che seguivano, gridavano: «Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide! Osanna nel più alto dei cieli!». Ed entrò a Gerusalemme, nel tempio. E dopo aver guardato ogni cosa attorno, essendo ormai l’ora tarda, uscì con i Dodici verso Betània.
Vedi anche: Parole Nuove, Qumran2
1 Il riferimento, che ci fornisce Matteo è ai profeti dell’Antico Testamento: Isaia 62, 11 e Zaccaria 9, 9.
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