MariaValtorta1

Mi piace (assai) la teologia: mi è bastato incontrare un prof innamorato di lei (Michael Paul Gallagher, che nessuno s’impossessi di questa dichiarazione) per gettare giù dalla torre tutti quelli che, invece, me l’avevano fatta sopportare. Se fare teologia è parlare-di-Dio – il che, badate, è di una sfrontatezza inaudita – allora il primo teologo è stato Gesù. (In)seguirlo è andar al concerto più divino che la storia di quaggiù abbia ospitato: un’anima canta Dio per il fatto che Dio, inabissandosi, sta facendo le prove di canto in lei. Prima della teologia, però, il mio amore è per i Vangeli: lì è celata la vita di Cristo, che è tutto quello che Dio voleva dire e voleva dare al mondo. La teologia, però, rischia grosso: a forza di sorvolare Dio e i suoi misteri, pensa le appartenga così tanto da diventare come una di quelle parenti un po’ acide di una persona nota. Lo proteggono fino quasi ad imprigionarlo, lo raccontano finendo col togliergli la parola, quando chiedono di Lui cercano di fornirne un’interpretazione. La sua presenza, però, cercano di centellinarla: soppesandola, complicandola. Senz’affatto volerlo, o volendolo, è come assicurassero a Dio un’agonia che si protrae lungo i secoli. La bellezza, quando viene spiegata, agonizza: è il preludio dell’appassimento. Soltanto la mistica, spesso, accorre in soccorso della bellezza, per rianimarla: «La mistica è un’irruzione dell’assoluto nella storia (…) Oscilla tra la passione dell’estasi e l’orrore del vuoto – scrisse Emìle Cioran -. Non si può conoscere l’una senza aver conosciuto l’altro». E’ un’avventura vera e propria la mistica: ci si arrischia verso l’alto, è un’avventura in verticale. La parete, se pare poco, è Dio stesso.
Radico la mia fede nel Vangelo: il prima, il dopo di Cristo trovano piena luce in quelle quattro confidenze scritte da uomini disarcionati dall’incontro con Dio in Gesù. Le loro parole, son parola Sua – «Parola del Signore (Lode a te, Cristo)» – sono la porzione di manna giornaliera: per ogni giornata il suo dosaggio, è vietato accumularla, è sfidare la Provvidenza. “Allora perchè tu leggi i libri della Valtorta?”, mi scrive spesso qualcuno, stupìto del mio amore per questa donna azzardata alle anime (troppo) pie. La rileggo assiduamente per il più elementare dei motivi: perchè non aggiunge nulla al cuore del Vangelo, ma leggerla mi aiuta a sentirmi dentro, ancor più, a quest’enorme marasma umano dove «tutto chiede salvezza» (D. Mencarelli). “Lascia stare i mistici, fammi una cortesia!” mi consigliano altri. Ammetto che non mi è più possibile fare a meno di loro: come sarebbe triste la mia vita se sapessi di non potere più contare su amiche di Dio come Caterina da Siena, Giuliana di Norwich, Ildegarda di Bingen. Le notti senza Anna Katharina Emmerick, poi, non sarebbero più notti. Non sono dei matti, o degli sprovveduti romanzieri, i mistici: sono semplicemente uomini e donne che in maniera diretta avvertono l’Altro, non solo nel momento della morte ma già quaggiù. “Sai che la Chiesa non l’ha riconosciuta, vero?” è il tentativo, solo l’ultimo, di farmi divorziare dalla Valtorta. Ne sono al corrente al punto da non impensierirmi: quasi tutti i mistici ebbero contrasti con la Chiesa. Forse avevano troppo talento e, lo si sa, troppo talento inzuppato di Grazia rompe se rischia di aprire prospettive nuove, sentieri inediti. Impaurisce quando diventa strada perchè la gente possa tornare alla sorgente, non accontentandosi più dei rubinetti. Dio, in lingua materna, è imprevedibile.
La Valtorta è una prof discussa: adoro le anime che spaccano, squartano, che costringono a mandare in vacanza le verità imparate a memoria. I suoi dieci volumi dell’Evangelo come mi è stato rivelato – la sua grande opera – sono le mie ripetizioni pomeridiane al tutto mattutino dei Vangeli: non aggiungono, non tolgono, mi aiutano a tener la porta aperta ad un eventuale passaggio di Dio. Quando aggiunge dei tocchi simili al romanzo, il cuore si rallegra: avverto Gesù ancora più uomo, ancora più Dio. Ancora più vicino alla mia fragile storia, ch’è sempre ad un passo dal possibile. Ch’è sempre sul punto di capitare. Adesso.


(per approfondire la figura di Maria Valtorta consulta il sito www.mariavaltorta.com)

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